L’attuale amministrazione statunitense sta causando notevole incertezza e volatilità nei mercati con azioni esecutive audaci e rapide. È difficile distinguere tra le tattiche di negoziazione di Trump e i piani politici concreti, rendendo cruciale per gli investitori concentrarsi sui dati per meglio comprenderne retorica e realtà. Nonostante le tensioni politiche, l’economia statunitense rimane in buona salute e le politiche attuali non dovrebbero avere un impatto significativo a lungo termine sulla crescita o sull’inflazione. Tuttavia, i rischi indiretti per la crescita stanno aumentando a causa di una politica aggressiva, e con la possibilità di chiusure del governo egli annunci di nuovi dazi doganali, è probabile che la volatilità nei mercati finanziari aumenti.
Ecco alcuni dei principali fronti sui cui si è concentrata maggiormente l’amministrazione Trump nelle prime settimane.
Politica interna. Le promesse fatte durante la campagna elettorale includevano intraprendere la “più grande riduzione regolamentare nella storia del nostro Paese”, “tagliare massicciamente le tasse per i lavoratori e le piccole imprese”, e “eliminare gli sprechi dal bilancio della nostra grande nazione,” oltre a misure per affrontare l’immigrazione clandestina.
Se queste politiche siano giuste per il Paese dipende probabilmente dalle proprie preferenze politiche. Se siano giuste o sbagliate per i mercati dipenderà probabilmente da quanto le speranze di deregolamentazione e tagli fiscali possano compensare i timori sugli effetti potenziali di una politica migratoria più severa, tariffe più alte e tagli alla spesa pubblica.
Le misure annunciate finora non sembrerebbero avere ancora impatto diretto significativo sulla crescita, sull’inflazione o sul deficit. Tuttavia, gli effetti secondari e un’esecuzione affrettata di queste politiche pongono rischi al ribasso per la crescita e rischi al rialzo per l’inflazione.
Si prendano ad esempio i tagli alla spesa pubblica. Attraverso varie misure, il numero di lavoratori federali negli Stati Uniti potrebbe diminuire di diversi punti percentuali, ma questo rappresenta una minima parte dei salari complessivi, suggerendo un impatto limitato sull’occupazione, sul Pil o sulla spesa pubblica. D’altro canto, prove aneddotiche indicano potenziali impatti negativi causati dal modo in cui queste misure sono state annunciate. Ad esempio, notizie riportano decisioni errate di ridurre personale coinvolto nella prevenzione della diffusione dell’influenza aviaria o persino nell’operazione della deterrenza nucleare.
Nel frattempo, una sicurezza delle frontiere più rigida e una retorica ostile potrebbero rallentare l’immigrazione e bloccare la crescita dell’offerta di lavoro. Con l’economia a piena occupazione, una ridotta offerta di lavoro rischia di far aumentare i salari e potenzialmente di alimentare l’inflazione. Un ambiente politico fazioso aumenta pure i rischi di eventi politici associati al bilancio e al tetto del debito. A breve, incombe una chiusura del Governo e (come sembra probabile) si potrebbe non raggiungere un accordo bipartisan sul finanziamento, causando un ulteriore prolungato stallo sul tetto del debito.
Politica commerciale. Sin dal primo giorno, l’amministrazione Trump ha rilasciato un flusso costante di minacce di tariffe contro i principali partner commerciali degli Stati Uniti: Canada, Messico, Cina ed Europa. Nel frattempo, le tariffe di importazione su acciaio, alluminio e alcuni prodotti metallici dovrebbero venire aumentate al 25% da marzo.
Trump ha anche incaricato la sua amministrazione di valutare entro il 1 aprile tariffe reciproche sui prodotti provenienti da Paesi che impongono barriere commerciali sui beni statunitensi. L’amministrazione considera infatti le imposte sulle vendite interne come una barriera non tariffaria al commercio, anche se queste vengono tipicamente applicate indipendentemente dall’origine dei beni, potenzialmente ampliando la portata e la scala delle tariffe reciproche considerate. Dal mese prossimo, la maggior parte dei Paesi potrebbe pertanto venir minacciata con nuovi dazi. È probabile però che vengano stipulati vari accordi per limitare la loro portata e scala complessiva.
