In molti casi la motivazione è tutto, può risolvere problemi altrimenti insormontabili, sbloccare stalli inaggirabili, ridare quella grinta per tornare a fare molto, e farlo bene, chiudendo quello che sino a quel momento era stato un capitolo unico e fondamentale all’interno di una storia già scritta, che invece per una serie di alterne vicende, fortunate o sfortunate a dipendenza dei casi, ha cambiato sorprendentemente corso. Ma cosa contraddistingue un nuovo capitolo? Cosa lo connatura in quanto tale?
«Nasco come imprenditore farmaceutico in Helsinn, fondata da mio padre nel 1976, e che ormai un ventennio fa ho voluto rifocalizzare sul mondo dell’oncologia. Oltre a essere un mercato interessante e molto promettente, in quel periodo era appena mancato un caro amico di mieloma multiplo, a distanza di pochi anni anche mia madre di tumore, e più di recente a mia volta mi ammalai di una grave forma di leucemia acuta, poi curata dagli ultimi ritrovati della ricerca. Negli ultimi vent’anni il mio focus è dunque stato investire in ricerca di punta, principalmente nella gestione degli effetti collaterali secondari della chemioterapia, avendo conosciuto in prima persona cosa voglia davvero dire essere malati di cancro, da qui l’idea nel 2016 di lanciare un fondo d’investimento dedicato» esordisce così Riccardo Braglia, General Partner di 3B Future Health Fund, ed Executive Chairman del Gruppo Helsinn.
Nonostante un track record significativo nel settore sul fronte più imprenditoriale, è pur vero che questi 35 anni di esperienza non fossero immediatamente spendibili in un fondo d’investimento. Ma è davvero così? «Considerati i rischi che già solitamente presenta un fondo di Venture Capital, specie se concentrato in Start up BioTech o biotecnologie farmaceutiche, l’unico a essere investito nel primo fondo ero io per 60 milioni di franchi, miei e del mio Family Office. Il fondo era focalizzato in oncologia e malattie rare, e in Start up europee o americane, e nonostante sia ancora attivo con 10 Start up investite, e cinque già cedute, ha regalato a me e all’intero team enormi soddisfazioni. Oltre a un ritorno di 2,6 volte del capitale investito su investimenti realizzati e un Irr del 52% sugli investimenti, il dividendo più prezioso è stato quello che definisco ‘etico’. Nei suoi sei anni di attività le aziende nelle quali abbiamo investito hanno garantito cure a oltre un migliaio di pazienti, e abbiamo portato sul mercato farmaci di cui beneficiano oggi persone che altrimenti non avrebbero alternative», prosegue il Partner.
La vera domanda dovrebbe però essere quanto siano stati sorprendenti tali risultati per essere la prima esperienza nell’industria finanziaria, o se tutto sommato fossero prevedibili? «Il fondo presentava all’epoca tre General Partner, Francesco Granata e Roberto De Ponti, oltre a me, a cui ne abbiamo aggiunto un altro di recente, e oggi può contare su un team di 12 persone. Eccetto il Cfo e di qualche altra rara eccezione si tratta non solo di miei contatti personali, ma anche di profili tecnici e specializzati che lavoravano già nel settore, e che in molti casi siedono tutt’ora nei board o continuano a lavorare per altri giganti dell’industria, in Europa e Nord America, sia dal lato della ricerca e della consulenza, sia nella commercializzazione dei prodotti. Sin dal principio è stata questa la nostra grande forza, la conoscenza profonda del settore e delle logiche che lo animano», rileva Braglia.
Un forte know how del Pharma, seppur insieme a una ridotta esperienza finanziaria, ha consentito dal principio un approccio alla materia diverso dalla norma, andandola a più che compensare. «Le nostre competenze ci consentono di diversificare meglio il rischio sia in termini di sviluppo dei progetti delle aziende nelle quali investiamo, sia per la natura delle tecnologie di cui si occupano. Siamo investitori attivi e presenti, possiamo dunque spingere ad andare in una certa direzione, fornendo tutto il supporto necessario, sia in ambito prodotto, sia nella selezione del management, persone che possano sostenere l’espansione, come già accaduto. Formiamo però anche sindacati con altri fondi o investitori con cui siamo co-investiti, e insieme abbiamo il controllo in termini di capitale, nonostante il nostro sia un fondo molto piccolo ci viene spesso concesso un ruolo, anche dai più grandi, in quanto il nostro expertise è riconosciuto e molto apprezzato», nota il Partner.
