TM   Luglio/Agosto 2023

I punti deboli della Finma

La caduta di Credit Suisse ha una volta di più messo in rilievo le carenze dell’Autorità federale di vigilanza sui mercati finanziari, priva di una visione d’insieme e critica su tutta la sua attività.

Stelio Pesciallo

di Stelio Pesciallo

Avvocato e notaio presso lo Studio 1896, Lugano

Ancora lo scorso 15 marzo, quattro giorni prima della comunicazione del tracollo, la Finma, l’autorità federale di sorveglianza delle banche e degli altri intermediari finanziari, assicurava che il Cs adempiva a tutti requisiti richiesti alle banche di rilevanza sistemica in merito a capitale e liquidità. In considerazione di quanto si è appreso in seguito e si continua ad apprendere, anche persona non cognita in materia finanziaria si pone il quesito come ciò abbia potuto succedere.

La posizione della Finma è stata messa in discussione da più parti. Nelle ultime settimane il “j’accuse” più tranciante è stato quello espresso dalla Neue Zürcher Zeitung, testata che non può essere ritenuta ostile al sistema bancario e alle istituzioni di cui la Svizzera si è dotata per sorvegliarlo. Per gli esperti finanziari della Nzz la Finma ha fallito in quanto non è sufficiente che si limiti a un formale controllo dei parametri regolatori che ogni istituto bancario deve rispettare, ma deve avere una visione d’insieme e critica su tutta la sua attività. Invece la Finma non aveva interiorizzato nel suo esame la cultura del rischio più che problematica seguita dagli organi dirigenti del Cs. Di conseguenza, pur avendo proposto correttivi non ha tenuto conto della portata assunta dai continui scandali miliardari collezionati dalla banca e dei loro effetti deleteri sul rapporto di fiducia con i clienti. Si aggiunga quanto ammesso di seguito dagli stessi responsabili della Finma, cioè che i responsabili del Cs non prendevano sul serio le raccomandazioni e si sono persino spinti a dichiarare il falso in merito ai rapporti con uno dei suoi maggiori debitori.

La Nzz ha individuato in particolare 5 punti critici dell’attività della Finma.

  • In primo luogo la Finma grava sui piccoli e medi istituiti, per non parlare anche degli altri intermediari finanziari, con una moltitudine di prescrizioni e con misure anche estreme (ricordiamoci del trattamento subito dalla Bsi condannata a essere liquidata) mentre tratta con benevolenza i grandi istituti. Un rimprovero che il Consiglio federale aveva già mosso all’allora Commissione federale delle banche in merito al trattamento benevolo nei confronti di Ubs prima del salvataggio nella crisi del 2008. Il Cs era stato oggetto successivamente al 2013 a ben 10 procedimenti disciplinari (enforcement) senza risultati positivi. I giovani e inesperti giuristi della Finma nei loro controlli sulla scorta di tabelle Excel sono ossessionati dal rispetto di dettagli e inezie, privi di  una visione di insieme tanto da spingere i loro responsabili ad accontentarsi del rispetto di parametri su capitale e liquidità.
  • Il secondo rimprovero è la confusione di competenze all’interno della Finma tra CdA e Direttorio, che rende difficile e tardivo un intervento immediato. Sarebbe necessario limitare l’attività del CdA alla visione strategica e dei compiti, mentre il Direttorato deve occuparsi esclusivamente dell’operatività della sorveglianza nei confronti degli intermediari finanziari.
  • Terzo problema, la Finma ha il personale sbagliato: troppi giovani giuristi inesperti senza esperienze di rilievo in campo finanziario, che lavorano esclusivamente sulla scorta di liste di controllo e che non permettono quindi ai loro responsabili, come si diceva sopra, una visione di insieme sul reale stato dell’istituto controllato.
  • Il quarto rimprovero è che la Finma impiega troppo poche delle circa 550 unità a sua disposizione nei controlli delle banche di importanza sistemica.
  • Quinto: il sistema di comunicazione della Finma è carente se lo si rapporta agli strumenti adottati ad esempio dalla autorità di sorveglianza americana. Infatti portata e esiti dei procedimenti di enforcement vengono resi noti in maniera molto restrittiva in parte anche a causa di una carente base legale. In particolare le modalità di comunicazione dei suoi responsabili non solo sono limitate nella loro portata ma sono troppo tecniche e incomprensibili ai più. Un esempio è stata la comunicazione dei motivi che hanno l’hanno portata a annullare le obbligazioni di 17 miliardi AT1 che ha sollevato una ondata di ricorsi.

La Finma propone ora tre misure correttive. Da un lato obbligare gli istituti sottoposti a designare in base a un elenco oneri chi risponda per ogni singolo settore di attività (il che sembra talmente ovvio che sorprende che lo si preveda solo adesso), dall’altro assegnarle la facoltà di emettere anche multe a carico di un singolo istituto (il che è più che problematico in quanto, oltre a non essere di grande utilità per correggere il sistema, a  pagare sarebbero sempre gli azionisti e inoltre la Finma è pur sempre un’autorità amministrativa che si arrogherebbe competenza di giudicare e di condannare) e infine di migliorare il suo sistema di comunicazione. Sarebbe in ogni caso da evitare, come invece chiedono molti esponenti politici, che la Finma finisca per essere caricata di nuove prescrizioni e compiti che non la renderebbero migliore e più efficiente ma un’istituzione ancora più ‘monstre’ e pachidermica.

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