Nel contesto attuale caratterizzato da scarsa visibilità e rapidi cambiamenti tiene sempre più banco il dilemma sul posizionamento da avere per beneficiare delle opportunità che il mercato propone con regolarità, mantenendo però una strategia di lungo termine. L’evidenza empirica suggerisce che le società a conduzione familiare generano maggiori rendimenti nel lungo termine, si caratterizzano per un approccio più responsabile e assorbono meglio gli shock. Hanno dunque dimostrato che il giusto equilibrio tra resilienza e adattabilità possa fornire una risposta alle sfide odierne.
Queste imprese sono considerate da secoli la linfa vitale della società e si stima che contribuiscano al 70% del Pil mondiale e della forza lavoro. A questo proposito, le 500 maggiori hanno un fatturato di oltre 7 trilioni di dollari e garantiscono oltre 24 milioni di posti di lavoro.
Corrono le aziende di famiglia
Nelle aziende di questo tipo, i fondatori e i loro discendenti restano coinvolti direttamente nella gestione dell’attività anche dopo la quotazione in borsa, scegliendo di non diluire totalmente la proprietà. Questo passo viene compiuto tramite la limitazione del capitale flottante, riducendo il numero di azioni in circolazione, o creando un sistema dual share, in cui la famiglia conserva la maggioranza dei diritti di voto pur detenendo una minima quota delle azioni in circolazione. Grazie a questi meccanismi, la famiglia è in grado di mantenere un maggiore controllo sulla direzione strategica dell’attività.
La ricerca accademica, oltre a confermare la bontà di queste società, pone l’accento sulla loro capacità di rispondere a uno dei principali problemi in ambito di Governance, ossia il disallineamento degli interessi tra management e proprietari (il cosiddetto principal-agent problem), caratterizzato da un’asimmetria informativa tra le due parti che crea spesso una condizione di inefficienza per gli azionisti. Le società a conduzione familiare riescono a ovviare a questo problema, essendo il proprietario parte del management.
Le imprese di famiglia sono considerate da secoli la linfa vitale della società e si stima che contribuiscano al 70% del Pil mondiale e della forza lavoro. A questo proposito, le 500 maggiori hanno un fatturato di oltre 7 trilioni di dollari e garantiscono oltre 24 milioni di posti di lavoro.
Studi più recenti dimostrano inoltre che tali aziende hanno imparato ad adattare il loro modello operativo e societario al contesto evolutivo dell’azienda stessa, dando vita a sistemi più complessi caratterizzati da una Governance strutturata (ad esempio creando holding).
Cornèr Banca ha potuto verificare le caratteristiche uniche di questo universo e i risultati che ne derivano sia in termini di creazione di valore per gli azionisti che di distribuzione del rischio. L’analisi poggia infatti su un database proprietario sviluppato con il supporto del Centre for Family Entrepreneurship and Ownership (CeFeo) della Jönkoping International Business School (Jibs), che si colloca tra i migliori atenei al mondo nell’attività di ricerca sulle imprese familiari.
L’universo di indagine presenta dei requisiti minimi in termini di liquidità e segue una metodologia in grado di individuare in modo univoco le società considerate ‘familiari’ secondo le linee guida della comunità accademica. In linea con i risultati conseguiti dai principali studi sul settore, sono state identificate alcune caratteristiche comuni in grado di spiegare la longevità di tali aziende.
Un rapporto di indebitamento inferiore del 25% rispetto alla media di mercato, ad esempio, suggerisce come queste prediligano l’autofinanziamento rispetto al ricorso a forme di indebitamento verso terze parti. Inoltre è possibile osservare una gestione più efficiente in termini di ricerca e sviluppo, come effetto della propensione a perseguire opportunità d’investimento continue e sistematiche coerenti con una crescita organica.
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