Alcuni Paesi sembrano disposti a fare concessioni per evitare le tariffe statunitensi. Ad esempio, l’Unione Europea ha offerto preventivamente di ridurre i dazi sulle auto statunitensi come parte di un accordo che include l’aumento degli acquisti di gas e difesa. Dopo un incontro con il primo ministro indiano, Trump ha dichiarato che i due Paesi cercheranno di ridurre le “tariffe indiane molto elevate” sui beni statunitensi e di concludere accordi per l’acquisto di petrolio, gas e aerei da combattimento statunitensi. Anche il Canada e il Messico hanno dimostrato la volontà di negoziare a seguito delle minacce di tariffe a gennaio.
È così probabile che Trump sia disposto a cercare nuovi accordi, in particolare se le controparti mostrino la volontà di offrire concessioni o se l’attività economica statunitense sia potenzialmente a rischio per mancato accordo. I recenti sviluppi sulla politica commerciale di Trump mostrano come spesso le minacce vengono intensificate solo per essere poi ridimensionate.
Tuttavia, come per la politica interna, sebbene gli impatti diretti possano essere limitati, gli investitori dovranno monitorare il rischio degli effetti indiretti. Minacce ripetute di nuovi dazi contro i principali partner commerciali potrebbero pesare sugli investimenti aziendali e sulle assunzioni, anche se le tariffe non vengono mai imposte.
Politica estera. A gennaio, Trump ha detto alla Russia di porre fine all’invasione dell’Ucraina o di affrontare sanzioni. “Possiamo farlo nel modo facile o nel modo difficile,” ha scritto. Durante la campagna elettorale, ha anche promesso di porre fine alla guerra in un giorno. Ciò non si è rivelato possibile, e le azioni di Trump hanno da allora incluso l’apertura di negoziati diretti con la Russia e l’accusa all’Ucraina di aver iniziato la guerra.
L’acceso incontro alla Casa Bianca di fine febbraio tra i Presidenti Trump e Zelensky ha complicato le prospettive di un accordo sui minerali e di un futuro supporto militare americano all’Ucraina. Rimane comunque prematuro escludere un ruolo di primo piano degli Stati Uniti nei potenziali colloqui di cessate il fuoco tra Russia e Ucraina.
Ottenere concessioni finanziarie dall’Ucraina (o dall’Europa) in cambio del sostegno degli Stati Uniti dovrebbe permettere a Trump di affermare che gli Stati Uniti non sono più ‘sfruttati’. Questa dovrebbe essere la preferenza di Trump piuttosto che ritirare completamente il sostegno all’Ucraina e alla sicurezza dell’intera Europa.
Un accordo di pace tra Ucraina e Russia potrebbe fornire alcuni modesti benefici all’economia europea grazie a prezzi dell’energia più bassi e al miglioramento del sentiment dei consumatori e delle imprese. Ma è anche probabile che comporti costi fiscali. Ad esempio, la spesa per la difesa potrebbe aumentare oltre il requisito precedentemente concordato del 2% del Pil. Portare la spesa per la difesa di 21 Paesi europei ad almeno il 3% richiederebbe entrate governative aggiuntive di un totale di 230 miliardi di euro (rispetto a ulteriori 75 miliardi per raggiungere il livello del 2%).
Per gli investitori, un accordo di cessate il fuoco duraturo potrebbe aiutare le azioni europee. In particolare, le aziende di materiali da costruzione e industriali sarebbero probabilmente tra i beneficiari degli sforzi di ricostruzione. Nei bond, gli spread sovrani dei Paesi maggiormente esposti a un’escalation con la Russia potrebbero vedere un restringimento grazie a un accordo. Un cessate il fuoco potrebbe anche sostenere il sentiment degli investitori verso l’euro. Naturalmente, ottenere l’accordo di Ucraina, Europa e Russia, un prerequisito per un cessate il fuoco, e non sarà affatto semplice. Ciò suggerisce che un’imminente cessazione del conflitto rimane difficile.
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