TM   Febbraio 2024

Su le imposte patrimoniali

Anche gli investimenti esteri pagano dazio. La Legge di Bilancio 2024, recentemente approvata dall’Italia, tassa ulteriormente tali investimenti: aumentano l’Ivie e l’Ivafe. Un’analisi di Andrea Ferraretti, Presidente di Riva Reno Fiduciaria.

Andrea Ferraretti

di Andrea Ferraretti

Presidente e fondatore di Riva Reno Fiduciaria

Gestori patrimoniali e family office che si occupano di clientela italiana, dovranno riconsiderare le modalità di detenzione e/o la giurisdizione degli investimenti finanziari detenuti in giurisdizioni ‘black list’. Dovranno inoltre fare i conti con un aumento dell’imposizione fiscale sugli investimenti immobiliari esteri. La Legge di Bilancio 2024, recentemente approvata dall’Italia, ha infatti puntualmente aumentato le imposte patrimoniali sugli investimenti finanziari ed immobiliari, detenuti all’estero.

La misura introdotta determina:
-L’incremento dallo 0,76 all’1,06% dell’imposta sul Valore degli Immobili detenuti all’estero (Ivie);
– L’incremento dallo 0,2 allo 0,4% dell’Imposta sul Valore delle Attività Finanziarie detenute all’Estero (Ivafe), limitatamente alle detenzioni dirette (senza intervento di una società fiduciaria italiana), nelle giurisdizioni cosiddette ‘black list’ di cui al D. M. 4 maggio 1999.

Più in dettaglio, la prima misura comporta un aumento dell’imposta applicabile alla detenzione di immobili all’estero, allineandola in sostanza all’Imu italiana, mentre la seconda colpisce gli investimenti finanziari detenuti in giurisdizioni non considerate collaborative, dall’Italia. Il soggetto passivo dell’imposta Ivie è il titolare del diritto di proprietà residente in Italia, che liquiderà l’imposta nell’ambito della propria dichiarazione annuale dei redditi.

Normalmente, soprattutto nei casi di detenzione di immobili tramite mandati fiduciari senza intestazione accesi con società fiduciarie italiane, il calcolo dell’imposta Ivie e la verifica della possibilità di compensazione di eventuali imposte pagate all’estero, è svolta da quest’ultima. La seconda misura, invece, colpisce le persone fisiche e soggetti assimilati (trust e società di persone) che detengono investimenti finanziari e gestioni patrimoniali direttamente – senza il tramite di un intermediario italiano, come una società fiduciaria – in giurisdizioni considerate ‘black list’ dall’Italia, secondo la lista di cui al D. M. 4 maggio 1999.

Stabilità politica, efficienza operativa e regolamentazione moderna tipiche di alcune giurisdizioni, devono oggi fare i conti con relazioni politiche – in particolare con i Paesi europei – non sempre facili. Relazioni che si sostanziano, anche, nell’inserimento di tali giurisdizioni nelle ‘black list’, in funzione della loro considerazione quali giurisdizioni ‘non collaborative’ o con condizioni di assenza di reciprocità, soprattutto per quanto concerne l’attività di vigilanza.

In merito, si segnala che, avendo il D. M. 20 luglio 2023 eliminato la Svizzera dalla ‘black list’, ne consegue che il suddetto incremento dell’Ivafe non riguarderà gli investimenti finanziari e le gestioni patrimoniali detenuti in Svizzera. Il ‘nuovo corso’ delle relazioni tra la Svizzera e la vicina Penisola produce quindi risultati positivi tangibili, a beneficio degli investitori e dei propri consulenti.

Invece, altre giurisdizioni quali il Principato di Monaco, il Principato del Liechtenstein, Singapore, Hong Kong e Isole del Canale, ed altre ancora, spesso utilizzate da gestori patrimoniali e family office, per il deposito su banche locali degli investimenti finanziari e delle gestioni patrimoniali, rimangono nella ‘black list’ italiana e sono dunque a tutt’oggi fortemente penalizzate.

Tale evenienza determina – viene qui ribadito – il raddoppio dell’Ivafe a partire dall’anno d’imposta 2024 e rende opportuno, quindi, per evitare l’applicazione di tale incremento, la detenzione degli investimenti finanziari e delle gestioni patrimoniali, tramite una società fiduciaria italiana, oppure alternativamente il cambio di giurisdizione. Decisione non facile la seconda, essendo la diversificazione delle giurisdizioni – in una tipica allocazione di portafoglio – una delle variabili fondamentali che i family office e i gestori patrimoniali devono prendere in considerazione.

In aggiunta, devono essere tenuti in debito conto anche altri elementi, quali, ad esempio, le relazioni storiche e consolidate con gli operatori locali, la vicinanza ai mercati di sbocco o approvvigionamento nell’ambito delle attività imprenditoriali degli investitori od anche la reperibilità ‘in loco’ di specifiche asset class o investimenti.

Stabilità politica, efficienza operativa e regolamentazione moderna tipiche di alcune giurisdizioni, devono oggi fare i conti con relazioni politiche – in particolare con i Paesi europei – non sempre facili. Relazioni che si sostanziano, anche, nell’inserimento di tali giurisdizioni nelle ‘black list’, in funzione della loro considerazione quali giurisdizioni ‘non collaborative’ o con condizioni di assenza di reciprocità, soprattutto per quanto concerne l’attività di vigilanza.

Questo probabilmente stride con il fatto che questi Paesi hanno ormai da tempo intrapreso la strada della trasparenza, diventando – ad esempio – giurisdizioni ‘partecipanti’ a sistemi automatici di scambio di informazioni, quali il Common Reporting Standard (Crs).

Ma oggi la collaborazione ai soli fini fiscali non è più sufficiente. In un mondo che galoppa verso un’integrazione finanziaria sempre più corposa, le scelte fatte a livello politico dalla Svizzera anni fa, stanno dando oggi – e senza dubbio – frutti tangibili.

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