TM   Ottobre 2024

Trovare salutari compromessi

Per continuare a garantire la sostenibilità di un sistema sanitario di qualità, basato sul principio della solidarietà, sono necessarie proposte concrete e concessioni da parte di tutti gli attori in gioco. Ma le lunghe negoziazioni per varare nuove riforme e la difficoltà nello shift verso l’e-Health mostrano un percorso complesso. La parola alla Direttrice dell’Ufsp, Anne Lévy.

di Susanna Cattaneo

Giornalista

Che in Svizzera sia necessaria una maggiore cultura del consenso in materia di politica sanitaria è indubbio. Gli aumenti dei premi annunciati ormai regolarmente ogni anno non sono che la manifestazione più evidente delle contraddizioni di un sistema che, pur di altissima qualità – e in parte proprio perché, generosamente, tale – è chiamato a evolversi per cogliere le sfide, ma anche le opportunità con cui gli squilibri demografici, il progresso scientifico e la trasformazione digitale lo confrontano. Trovare un accordo fra i tanti interessati è talmente complesso da non poter che parlare di compromesso. Confederazione, Cantoni, l’ampia gamma dei fornitori di prestazioni, le casse malati, i cittadini sono chiamati a trovare un’intersezione fra le loro rivendicazioni. Quella che circoscrive il comune obiettivo: mantenere l’eccellenza dell’offerta, ma a condizioni sostenibili. Ne abbiamo discusso con la direttrice dell’Ufficio federale della sanità pubblica (Ufsp), Anne Lévy.

Direttrice Anne Lévy, come intervenire sui costi in lievitazione della sanità?
Il nostro è un sistema sanitario che offre alla popolazione la possibilità di ricevere cure tempestive e di alto livello, vicino a dove si vive. Un sistema che non abbandona nessuno e che garantisce un’elevata aspettativa di vita. Inevitabile che abbia un costo, destinato ad aumentare ulteriormente in futuro, complici il progresso medico, la crescita demografica e l’invecchiamento della popolazione. Quello che possiamo fare, e che stiamo già facendo, è frenare questa tendenza lavorando a stretto contatto con i vari attori in causa. È un sistema è enormemente complesso e sappiamo che ci sono aree in cui possiamo intervenire per migliorare il coordinamento delle cure, evitare doppioni, trattamenti non necessari e un’eccessiva medicalizzazione o per moderare l’aumento di alcuni oneri.

Due epocali riforme, sul tavolo dei negoziati da circa quindici anni, Tardoc ed Efas (quest’ultima in attesa del voto del 24 novembre) sono finalmente sul punto di concretizzarsi. Perché è stato così difficile trovare un accordo tra le parti?
Nel nostro sistema sanitario, i Cantoni sono in gran parte responsabili dell’assistenza sanitaria. Inoltre, sono coinvolti molti altri attori: più di 200 ospedali acuti e di 40 assicurazioni sanitarie, migliaia di studi medici, servizi infermieristici, farmacie, numerose associazioni, l’industria farmaceutica e le tecnologie mediche. Che si tratti del nuovo tariffario medico Tardoc e dei forfait ambulatoriali o del finanziamento uniforme delle prestazioni Efas, dobbiamo considerare i diversi interessi di ciascuna parte per procedere insieme e non pregiudicare le riforme, comprese le stesse opinioni divergenti che attraversano il Parlamento.
Ma il risultato c’è: i partner tariffari stanno attualmente lavorando insieme per mettere a punto i due sistemi di fatturazione Tardoc/forfait ambulatoriali, che dovranno essere implementati in parallelo. Anche la riforma del finanziamento uniforme ha finalmente ottenuto una chiara maggioranza in Parlamento, oltre che tra gli operatori sanitari e i Cantoni.

