TM   Luglio/Agosto 2023

Gstaad interprete della grande Musica

Oltre 60 concerti della più alta qualità, interpretati dai protagonisti della grande musica classica. Tra metà luglio e inizio settembre, Gstaad torna a ospitare il Festival che, da ormai 67 anni, accompagna le sue estati ‘in crescendo’. E che ha saputo non smarrire l’originaria vocazione del suo leggendario fondatore, Lord Menuhin: “Fare musica fra amici in un’atmosfera distesa”.

di Mirta Francesconi

Un immenso talento di musicista, per il prodigio del violino che a soli tredici anni già incantava il pubblico nell’indimenticabile esecuzione dei concerti delle tre grandi ‘B’, Bach, Beethoven e Brahms il 12 aprile 1929 a Berlino (quarta ‘B’). Ma anche innate doti da imprenditore e l’apertura mentale dell’illuminato umanista. Tre vocazioni che lo Gstaad Menuhin Festival sintetizza appieno: l’eccellenza artistica per una manifestazione dalla perfetta organizzazione, che alla regione porta cinquemila pernottamenti e una fama internazionale, ma anche l’impegno nel sostegno ai giovani con l’Accademia, che della manifestazione è il fiore all’occhiello, e le tante iniziative parallele.

Nato nel 1916 a New York da immigrati ebrei russi, il cosmopolita Yehudi Menuhin trovò uno dei suoi pochi porti proprio nella località montana svizzera, che scoprì nel 1954. Lo scenario alpino, la confluenza fra cultura tedesca, romanda e italianità, in un ambiente internazionale grazie alla vocazione turistica e ai suoi prestigiosi collegi, gli ispirarono il festival cui diede vita due anni più tardi.
Da una prima ‘stagione’ di soli due concerti in agosto si è oggi passati a oltre 60 appuntamenti sull’arco di sette settimane: «Siamo diventati una piccola Pmi con poco meno di 10 posti di lavoro a tempo pieno e un fatturato di circa 7 milioni di franchi, che genera un valore aggiunto di oltre 10 milioni nella regione del Saanenland. Per gestire con successo la nostra azienda, dipendiamo da collaboratori altamente qualificati e da specialisti di vari settori come il marketing, lo sponsoring, l’organizzazione e il management. Soprattutto il nostro prodotto – i concerti di musica classica – deve essere di altissima qualità ed eccellenza», sottolinea Christoph Müller, direttore artistico dello Gstaad Menuhin Festival.

Christoph Mueller direttore artistico Gstaad Menuhin festival
Christoph Müller, direttore artistico dello Gstaad Menuhin Festival

Dal suo arrivo nel 2002 – seguito a un periodo di transizione piuttosto complesso a fronte del vuoto lasciato dal fondatore ritiratosi nel 1996 e scomparso tre anni dopo – Christoph Müller ha vinto la sfida di riposizionare strategicamente l’evento, ottenendo risultati eccezionali: frequenza dei visitatori più che raddoppiata, da 12mila nel 2001 a 25.800 nel 2019, così come il fatturato.
«È stato un lungo viaggio, perché abbiamo dato tempo a ogni nuovo progetto di fiorire prima di lanciare un’altra idea. Una crescita organica: nel 2008 è nata la prima Accademia, nel 2010 la Gstaad Festival Orchestra, poi altri progetti dell’Accademia, le offerte per le orchestre amatoriali e il Digital Festival, e nel 2014 il fiore all’occhiello, la Conducting Academy. Dal punto di vista artistico, è stato fondamentale dare al Festival un profilo molto chiaro fin dall’inizio, con concerti di musica da camera, sinfonici e d’opera e la sezione “Musica d’oggi”. Ma la cosa più importante era creare un rapporto di fiducia con gli artisti e le orchestre e portarli a Gstaad con una certa regolarità. I primi impegni della London Symphony Orchestra nel 2004 o di Alfred Brendel come Artist in Residence nel 2006 sono stati momenti chiave in questo senso. Ed è stato importante costruire una sorta di famiglia del Festival a cui anche il pubblico potesse riferirsi», spiega il direttore artistico.

