TM   Aprile 2025

Una sequenza di momenti discreti

Dimenticata dal grande pubblico ma amata dagli intenditori, la complicazione dei secondi morti racconta una storia affascinante di precisione, filosofia e ingegno orologiero. Gli esempi di Rolex Tru-Beat, Grönefeld One Hertz, Richard Lange & Söhne Jumping Seconds e Geophysic “True Second” di Jaeger-Le-Coultre.

di Sergio Galanti

Giornalista

Il ticchettio era sbagliato. Non nel modo in cui un vecchio orologio ansima prima di fermarsi definitivamente, né nel ritmo irregolare di un meccanismo in avaria. No, questo ticchettio era troppo preciso. Troppo misurato. Si muoveva con una premeditazione innaturale, ogni secondo scandito da uno scatto netto e calcolato… tic, tic, tic, come se il tempo stesso esitasse prima di compiere il suo prossimo inevitabile passo.

Per secoli, gli orologiai hanno perfezionato l’illusione della continuità. La leggiadra e ininterrotta corsa della lancetta dei secondi sul quadrante era diventata sinonimo di eccellenza meccanica. Eppure, tra i maestri dell’orologeria esisteva un segreto, un paradosso sepolto negli annali del cronometraggio: la complicazione dei secondi morti.

L’ironia della sua esistenza non sfuggiva a nessuno di coloro che ne comprendevano il funzionamento. Si trattava di un meccanismo di squisita complessità: ingranaggi aggiuntivi, leve delicate, ruote stellari e molle in tensione, che cospiravano tutti per far muovere la lancetta dei secondi con la brusca finalità di un orologio al quarzo. A un occhio inesperto, era indistinguibile dagli impostori digitali a basso costo che avevano invaso il mondo a partire dagli anni Settanta. Ma per coloro che comprendevano veramente il tempo, era un trionfo dell’ingegneria, un esercizio di perfezione meccanica raggiunto attraverso una deliberata moderazione.

Le origini dei secondi morti si possono far risalire ai regolatori di precisione del XVIII secolo, con un contributo fondamentale da parte di George Graham. Intorno al 1715, Graham perfezionò lo scappamento a battuta (o dead-beat), un’innovazione che riduceva significativamente le perturbazioni al pendolo e permetteva una misurazione molto più precisa del tempo. L’Osservatorio Reale di Greenwich adottò questi regolatori astronomici con scappamento a battuta, che producevano un caratteristico ‘tic’ secco a ogni secondo. Re Giorgio III (1738-1820), con il suo vivo interesse per la scienza, sostenne questi progressi nell’orologeria, essenziali per l’astronomia e la navigazione britannica. Quando gli astronomi dovevano registrare il momento esatto in cui un corpo celeste attraversava il mirino del loro telescopio, il ticchettio ‘morto’ di ogni secondo forniva la precisione necessaria. Questo principio di precisione nella misurazione del tempo sarebbe stato successivamente adattato agli orologi da polso per coloro che apprezzavano la vera eccellenza cronometrica.

Questa complessità richiedeva una precisione meticolosa. Un meccanismo di tipo “deadbeat” comprendeva in genere un treno di ingranaggi supplementare, un sistema di leve specializzato, almeno una molla supplementare e una ruota a stella. Questi elementi dovevano essere inseriti all’interno di un movimento orologiero già ristretto, aumentando sia lo spessore che i costi di produzione. L’assemblaggio era arduo e richiedeva la massima abilità artigianale, e solo pochi orologiai erano in grado di metterlo a punto.

Il meccanismo dei secondi morti imponeva un grande dispendio di energia. Il salto istantaneo richiedeva che l’energia potenziale accumulata venisse rilasciata in una frazione di secondo, riducendo le riserve di energia del 20-30% rispetto ai movimenti senza questa complicazione. L’usura aggiuntiva dei componenti, l’aumento delle esigenze di manutenzione e la sollecitazione della molla hanno reso l’affidabilità una sfida continua. Per molti produttori, il costo era superiore alla ricompensa.

Al di là della complessità meccanica, i secondi morti hanno anche un significato filosofico e artistico più profondo. Diversamente dal movimento ondeggiante delle lancette dei secondi tradizionali, che crea l’illusione di un tempo continuo, i secondi morti presentano il tempo come una sequenza di momenti discreti e deliberati. In un certo senso, rispecchiano la percezione umana: la vita viene vissuta un momento alla volta, non come un flusso ininterrotto.

Orologio Rolex Ref. 6556 ‘Tru-Beat’ in oro giallo
Rolex Ref. 6556 ‘Tru-Beat’ in oro giallo 18 carati, 1962 circa: un orologio da polso a carica automatica eccezionalmente raro, con secondi centrali morti e fondello a vite. Questa rara referenza ha raggiunto i 58.000 Chf da Antiquorum nel 2021. Fonte: Antiquorum.

