TM   Maggio/Giugno 2023

Grandi complicazioni

Il settore bancario è uscito cambiato dalla Crisi del 2008. Sono ormai anni che si trova confrontato con diversi problemi, che a sua volta l’investitore azionario non può non considerare.

di Giovanni Rickenbach

Responsabile Strategia di Pkb

La grande Crisi finanziaria del 2008-12 ha avuto le banche quale suo epicentro. Preceduta da un boom del credito accompagnato dal rilassamento degli standard di controllo del rischio da parte delle banche e dalla successiva formazione di bolle immobiliari, è stata scatenata dall’aumento di tassi d’interesse e dalla discesa dei prezzi degli attivi utilizzati come collaterali.

L’aumento delle sofferenze sui portafogli di credito ha eroso i capitali propri e spinto i Governi ad agire per evitare gli errori della Grande Depressione, sfociati in fallimenti a catena delle banche, contrazione del credito e quindi delle imprese. In certi casi, i Governi hanno agito come garanti e le Banche Centrali da creditori di ultima istanza. In altri, i Governi hanno ricapitalizzato le banche.

Nell’Eurozona quest’ultima modalità ha prodotto un forte aumento dei debiti pubblici che ha messo sotto stress diversi Paesi membri e di nuovo il sistema bancario, detentore di obbligazioni governative. A dispetto di tutti gli sforzi, le economie sviluppate hanno subito una contrazione del credito, più ampie o più lunghe a seconda dei casi. Il “credit crunch” ha provocato una distruzione permanente di capacità produttive. Non deve quindi stupire che gli eventi del 2008-12 abbiano prodotto un aumento marcato della regolazione bancaria e delle prerogative delle autorità di controllo.

Il post 2008

(fonte Bloomberg) Confronto tra borse e titoli bancari (XII-2006: 100)

Per risolvere il problema alla radice, gli impieghi delle banche sono stati subordinati alla dotazione adeguata di capitale. Il tetto sulla leva nei bilanci serve a rimuovere il rischio di rivedere nuovi boom del credito bancario. Il settore è frammentato, ma la concentrazione viene per quanto possibile frenata.

La formazione di banche troppo grandi aumenterebbe il rischio sistemico in caso di problemi specifici e il pericolo che il denaro dei contribuenti venga di nuovo utilizzato. La frammentazione viene poi considerata necessaria per garantire la competizione tra le banche a vantaggio dei clienti, ovvero le imprese e le famiglie. All’interno dell’Ue, la concentrazione è inoltre vista con sospetto da quei Paesi che rischiano di vedere le proprie banche acquistate da attori esteri e di trovarsi quindi in situazione di forte dipendenza.

La formazione di banche troppo grandi aumenterebbe il rischio sistemico in caso di problemi specifici e il pericolo che il denaro dei contribuenti venga di nuovo utilizzato. La frammentazione viene poi considerata necessaria per garantire la competizione tra le banche a vantaggio dei clienti, ovvero le imprese e le famiglie.

Dal 2008, l’investitore azionario è confrontato a un’evoluzione frustrante delle azioni del settore bancario nelle economie avanzate. Le regole sul capitale e la desiderata frammentazione del sistema hanno creato un mondo in cui l’intensità in capitale dell’attività riduce le possibilità di crescita interna e la redditività dei mezzi propri. Le banche non possono d’altro canto aumentarla attraverso fusioni e acquisizioni che invece permetterebbero ampie economie di scala, oltre a migliorare le prospettive di crescita esterna. La bassa redditività e i bisogni in capitale limitano inoltre lo spazio per aumentare la bassa distribuzione agli azionisti.

L’estensione dell’edificio normativo ha senza dubbio ridotto i rischi sistemici, ma ha reso troppo bassa la reddittività delle singole banche aumentandone i rischi specifici che restano ben superiori alla media del mercato. Sono per di più mal retribuiti dai dividendi e dalle prospettive sugli utili.

In alternativa all’attesa di migliori condizioni d’entrata, ovvero prezzi più bassi e dividendi più alti che remunerino adeguatamente i rischi, l’investitore può cercare ed esaminare le rare situazioni speciali in cui il rischio è più contento e meglio remunerato, ovvero banche che seguono politiche di distribuzione più attraenti della media, ben capitalizzate, con portafogli di credito di maggior qualità, meglio ancora se diversificate in attività di nicchia e attive in economie stabili.

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