La bellezza salverà il mondo? O forse, a parti invertite, ci si dovrebbe oggi chiedere: il mondo salverà la bellezza?
Il grido d’allarme lanciato dalla deforestazione e dalla perdita di biodiversità che sta depauperando l’Amazzonia, la più vasta foresta pluviale al mondo che, unitamente al suo eccezionale sistema fluviale, regola il clima dell’intero pianeta, sembra ormai porre nelle mani dell’uomo la capacità e la responsabilità di tutelare quel patrimonio naturale che l’impatto delle sue attività sta erodendo a una velocità incrementale.
Sensibilizzare si può attraverso appelli, meeting, numeri, agende politiche o documentari – e sempre più spesso lo si fa anche ricorrendo a discutibili azioni di protesta – ma nulla forse quanto l’arte sa aprire gli occhi, letteralmente in questo caso, e smuovere gli animi. Ed è un bene che un progetto come la mostra itinerante Amazônia, ideato dall’immenso fotografo Sebastião Salgado e dalla sua compagna di ‘missione’ e di vita Lélia, sfiori ormai 1,5 milioni di visitatori. Inaugurato nel 2021, dopo aver toccato il Maxxi di Roma, il Museo della Scienza di Londra, il Sesc di San Paolo all’inizio del 2022, Rio de Janeiro, Avignone, Madrid, Los Angeles, il tour mondiale è ora compresente alla Maag Halle di Zurigo, fino al 24 settembre, e alla Fabbrica del Vapore di Milano, fino al 19 novembre.
L’esposizione riunisce oltre duecento splendide fotografie realizzate da colui che ne è universalmente celebrato come uno dei più grandi interpreti e da sempre con i suoi lavori testimonia il suo amore per la natura, così come la compartecipazione alle condizioni socio-economiche che affliggono i più svantaggiati.
La scelta non poteva che cadere nuovamente sul bianco e nero di cui è maestro, capace con le sue sfumature quasi pittoriche e le sue esplosioni di luce di rendere in maniera incomparabile contrasti, profondità, stratificazioni, striature, sguardi e dettagli di questo ecosistema potente e fragile al contempo, le forze primarie che lo plasmano e le comunità indigene che ancora lo abitano. Un’area che ospita un decimo di tutte le specie animali e vegetali viventi e ha oggi una popolazione di soli 137mila abitanti rispetto ai 5 milioni che ne contava quando Cabral toccò per la prima volta, nel 1500, le coste brasiliane con i navigatori portoghesi.
“Ancora in gran parte sconosciuta, questa regione di meraviglie – nella cultura e nell’ingegno dei suoi abitanti, nel mistero, nella potenza e nell’impareggiabile bellezza – non smette di stupire. Grazie all’impenetrabilità della foresta, per interi secoli alcuni gruppi etnici sono riusciti a preservare il loro tradizionale stile di vita, le loro culture, costumi e lingue. Oggi, però, la loro esistenza è in grave pericolo, così come la sopravvivenza della foresta stessa, oggetto di continui attacchi, in particolare lungo i confini esterni. Ogni anno, decine di migliaia di aziende agricole si appropriano di nuovi terreni. Queste immagini vogliono pertanto essere una testimonianza di ciò che ancora esiste e un appello ogni singolo essere umano del pianeta a prendere parte alla sua tutela prima che possa scomparire”, ha dichiarato Sebastião Salgado.
Il tutto presentato nello speciale allestimento curato da Lélia Wanick Salgado, che ha saputo creare una scenografia autenticamente immersiva, sulle note della musica commissionata a Jean-Michel Jarre, che fa rivivere i suoni della foresta pluviale e i canti degli indigeni, tutti provenienti dagli archivi sonori del Museo di Etnografia di Ginevra, conferendo una rara autenticità all’esperienza di visita.
Il valore documentale e al contempo artistico di questa iniziativa è unico e incomparabile: un lavoro durato sette anni, che ha visto Salgado intraprendere una nuova serie di viaggi nella parte della foresta amazzonica su suolo brasiliano – ben il 60% del suo totale, che si estende su altri otto paesi.
Supportato dalla Fondazione Nazionale dei Popoli Indigeni che ha coordinato i suoi spostamenti con le varie comunità locali, ha effettuato soggiorni anche di quattro o cinque settimane presso dodici dei principali 188 gruppi etnici, accompagnato da antropologi, traduttori e vari specialisti della foresta, ogni volta sottoponendosi a esami medici approfonditi e periodi di quarantena per evitare di esporre gli indigeni a virus e batteri esterni. L’aeronautica brasiliana dal suo canto ha permesso di realizzare le vedute aeree, uno degli atout della mostra.
