Il 15 dicembre dell’anno scorso il nostro Consiglio federale ha reso pubblico il progetto di mandato negoziale che intende applicare nelle trattative con l’Unione europea sottoponendolo sino a questo febbraio a una serie di consultazioni interne prima di emanarlo in via definitiva. Questo mandato non costituisce una semplice autorizzazione a trattare con l’Ue ma contiene in modo dettagliato i punti sui quali si dovrà farlo, punti che in gran parte sembrano però già essere stati definiti nel corso dei “colloqui esplorativi” condotti finora e che con tutta probabilità non saranno oggetto di modifiche. Ed è questo un primo elemento di criticità di questo “mandato negoziale” che di negoziale dovrebbe avere ben poco.
Come noto l’Ue da anni, almeno dal 1992 quando in votazione popolare è naufragata la proposta governativa di aderire allo Spazio comune europeo, non lascia niente di intentato per legare la Svizzera in un modo o nell’altro alle istituzioni europee al fine, in ultima analisi, di pervenire a una sua formale adesione.
Sinora, per contro, i rapporti economici tra le due entità, sono stati regolati mediante accordi bilaterali, a partire dall’Accordo sul libero scambio del 1972, sino agli accordi bilaterali I e II che hanno regolato singole materie nell’ambito del reciproco accesso ai mercati e dell’asilo e della ricerca. Questa cosiddetta “via bilaterale”, che costituisce il metodo usuale per regolare i rapporti tra due entità statali indipendenti, è vista da allora sempre più sfavorevolmente dalla Commissione europea che vuole legare la Svizzera più strettamente alle istituzioni europee obbligandola sia ad adottare automaticamente l’evoluzione futura del diritto europeo che a estendere alla Confederazione regolamentazioni, e quindi obblighi, a cui devono attenersi gli Stati dell’Ue.
L’ultimo tentativo in tal senso è stato il progetto del cosiddetto Accordo quadro naufragato nel 2021 avendo il nostro governo percepito che non sarebbe stato accolto in votazione popolare.
Questo progetto privilegiava un principio e uno strumento che avrebbero indubbiamente ristretto l’autonomia politica della Confederazione: da un lato l’obbligo di adottare automaticamente l’evoluzione del diritto europeo negli ambiti degli accordi bilaterali e, dall’altro, l’adozione delle prese di posizione della Corte Europea chiamata a pronunciarsi in caso di mancato accordo tra le parti nell’ambito del previsto Tribunale arbitrale. Nel caso di non adozione da parte della Confederazione di quanto imposto dalle istituzioni europee, due le conseguenze: sanzioni nei confronti della Svizzera e decadimento degli accordi bilaterali tramite la cosiddetta “clausola ghigliottina”.
Il mandato negoziale attualmente in discussione non prevede più un Accordo quadro ma singoli accordi tra le parti e viene presentato pertanto come un “pacchetto di accordi”.
Se nella forma, dunque, quanto prospettato nel mandato negoziale viene modificato, invece da quello che si può vedere dalle ottanta e più pagine del messaggio del Consiglio federale non vi sono sostanziali modifiche, in quanto nel pacchetto sono presenti le stesse criticità che hanno condotto al naufragio della proposta di Accordo quadro.
In effetti il Consiglio federale si sarebbe già impegnato a riprendere negli accordi bilaterali il nuovo diritto europeo in maniera dinamica, vale a dire automaticamente.
Il Parlamento o il popolo potrebbero opporvisi, in tal caso la Commissione europea verrebbe autorizzata ad adottare adeguate sanzioni contro la Svizzera. È vero che in settori delicati, quali l’immigrazione o la libera circolazione dei cittadini Ue, la Svizzera si riserva di introdurre eccezioni o clausole di protezione, ma l’esito delle trattative su questi punti è completamente aperto.
Anche sull’istituzione di un Tribunale arbitrale e del ruolo assegnato alla Corte europea in caso di disaccordo tra le parti, rispettivamente di richiesta di una presa di posizione vincolante da parte di quest’ultima, anche se qualche distinguo sembrerebbe essere stato introdotto, i giochi sembrerebbero già fatti e il Consiglio federale sembra abbia accolto le pretese della controparte, per il che il giudizio finale spetterebbe all’ultima istanza giudiziaria dell’Ue che difficilmente interpreterebbe il diritto tenendo conto del punto di vista svizzero.
Invece, mentre l’Accordo quadro decaduto prevedeva una “super-ghigliottina” che avrebbe condotto al decadimento di tutti i bilaterali, compreso l’accordo di libero scambio, in caso di disdetta di uno solo, nel nuovo pacchetto ciò non sarebbe più il caso e rimarrebbe la ghigliottina già presente negli attuali Bilaterali I che condurrebbe al decadimento di tutti gli accordi contenuti in questo bilaterale.
Le trattative ufficiali dovrebbero iniziare a mesi e terminare entro quest’anno. Sull’esito delle stesse dovrà pronunciarsi il popolo e non è ancora chiaro se conterà anche il voto dei Cantoni.
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