In che misura porteranno benefici al nostro sistema sanitario?
Sottolineo che non si tratta tanto di risparmiare quanto di controllare i costi. Su questi ultimi possiamo agire lavorando sul prezzo dei farmaci, su un migliore coordinamento delle cure per evitare doppioni, abbassando alcune tariffe e rafforzando la prevenzione. Ma le due riforme hanno altri obiettivi. Il Tardoc consentirà di fatturare in modo più accurato i tempi di consultazione e terrà maggiormente conto di caratteristiche ed esigenze specifiche della medicina di famiglia. La fatturazione forfettaria semplificherà la fatturazione e limiterà gli incentivi ad aumentare il numero di prestazioni fatturate. D’altra parte, poiché l’Efas prevede che i Cantoni e le assicurazioni sanitarie finanzino congiuntamente tutti i servizi, entrambi saranno incentivati a promuovere le cure più appropriate e meno costose. Ciò dovrebbe accelerare il trasferimento dei servizi ospedalieri verso l’assistenza ambulatoriale, che spesso è più rilevante dal punto di vista medico per i pazienti e meno costosa in generale. All’estero, dove è molto più comune, risulta spesso un grande sollievo per molti pazienti.

La pianificazione ospedaliera rimarrà di pertinenza cantonale. Ritengo però che ci sia bisogno di più centri ambulatoriali con servizi di emergenza che di ospedali acuti. E che dobbiamo mettere in rete i processi digitali per poter inserire i dati sanitari una sola volta. Sia per migliorare qualità e sicurezza dei pazienti, sia per combattere la carenza di personale qualificato.

Anne Lévy

Anne Lévy

Direttrice dell’UFSP

Benché l’Efas possa dare un impulso decisivo alle cure ambulatoriali, il numero molto elevato di ospedali rimane un punto dolente. Come si può strutturare meglio la pianificazione ospedaliera?
In Parlamento sono in corso diverse discussioni, in particolare per invitare i Cantoni ad analizzare la situazione e trovare soluzioni a livello sovraregionale. È infatti a loro che spetta la ripartizione delle aree di competenza tra gli ospedali per coprire le esigenze del proprio territorio, e così rimarrà in futuro. Molti istituti si trovano attualmente in difficoltà finanziarie, come sanno bene i Cantoni, dovendone pagare i debiti. Per cui nessuno se ne sta con le mani in mano.
Ciò detto, ritengo che ci sia bisogno di più centri ambulatoriali con servizi di emergenza che di ospedali acuti. E che dobbiamo mettere in rete i processi digitali in modo che basti inserire i dati sanitari una sola volta. Da un lato, per migliorare la qualità e la sicurezza dei pazienti e, dall’altro, per combattere la carenza di personale qualificato.

Se la digitalizzazione può esser parte della soluzione, dove risiedono le principali criticità che ne stanno rallentando l’adozione? Penso, per esempio, ai ritardi nella diffusione della Cartella informatizzata del paziente (Cip)…
La Cartella informatizzata del paziente è già disponibile in tutta la Svizzera. La sua utilità è indiscutibile. Riunendo tutte le informazioni rilevanti sulla salute di un paziente, contribuisce a migliorare la qualità dell’assistenza medica, ad esempio per le persone affette da malattie croniche. Inoltre, ottimizza l’efficienza del sistema sanitario, evitando di perdere informazioni e di ripetere inutilmente procedure mediche. Non è però ancora perfetta nella sua attuazione. Le istituzioni collegate sono ancora troppo poche. E troppo poche persone la usano. Ma ci stiamo lavorando. Ecco perché, oltre alla revisione a breve termine che fornirà un sostegno finanziario per ogni dossier aperto, abbiamo bisogno di una revisione globale che faciliti lo sviluppo della Cip.
Più in generale, per agevolare la comunicazione e la condivisione di dati fra gli attori in gioco, l’obiettivo è quello di standardizzare e collegare meglio i sistemi informatici di cui già dispone la maggior parte degli studi medici, come avviene attualmente con Digisanté.

Accennava alla carenza di personale che affligge il settore: come contrastarla?
La promozione della medicina di famiglia ha già rappresentato un importante passo avanti. Abbiamo creato più posti di formazione e reso la medicina di base una materia di studio più interessante. La Consigliera federale Elisabeth Baume-Schneider ha chiarito che, nella prossima fase, questo aspetto dovrà essere considerato in modo più ampio, includendo nelle discussioni medici di famiglia, infermieri, farmacie e, ad esempio, pediatri e pronto soccorso.
Rafforzare l’assistenza infermieristica resta senza dubbio il principale obiettivo. Allo stesso tempo, dobbiamo chiederci: quali compiti possono assumere gli infermieri? E cosa dovrebbe fare un medico? Ad esempio, le farmacie possono fornire più vaccinazioni.
Un secondo aspetto importante è che il ricovero in ospedale consuma molte risorse. Oggi, molte cure potrebbero essere fornite a livello ambulatoriale.