Puntare su Christoph Müller, che nel 2002 aveva appena 30 anni, è stato lungimirante da parte del Consiglio di Fondazione, che ha deciso di confidare la direzione non più a un solista di fama mondiale, ma al giovane violinista e manager culturale basilese per sviluppare l’evento dal punto di vista artistico senza trascurarne le componenti economiche e regionali. «All’epoca ero un novellino e forse non mi rendevo conto del peso di questa responsabilità, ma le idee e l’entusiasmo erano così forti e predominanti che non mi sono lasciato assorbire immediatamente dai doveri. Dal punto di vista caratteriale, a 30 anni ero già un ‘esecutore’, che affronta e realizza rapidamente le idee. A volte mi è capitato di andare incontro a qualche problema, ma nel complesso me la sono cavata bene», sorride. D’altronde, per quanto giovane, a 25 anni aveva già un promettente curriculum: dirigeva la Kammerorchester Basel, che nei dieci anni sotto la sua guida da formazione locale è diventata una delle principali e più versatili orchestre da camera europee, e ha lanciato con successo il Circolo cameristico di Lucerna al Kkl Luzern.

La simbiosi con la regione è perfetta: la maggior parte del pubblico del Festival è nazionale, più della metà dalla Svizzera tedesca e poco meno dalla Svizzera francese – pochi (ancora) i ticinesi. Si lavora pertanto a stretto contatto con gli hotel del Saanenland e con l’organizzazione turistica Gstaad Saanenland Tourismus (Gst).
«Tra tutti i grandi eventi della regione, siamo quello che genera il maggior numero di pernottamenti e quindi abbiamo un peso particolare nel programma annuale della regione turistica. Si tratta di un reciproco dare e avere», osserva il direttore artistico. I contributi del settore pubblico, del Canton Berna e del Comune di Saanen sono molto importanti anche se rappresentano ‘solo’ il 9% del fatturato. Altra determinante fonte di entrate sono i contributi di privati, mecenati e fondazioni, ai quali si uniscono gli sponsor commerciali e i fornitori di beni e servizi, così come gli introiti dei biglietti.

I concerti di musica da camera nelle chiese del Saanenland sono il cuore del festival. «Qui creo cicli, focus tematici, residenze con artisti… i concerti nella chiesa di Saanen sono il marchio di fabbrica del Festival. Con i concerti sinfonici e l’opera raggiungiamo il grande pubblico e, in senso positivo, le ‘masse’. Sempre più spesso i concerti della nostra orchestra, la Gstaad Festival Orchestra, svolgono un ruolo importante, così come le orchestre ospiti di altissima qualità. Con la serie “Todays Music”, dal 2003 proponiamo concerti a carattere interdisciplinare, tra cui una prima annuale», racconta il direttore artistico, che sottolinea anche come a permettere di mantenere uno spirito unitario fra tante iniziative e concerti sia «il desiderio di deliziare, entusiasmare e anche sfidare le persone attraverso la musica durante sette settimane. Vogliamo mediare, coinvolgere le future generazioni di musicisti e di pubblico, e sviluppare ulteriormente il festival nello spirito del nostro fondatore».

In questa ottica va anche la scelta di un fil rouge attorno al quale, a cadenza triennale, si articola il programma. Da quest’anno fino al 2025 il fulcro sarà il concetto di ‘umiltà’, che Christoph Müller ha scelto con la sua consueta originalità e sensibilità alle sfide del presente. «In un certo senso, tutti i compositori sono in qualche modo umili quando compongono, perché sono ispirati dal tempo in cui vivono e cercano di esprimere qualcosa che li muove in mondi sonori e tonali. Ci concentriamo su opere in cui questo atteggiamento è particolarmente evidente, come la Sinfonia n. 2 di Gustav Mahler, il Concerto per pianoforte e orchestra per la mano sinistra di Ravel o l’oratorio “La creazione” di Haydn. Con il ciclo “Musica per il pianeta” di Patricia Kopatchinskaja affrontiamo invece il tema nel contesto del cambiamento climatico».