Avendo raggiunto dunque la fase della maturità, a distanza di qualche anno dal suo lancio, e avendo anche già iniziato a smobilitare le posizioni, ecco giungere il tempo di un nuovo inizio. «Stiamo attualmente lavorando al fondo II, i cui primi 30 milioni di capitale sono stati reinvestiti quali proventi dal fondo I, e siamo attivi nella raccolta di ulteriori fondi tramite investitori istituzionali, professionali e Family Office, i quali hanno già investito altri 30 milioni; la sfida ora è arrivare al traguardo dei 100», riflette Braglia.
È dunque tempo di passare a una fase successiva, rivolgendosi anche a un nuovo target di pubblico. «La nostra è una filosofia semplice fondata sul dialogo e sulla condivisione delle informazioni, che prevede anche ulteriori forme di co-investimento, nella convinzione che non si tratti di un mero investimento finanziario. In ciò che facciamo esiste una forte componente etica, che è tra le principali motivazioni per le quali ho deciso di approcciarmi al progetto», evidenzia Francesco Giavatto, Cfo e General Partner di 3B Future Health Fund II.
Si tratta dunque a tutti gli effetti di un fondo particolare, in cui a prevalere sono logiche da esperti del Pharma, che non dell’industria finanziaria, e che in quanto tali ne assicurano un certo successo. «Procedendo per gradi qualora vi fosse forte interesse sul mercato sarebbe più plausibile valutare il lancio di un fondo III, ad esempio ampliato anche al sistema nervoso centrale, che non lasciar crescere troppo l’attuale», nota il Partner.
Analogie e differenze rispetto all’industria non si fermano però qui, anzi. «Al momento il fondo II ha raccolto 60 milioni, dei quali ne sono già stati investiti oltre 30, tenendo da parte le risorse necessarie ai follow on delle aziende, e pur non avendo ancora completato il processo d’investimento. Nel nostro caso quello che chiediamo agli investitori è l’impegno a versare la quota sottoscritta quando richiesto, ossia in concomitanza di un investimento. Il fondo non detiene liquidità, e a disinvestimento avvenuto provvede immediatamente alla restituzione del capitale. Ha un orizzonte temporale di 10 anni, dunque entro i primi quattro dovrà essere completamente investito, per poi passare alla fase di stabilità», rileva il Cfo.
Anche in questo caso, però, negli ultimi anni qualcosa è cambiato sia a livello di industria, sia di finanza. «Sino al primo semestre del 2021 il mercato era estremamente liquido, le risorse abbondavano e anche i fondi ne erano ben provvisti. Non c’erano problemi di finanziamento, e questo teneva le valutazioni delle aziende molto alte. È da un paio di anni che qualcosa è cambiato, c’è meno liquidità disponibile, le valutazioni si sono abbassate, e anche da parte delle multinazionali nel procedere a nuove acquisizioni c’è molta più accortezza. I tempi dell’investimento si stanno dunque allungando, le Start up devono dimostrare sul campo risultati più completi, portando la fase di sviluppo avanti di qualche anno, il che pone nuove sfide ai fondi, ma anche nuove opportunità, incrementando proporzionalmente il valore delle exit», evidenzia Braglia.
Dunque mera cosmesi, o qualcosa a un livello più profondo? «All’atto pratico non è cambiato nulla, è un mercato che non si può fermare, e una ricerca indispensabile per la vita di troppe persone. Gli altissimi costi della ricerca spingono però le multinazionali ad aspettare, ‘esternalizzandone’ una parte, accettando quindi un aumento del prezzo delle potenziali acquisizioni, con oncologia e malattie rare quali sorvegliati speciali. È però opportuno ricordare che il fondo ha una componente etica molto forte, trattasi del resto del desiderio di un imprenditore nato nel Pharma di dare il suo contributo alla società», mette in evidenza Giavatto.
Se dunque la motivazione è tutto, e consente di raggiungere risultati significativi, allora si è infine trovata la quadratura del cerchio. «Nell’iniziare questa avventura c’è stata sicuramente una forte componente emotiva, che nel corso degli anni si è evoluta. Aiutiamo a guarire le persone, mettendo a frutto esperienze pregresse. Dopo 30 anni in un’azienda in cui mercati, prodotti e tecnologie erano sempre le stesse, ho riscoperto la ricerca iniziale, pur applicata ad ambiti non troppo distanti; si tratta quindi ogni volta di analizzare le tecnologie in dettaglio e verificare l’applicabilità dei progetti, cercare nuovi specialisti, e dare un contributo al loro sviluppo futuro. In conclusione, il nostro fondo si distingue grazie al team di esperti nella farmaceutica, al grande network nel settore e ai risultati significativi conseguiti», conclude Riccardo Braglia.
La prova provata che in determinati ambiti, e anche nei più improbabili, a patto di saperla individuare ed essersi sufficientemente attrezzati, una via alternativa possa essere sempre percorsa?
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