A scarseggiare sono anche i medicamenti: a fine agosto l’Ufsp ha proposto una nuova serie di misure per affrontarne la carenza. Come è potuto accadere in un Paese leader dell’industria farmaceutica?
Il problema è in aumento in tutto il mondo e non facciamo eccezione. La delocalizzazione delle principali fasi di produzione in Asia e la concentrazione su un numero ridotto di fornitori si ripercuote in particolare sui farmaci il cui brevetto è scaduto. Anche se la Svizzera è un leader del pharma, è un Paese piccolo, con un mercato che non è il più attraente per l’industria. E la produzione raramente è localizzata qui, o addirittura in Europa.
La Confederazione ha lanciato un piano di approvvigionamento e intende, tra l’altro, aumentare le riserve obbligatorie, rinunciare alle riduzioni di prezzo per alcuni farmaci essenziali e autorizzare più facilmente alcune importazioni in caso di necessità. Inoltre, il Consiglio federale vuole creare incentivi per incoraggiare la produzione di farmaci importanti. Ha anche discusso le modalità per migliorare l’approvvigionamento di beni medici essenziali in caso di pandemia. La possibilità, pure citata, di produrre alcuni medicamenti tramite la Farmacia dell’esercito sarebbe solo una soluzione temporanea di emergenza, ma non può risolvere la fragilità della produzione e delle catene di approvvigionamento.

La principale missione dell’Ufsp è garantire la qualità delle cure e la sicurezza dei pazienti. Ma non sempre tutto ciò che è fattibile dal punto di vista medico è appropriato e sostenibile. Di recente avete anche lanciato un’iniziativa in tal senso. Di cosa si tratta?
Non è solo l’assenza di cure a poter comportare dei rischi. Il trattamento giusto deve essere somministrato al momento giusto. Né troppo né troppo poco. A tal fine, ad esempio, abbiamo già sostenuto l’aggiornamento dell’Atlante dei servizi sanitari svizzeri da parte dell’Osservatorio svizzero della salute (Obsan), che fornisce un quadro chiaro della misura in cui l’assistenza varia da cantone a cantone.
L’obiettivo del progetto lanciato in primavera su questo tema, che si concluderà nell’autunno dell’anno prossimo, è quello di fare il punto della situazione con le numerose organizzazioni mediche specializzate, ospedali e associazioni che si stanno già occupando della questione, per chiarire insieme gli ambiti in cui è necessario intervenire.

Si ha sempre la tendenza a vedere il bicchiere mezzo vuoto, ma negli ultimi anni quanto si è già risparmiato?
Da anni lavoriamo per contenere l’aumento dei costi sanitari. Dal 2012, l’Ufsp ha ridotto il prezzo dei farmaci di circa 1,5 miliardi di franchi. Il programma di Health Technology Assessment (Hta) ha già permesso alla Confederazione di decidere venti volte sul rimborso delle prestazioni da parte dell’assicurazione di base, con un risparmio diretto di oltre 90 milioni di franchi all’anno.
Il Consiglio federale ha inoltre creato incentivi mirati per l’utilizzo di generici e biosimilari meno costosi. Si stima che il risparmio potenziale ammonterà fino a 250 milioni di franchi all’anno. Inoltre, per il 2019 e il 2022, il governo ha presentato al Parlamento due serie di misure di contenimento dei costi. La prima è entrata in vigore nel 2023 e nel 2024. Il Parlamento sta attualmente discutendo il secondo pacchetto, che comprende misure importanti come gli sconti sulla quantità dei farmaci più venduti e il rafforzamento dell’assistenza coordinata. I potenziali risparmi potrebbero ammontare a mezzo miliardo di franchi all’anno. Ciò detto, il controllo dei costi rimane un esercizio costante, che richiede l’impegno congiunto di tutti gli attori.

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