Patricia Kopatchinskaja
© Julia Wesely – Il ciclo “Musica per il pianeta”, ideato da Patricia Kopatchinskaja, declina in chiave climatica il nuovo tema di questo triennio dello Gstaad Menuhin Festival, l’umiltà. Nominata “ambasciatrice del cambiamento”, l’apprezzatissima violinista è protagonista di tre concerti.

Per un festival che alle sue spalle ha 66 edizioni, è d’obbligo continuare a guardare al futuro. Yehudi Menuhin l’ha sempre fatto, colto dalla passione dell’insegnamento. Accanto all’intensa attività concertistica, le sue giornate erano sempre più scandite dalla scrittura, dalla formazione e dallo sviluppo dei suoi due festival (il secondo a a Bath dal 1959 al 1968). Nel 1963, ha fondato la sua Scuola Yehudi Menuhin a Londra, oggi sostenuta dallo Stato come centro di formazione per l’élite dei giovani strumentisti ad arco e, fra le tante onorificenze, ha presieduto anche il Consiglio Internazionale della Musica dell’Unesco dal 1969 al 1975.

«Consideriamo la missione educativa come uno dei nostri compiti principali, prendendo anche spunto dal nostro fondatore che molto ha fatto per giovani, bambini e talenti in generale, sia con la sua scuola a Londra, sia con l’International Menuhin Music Academy o il progetto di formazione artistica “Mus-E”, oggi attivo in 12 Paesi, di cui beneficiano circa 70mila bambini. Con i nostri format “Discovery” e con la Gstaad Academy, che offre a giovani promesse lezioni pubbliche quotidiane di perfezionamento con grandi artisti, nonché con le orchestre amatoriali Gstaad Festival Youth Orchestra e Gstaad Festival Amateur Orchestra, stiamo riprendendo direttamente da dove avevamo lasciato, e lo stiamo facendo con grande successo. Ogni anno, attraverso questi canali, ci rivolgiamo a circa 250-300 partecipanti», commenta Christoph Müller.

Si aggiungono inoltre le serie di concerti per giovani talenti, come le “Matinées of the Young Étoiles” o il programma promozionale “Menuhin’s Heritage Artists” che assicura a giovani talenti l’invito a esibirsi al festival per cinque anni. Il pubblico, molto eterogeneo, accanto ad amanti della musica, musicisti dilettanti e turisti , si compone quindi anche di bambini e famiglie.

Fra i tanti concerti, da non perdere quest’anno l’epica Seconda Sinfonia di Gustav Mahler che verrà eseguita il 19 agosto nella Tenda del Festival: una vera sfida per la Gstaad Festival Orchestra e il suo direttore Jaap van Zweden, accompagnati da solisti e coristi di prim’ordine, fra cui il soprano Pretty Yende. Un’opera che parla della costante tensione tra la vita e la morte, gli opposti oscuri e inseparabili di uno stesso essere. L’epitome dell’umile umanità che si inchina di fronte all’inspiegabile, al soprannaturale. Si attraversano tutti gli stati e le domande esistenziali, trasportati dal flusso di una scrittura sinfonica e corale assolutamente irresistibile. Come scrisse lo stesso Mahler nel 1895: “Tutto suona come se questa musica venisse da un altro mondo. Si è – e credo che a nessuno possa sfuggire – come gettati a terra con una mazza e poi proiettati in cielo su ali d’angelo”.

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Foto in apertura:  © Raphaël Faux – Gstaad Menuhin Orchestra

 

Gstaad Menuhin Festival