Questo quanto alla logistica. Poi c’è l’occhio che si allinea con l’anima e lascia immagini di commovente potenza nella loro dimensione ecologica e umana, riuscendo a illustrare quello che dei semplici dati possono quantificare ma non rappresentare. Drammaticità e spettacolarità convivono in queste vedute, reali quanto ultraterrene.
Paesaggio e comunità indigene sono le due anime della mostra. Da una parte, le immense cascate e lo spettacolo delle nubi, l’imponenza delle montagne e l’esuberante rigoglio della vegetazione o le centinaia di isole di ogni forma immaginabile nella corrente del Rio Negro. Fra i fenomeni, particolarmente impressionante è quello dei cosiddetti ‘fiumi volanti’: la foresta amazzonica è l’unico luogo al mondo in cui l’umidità dell’aria non dipende dall’evaporazione degli oceani, ma ogni albero funziona come una sorta di aeratore che ogni giorno immette nell’atmosfera centinaia di litri di vapore acqueo. Il giorno in cui le immagini satellitari non mostreranno più nubi e la giungla sarà perfettamente visibile dallo spazio, avranno finito di ‘scorrere’, con conseguenze catastrofiche per il pianeta.
Un’altra metà degli scatti è dedicata ai gruppi indigeni che Salgado ha immortalato in questi suoi viaggi: Awa-Guajá, Marubo, Korubo, Waurá, Kamayurá, Kuikuro, Suruwahá, Asháninka, Yawanawá, Yanomami, Macuxi and Zo’é. Mentre le foto dei paesaggi sono appese alle pareti o calano dal soffito, in questo caso sono state collocate in tre ocas, le tipiche abitazioni indigene, evocando i piccoli insediamenti umani nel cuore della giungla.
Parte integrante dell’esposizione sono anche due sale di proiezione: in una è mostrato il paesaggio boschivo, le cui immagini si susseguono accompagnate dal poema sinfonico Erosão del compositore brasiliano Heitor Villa-Lobos (1887-1959); nell’altra sono esposti ritratti di indigeni sulle note della partitura creata appositamente dal musicista brasiliano Rodolfo Stroeter.
Nelle tappe pressoché parallele in Svizzera e Italia, l’esperienza sensoriale della visita è completata dall’iniziativa “Amazônia Touch”, ventuno pannelli che permettono anche ai visitatori ipo- e nonvedenti di vivere l’esperienza della mostra attraverso una lettura tattile, grazie alla collaborazione con la Fondazione Visio.
Se una mostra fotografica è l’espressione visiva di un’idea, Amazônia centra l’obiettivo di Léila e Sabastiao di ricreare non solo un immaginario, ma anche un ambiente in cui il visitatore si sente avvolto dalla foresta, dalla sua vegetazione rigogliosa e dalla quotidianità delle popolazioni native, offrendo ai visitatori un’esperienza intima e profonda, quasi mistica nella sua capacità di trasportare in un altrove. Per quanto abituati ai più spettacolari effetti digitali, un mezzo ormai tradizionale come la fotografia è ancora incomparabile nelle mani di un suo grande maestro e baluardo.
Principale sponsor globale del progetto Amazônia è Zurich. Un sostegno che rientra nel più ampio progetto del Gruppo assicurativo per sensibilizzare sull’urgenza di azioni concrete per l’ambiente ed è l’estensione di una partnership consolidata con l’Instituto Terra, l’organizzazione no profit istituita nel 1998 da Lélia e Sebastião Salgado per salvaguardare l’altra foresta pluviale, la Mata Atlântica, che un tempo dominava la costa orientale del Brasile, prima di essere quasi totalmente distrutta da centinaia di anni di deforestazione e sfruttamento incontrollato. Da allora, sono stati piantati più di 2 milioni di alberi e l’ecosistema è stato parzialmente ripristinato, con il ritorno di oltre 250 specie di animali selvatici.
Nel 2020, Zurich si è unita agli sforzi dell’Instituto Terra e con lo Zurich Forest Project, sull’arco di otto anni, contribuirà con un altro milione di alberi al rimboschimento mirato e sostenibile in Brasile e alla riconversione di terreni agricoli sterili in foreste autoctone ricche di vita vegetale e animale, piantando da 80 a 120 specie diverse di alberi su 700 ettari di terreno.
© Riproduzione riservata