TM   Settembre 2023

Cogliere nel segno

Grazie alla recente donazione dell’archivio di Orio Galli, il m.a.x. museo di Chiasso diventa depositario del patrimonio di uno dei protagonisti della comunicazione visiva svizzera degli ultimi cinquant’anni, originale interprete della professione del graphic designer, nel suo dialogo fra segno strutturato e gesto libero, rigore costruttivo ed estro creativo, estetica ed etica.

di Susanna Cattaneo

Tecnica, ma anche istinto. Perfetta padronanza degli strumenti del proprio mestiere, ma anche la necessità di continuare a sperimentare nuove possibilità. Rischierebbe di diventare mercenaria e ripetitiva la professione del graphic designer, se non alimentata dalla curiosità onnivora che assicura, nel mettersi a servizio di una committenza per offrire soluzioni visive e comunicative, di cogliere nuovi stimoli per arricchire il proprio sguardo e intercettare nuove strade. Così Orio Galli ha interpretato e vissuto il suo lavoro. Graphic designer indipendente in un Ticino dove a metà anni Sessanta, quando avviò il proprio studio a Caslano, la professione ancora doveva accreditarsi. Ma anche proprio grazie a questa libertà ha avuto la possibilità di svolgere attività molto diversificate, inventandosi il suo modo di interpretare il mestiere.

Orio Galli m.a.x. museo caffè Moretto
Era già tutto lì, in quel manifesto del Caffé Moretto, con cui Orio Galli nel 1970 si aggiudicò il primo riconoscimento a livello nazionale – © Ti-Press / Francesca Agosta

La sua capacità di accogliere la grande lezione del razionalismo della scuola nordica e farla convivere con un’espressività più libera, di matrice mediterranea, gli ha permesso di sviluppare una poetica originale, in cui si manifesta al meglio la vocazione del territorio ticinese a qualificarsi come ponte fra Nord e Sud. Senza farsi scavalcare o confondere, ma trattenendo le migliori energie e lezioni da entrambi gli estremi.
Un’attitudine che affonda nelle sue origini: nato nel 1941 a Milano e cresciuto a Besazio, nel sangue la tradizione di una famiglia di maestranze artistiche attive a San Pietroburgo fra Otto e primo Novecento, è stata la fascinazione per i grandi manifesti dei migliori grafici svizzeri che cominciavano a diffondersi nel dopoguerra ad averlo sedotto. L’apprendistato da decoratore vetrinista gli apre le porte per la Kunstgewerbeschule di Zurigo, pietra angolare di tutta la sua formazione (rivelatore, in particolare, il corso di calligrafia di Hans Eduard Meier, uno dei migliori disegnatori di caratteri tipografici del modernismo svizzero). Ma altrettanto importanti sono stati gli stimoli collaterali che hanno sollecitato il suo sguardo e il suo intelletto, a partire dalla frequentazione degli ambienti surrealisti zurighesi a quelli milanesi, dove il contatto la Brera negli anni Sessanta, il mondo del teatro e gli studi degli architetti-designer del ‘Made in Italy’ hanno aperto ulteriori prospettive.

Quella di Galli è stata una formazione permanente, guidata da una viva curiosità, e tuttora, alla vigilia dei suoi 83 anni, lo rimane. Frutto ne è una produzione poliedrica in cui però, per quanto si spazi da una comunicazione più funzionale e rigorosa a rappresentazioni che sanno far leva sulla gamma delle emozioni, la sua impronta è sempre chiara. La griglia ortogonale che più o meno esplicitamente – a volte direttamente rappresentata, altre volte partitura tutta mentale – regge anche le sue composizioni apparentemente più libere non è soltanto quella di ascendenza costruttivista che modula proiezioni orizzontali e slanci verticali, ma anche quella che interseca occhio e suono, significante grafico e gioco fonetico, per dischiudere il senso profondo. Un’immagine in cui tutto si tiene: forma e sostanza si permeano, ‘cogliendo nel segno’. Qual migliore esemplificazione di quel manifesto che del nostro territorio è diventato dichiarazione programmatica, “Ticino terra d’artisti”?, slogan tradotto in una decina di lingue, comprese arabo e cinese. Universale l’immagine: accostamento inusitato fra gli affreschi tardo gotici della chiesetta di Santo Stefano di Miglieglia e la Casa Rotonda di Mario Botta, collisone fra antico e contemporaneo che evoca un senso di trascendenza e continuità. Fa piacere ricordarlo proprio in quest’anno in cui Marco Solari si congeda dal Locarno Film Festival dopo tanto aver dato al suo territorio. Fu lui, quando prese la guida dell’Ente Ticinese per il Turismo a inizio anni Ottanta, ad arruolare Orio Galli. Un incarico che, dall’ideazione del logo ai tantissimi manifesti, ha interpretato con la migliore delle qualità.

L’eclettica attività di Galli allinea progetti di marchi, logotipi, sistemi di corporate identity, pubblicità, stemmi, stampati ufficiali, francobolli, dépliant, disegni acquarellati, illustrazioni, dipinti, vignette satiriche, libri d’artista confezionati a mano, spesso per ospitare i suoi ‘galligrammi’, come ha battezzato i suoi gustosi epigrammi. Sempre all’insegna del motto ‘nulla die sine linea’. Un patrimonio che ha scelto di confidare al m.a.x. museo di Chiasso insieme a schizzi, bozzetti e altri materiali che ne testimoniano genesi e sperimentazioni, per un totale di 10mila pezzi. Dopo i Fondi di altri due maestri della grafica del secondo Novecento come Heinz Weibl e Vito Noto, il Centro Culturale di Chiasso, punto di riferimento per la ricerca scientifica sulla grafica contemporanea, accoglie così un grande artista ‘di casa’. Sarà inoltre disponibile al prestito a tutti musei interessati e accoglierà gli studiosi che vorranno approfondirne uno dei molteplici aspetti.

Fino al prossimo 8 ottobre, una selezione di 300 fra questi 10mila pezzi è oggetto di un’interessante mostra antologica. Curata con grande qualità dalla direttrice del m.a.x. museo e dello Spazio Officina Nicoletta Ossanna Cavadini, insieme a Mario Piazza, professore associato della Scuola di Design del Politecnico di Milano (autore anche di un interessantissimo saggio in catalogo), l’esposizione ha il merito di offrire una sintesi rappresentativa del notevole iter creativo e professionale di Orio Galli, unitamente alle due esposizioni – queste già concluse – che gli ha dedicato la Biblioteca cantonale di Lugano, depositaria invece dell’archivio delle vignette satiriche donato all’Archivio Cantonale Prezzolini.

“Grafica e grafismi” recita il titolo della mostra di Chiasso, a descrivere il binomio che ne definisce l’orizzonte: la professione codificata da una parte e dall’altra la sfera dell’inventiva. È la dialettica continua fra segno strutturato e segno libero, geometria e informalità, disciplina e improvvisazione, che ne intesse il personalissimo registro espressivo. Polarità anche molto estreme che sanno convivere, come quella, dominante, fra la razionale grammatica della Concrete Kunst e la composizione visiva libera basata sul gesto creativo. Mai schematizzabile, la vulcanica creatività di Galli non si dà però mai disaccoppiata da un solido impianto logico anche laddove appare più spontanea, così come la vocazione estetica si accompagna sempre a quella etica. Ricordando alla nostra epoca in cui chiunque pubblica con estrema facilità e superficialità contenuti, come significante e significato, parola e immagine, immagine e concetto, non si diano mai disgiunti in una grafica di qualità che sa essere il supremo atto di sintesi che veicola l’espressione.

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