Questo approccio misurato al cronometraggio sfida l’osservatore a considerare il tempo come qualcosa di finito e segmentato piuttosto che fluido e infinito. Il ticchettio dei secondi morti, con i suoi salti precisi e deliberati, serve a ricordare che ogni secondo è un evento a sé stante, un passaggio di tempo marcato e definitivo.

Nel corso della storia dell’orologeria, la precisione è stata sempre un obiettivo principale, e i secondi morti hanno svolto un ruolo silenzioso ma significativo nel conseguimento di tale obiettivo. Nell’epoca d’oro delle gare di cronometria – prove rigorose tenute presso istituzioni come l’Osservatorio di Neuchâtel e l’Osservatorio di Ginevra – gli orologiai cercavano di perfezionare i movimenti meccanici per raggiungere i più alti standard di precisione. Sebbene i secondi morti non fossero la complicazione più comunemente utilizzata in questi concorsi, i suoi principi erano strettamente legati al cronometraggio di precisione. La capacità del meccanismo di dividere il tempo in incrementi esatti e misurabili lo rendeva particolarmente utile negli orologi da osservatorio e nei cronometri marini, dove l’accuratezza di ogni secondo era fondamentale per la navigazione e i calcoli scientifici. Sebbene la tecnologia al quarzo abbia reso obsolete queste competizioni, l’associazione storica tra i secondi morti e la cronometria d’élite rimane una testimonianza della sua importanza tecnica nella ricerca dell’orologio meccanico perfetto.

Il Grönefeld One Hertz Red Gold
Il Grönefeld One Hertz Red Gold presenta il calibro G-02 di manifattura con secondi morti indipendenti azionati da un treno di ingranaggi secondario, doppia molla principale, riserva di carica di 72 ore, ponti in acciaio inossidabile con incisione in rilievo e cassa da 43 mm. Fonte: Grönefeld.

Uno dei casi più curiosi nella storia dei secondi morti è stato il Rolex Tru-Beat, un orologio progettato con un unico scopo: aiutare i medici a contare le pulsazioni dei pazienti. Dal 1954 al 1959, Rolex ha combattuto una battaglia silenziosa contro la propria creatura, inserendo il delicato modulo all’interno dei suoi robusti movimenti. Ma il paradosso si rivelò fatale. La maggiore fragilità del meccanismo si scontrava con la reputazione di durata del marchio e molti di questi orologi vennero in seguito modificati radicalmente, sostituendo i loro cuori pulsanti con i tradizionali secondi a scansione. L’esperimento era finito e Rolex aveva abbandonato la complicazione: uno dei più grandi orologiai della storia aveva ammesso la sconfitta. Un decennio dopo, arrivò la rivoluzione del quarzo. Non sussurrò o entrò in punta di piedi, ma frantumò il vecchio ordine con un rumore assordante. Il mondo non voleva più l’ingegno meccanico. Voleva l’efficienza. E i movimenti al quarzo, alimentati da batterie e cristalli vibranti, imitavano il ticchettio preciso e deliberato dei secondi morti. Era l’insulto definitivo. Quello che un tempo era stato un segno di genialità orologiera era diventato il biglietto da visita di orologi economici e usa e getta. E così, i secondi morti svanirono nell’oscurità, una reliquia dimenticata di un’epoca perduta.

Eppure c’è stato un breve periodo in cui i secondi morti simboleggiavano l’apice della precisione. Tra gli esempi più notevoli c’era il Doxa Challenge Timer, alimentato dal raro movimento Chézard 116. Prodotto tra la fine degli anni ’50 e l’inizio degli anni ’60, questo calibro è stato progettato appositamente per produrre i caratteristici salti di un secondo di una complicazione con secondi morti. A differenza degli orologi meccanici convenzionali, il Chézard 116 era dotato di un ingegnoso sistema a leva e molla che teneva momentaneamente ferma la lancetta dei secondi prima di rilasciarla a intervalli perfetti di un secondo. Gli orologi che utilizzavano questo movimento, adottato anche da marchi di nicchia come Avia e Candino, offrivano sia una funzione di arresto che un funzionamento a carica manuale, enfatizzando la precisione clinica in un periodo in cui regnava ancora la precisione meccanica. Sebbene limitati nel numero e oggi raramente trovabili, questi segnatempo rimangono una testimonianza della ricerca di innovazione cronometrica degli orologiai della metà del secolo, poco prima che l’era del quarzo riscrivesse le regole. Ma il tempo, come sempre, ha un modo di girare su sé stesso.

Nel 2010, i fratelli Grönefeld presentarono One Hertz, un orologio progettato non per scusarsi dei secondi morti, ma per celebrarli. A differenza dei suoi predecessori, One Hertz non sottraeva energia al treno di ingranaggi principale, ma si affidava a un barilotto di molla completamente separato per far battere il suo cuore. Era una rivelazione, una testimonianza di innovazione all’interno della tradizione. Eppure, anche se i critici si sono meravigliati della sua ingegnosità, One Hertz è rimasto un enigma: troppo complesso, troppo di nicchia, troppo una curiosità da intenditori.

Orologio Richard Lange Jumping
Il Richard Lange Jumping Seconds è dotato di un movimento a carica manuale in una cassa da 40 mm. Il design specifico del quadrante del jumping seconds può essere ricondotto ai rinomati orologi da osservazione. Con il grande cerchio dei secondi disposto nella parte superiore, l’enfasi è posta sulla più piccola delle tre unità di tempo. Fonte: A. Lange & Söhne.

La creazione di One Hertz è nata da un momento molto personale della vita di Bart Grönefeld. In un’intervista del 2011, ha rivelato che l’orologio è stato concepito durante una degenza in ospedale, mentre osservava la lancetta dei secondi di un orologio a muro che segnava gli intervalli precisi tra le contrazioni della moglie durante il parto. Quel ticchettio clinico ed esatto – che misurava momenti di dolore e di attesa – lo ha ispirato a rivisitare una complicazione che la maggior parte degli orologiai aveva abbandonato. Ne è nato non un semplice orologio, ma una dichiarazione filosofica su come viviamo il tempo nei suoi momenti più intensi, non come un flusso, ma come istanze distinte e misurate.

Seguono altri. Il Richard Lange & Söhne Jumping Seconds di A. Lange & Söhne, il Geophysic “True Second” di Jaeger-LeCoultre e le creazioni di F.P. Journe hanno dato nuova vita ai secondi morti. Ma la battaglia non era più solo tecnica: era esistenziale. Come vendere un’idea che sembra indistinguibile dalla sua controparte più economica? Come spiegare a un mondo ossessionato dallo spettacolo che le più grandi imprese di ingegneria spesso sembrano le più semplici?

A. Lange & Söhne ha adottato un approccio audace, inserendo la complicazione “deadbeat” all’interno di un meccanismo a forza costante e di una funzione di azzeramento. Il Richard Lange Jumping Seconds, con il suo quadrante ispirato al regolatore, rende omaggio ai cronometri di precisione di un tempo. Tuttavia, nonostante il suo prestigio, è rimasto un pezzo da collezione di nicchia, apprezzato da pochi che ne hanno compreso il significato.

Jaeger-LeCoultre ha tentato una strada più commerciale con il Geophysic “True Second” nel 2015. Il segnatempo è stato progettato per essere indossato tutti i giorni, offrendo una raffinatezza tecnica a un livello relativamente accessibile. L’azienda si è preoccupata di ribattezzare la complicazione con il termine “True Second” (secondi veri) anziché “deadbeat” (secondi morti), sottolineando così il suo patrimonio di precisione. Ma anche questo sforzo ben ponderato non è riuscito a far entrare i secondi morti nel mainstream.

Durante il Sihh 2015, un noto giornalista si avvicinò allo stand di Jaeger-LeCoultre per osservare da vicino il nuovo Geophysic “True Second”. Notando lo scatto netto della lancetta dei secondi, rimase sorpreso: riteneva che un orologio meccanico di alta gamma non dovesse comportarsi come un quarzo. Il nome stesso del modello – “True Second” – sembrava confermare la sua impressione, suggerendogli che quel ticchettio fosse stato finalmente eliminato. Espresse dunque il proprio stupore al direttore tecnico. Questi, secondo quanto riportato, sorrise con pazienza prima di spiegare che il movimento era stato progettato proprio per produrre quel tipo di avanzamento, frutto di tre anni di sviluppo.

Orologio Geophysic “True Second”
Nel 2015, Jaeger-LeCoultre ha lanciato il Geophysic “True Second”, che presenta la rara complicazione dei secondi morti tramite il Calibro 770 automatico con bilanciere Gyrolab. Ispirato al Geophysic del 1958, l’innovativo design del movimento riduce l’attrito dell’aria per una maggiore precisione, rendendolo un punto di riferimento tecnico per gli intenditori di orologi. Fonte: Fondation Haute Horlogerie.

L’ironia non sfuggì agli addetti ai lavori: una complicazione tanto sofisticata da sembrare, paradossalmente, un errore. Per i pochi che l’hanno perseguita, i secondi morti non erano solo una funzione, ma una filosofia. Era un’affermazione del fatto che il tempo non è un flusso regolare e infinito, ma una serie di momenti distinti e deliberati. Ogni ticchettio è una decisione. Ogni secondo una scelta. In un mondo che corre in avanti all’infinito, “deadbeat seconds” ricordava che il tempo poteva essere misurato nella sua forma più pura: un passo alla volta.

E così il paradosso rimane. Un segreto nascosto in bella vista, racchiuso nel ticchettio di un orologio che conosce il proprio destino. Il mondo non chiederà mai a gran voce i secondi morti. Non saranno mai i beniamini della produzione di massa, né il premio dei collezionisti occasionali. Ma per coloro che li cercano, per coloro che ne comprendono il mistero, saranno sempre lì, a segnare il tempo con perfetta e deliberata certezza.

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