
Nel cortile che gli è intitolato, è lo stesso Giacometti ad aver scelto la posizione di ogni sua scultura: ben due versioni de L’Homme qui marche e della Femme debout, la serie completa di Femme de Venise e la Grande tête de Diego. Una linea bianca è il pittorico filo d’Arianna per non smarrirsi nel Labirinto disegnato e popolato da Miró con venti oniriche creature della sua mitologia. Nel giardino delle sculture, all’ombra dei grandi pini marittimi, opere di Jean Arp, Alexander Calder, Eduardo Chillida, Erik Dietman, Barbara Hepworth, … I pesci di Georges Braque nuotano sul fondo della grande vasca esterna e la sua mano si ritrova nel bianco uccello della vetrata della Cappella dedicata a San Bernardo, con la via Crucis in ardesia scolpita Raoul Ubac.
No, non è un luogo utopico ma ha un indirizzo preciso: Fondation Maeght, 623 Chemin des Gardettes, Saint-Paul de Vence. Non nella Parigi epicentro delle avanguardie novecentesche, ma in Costa Azzurra attorno a una coppia di visionari galleristi ed editori, Marguerite e Aimé Maeght, è nata, sessant’anni fa, la Fondazione che ne porta il cognome. Al vernissage, il 28 luglio 1964, presente una folta schiera di artisti, il discorso del Ministro della cultura André Malraux fece storia.
«All’epoca in Francia non esistevano musei d’arte contemporanea. Il Pompidou, il Fracs e il Palais de Tokyo sono arrivati dopo. Con la loro galleria, Aimé (1906-1981) e Marguerite (1909-1977) Maeght rappresentavano i più grandi artisti del loro tempo, che erano anche diventati parte integrante della loro famiglia. Quando, nel 1953, una leucemia si portò via, a soli undici anni il loro secondo genito, Bernard, si strinsero intorno alla coppia. Furono Braque e Léger a dare lo spunto decisivo, suggerendo che per superare il dolore della perdita occorreva “intraprendere qualcosa di molto più grande di sé”. Così si fece strada l’ambizione di creare non un museo, statico e inerte, ma un luogo in cui gli artisti potessero vivere, includendo arte, natura e architettura in un unico insieme», sottolinea Nicolas Gitton, Direttore della Fondation Maeght.
Già avvezzi a pensare fuori dagli schemi – ad esempio, era stata la loro galleria parigina a ospitare la leggendaria Prima Mostra Internazionale del Surrealismo del 1947, organizzata da André Breton e Marcel Duchamp – Aimé e Marguerite decisero di sfruttare i terreni che avevano acquistato nell’entroterra di Nizza per costruire quella che è diventata la prima fondazione privata dedicata all’arte contemporanea in Francia, sul modello delle collezioni Barnes, Philips e Solomon R. Guggenheim che avevano scoperto durante un viaggio programmatico negli Stati Uniti. A presiederla oggi è ancora il loro primogenito, Adrien, 94 anni.

Un luogo, e un progetto, fondato sull’amicizia e sulla condivisione. Pensato per e con gli artisti: disseminate tra muri e giardini, patii e terrazze, sale e nicchie, le loro opere si inseriscono nel progetto di Josep Lluís Sert. Con il suo spirito umanista e modernista, l’architetto catalano (suggerito da Mirò, suo amico di infanzia, per cui aveva realizzato l’atelier a Palma de Maiorca), ha saputo reinterpretare i codici del villaggio mediterraneo, combinando la geometria con la razionalità funzionale e la pulizia di forme e volumi, la semplicità dei materiali – mattoni, terracotta, cemento e pietra – e il calore della luce naturale indiretta, senza soluzione di continuità fra esterni e interni, natura e arte. Pura armonia, per gli occhi e l’anima.
Stagione dopo stagione, la Fondation Maeght ha ospitato una gamma eclettica di eventi, dai piû svariati concerti alle sfilate di moda, ma soprattutto oltre 150 esposizioni, fra cui mostre memorabili come L’art vivant aux États-Unisnel 1970, Le musée imaginaire de Malraux nel 1973, un tour de force impossibile da riprodurre oggi, e grandi monografie come quelle su Chagall (1967), Calder (1969) e Braque (1980), confronti inediti come quello fra Bacon e Freud nel 1992, mostre tematiche come Il nudo nel XX secolo nel 2000 o La Russia nelle Avanguardie nel 2004, o più recentemente La famiglia Giacometti (2021) e, quest’estate, Amitiés: Matisse-Bonnard, due maestri che, se fra loro condividevano la fascinazione per il colore, intrecciarono intimamente i rispettivi percorsi con quelli dei Maeght, decisivi nello sviluppo della loro attività di galleristi. Una mostra, quest’ultima, inaugurata proprio in occasione dei 60 anni della Fondazione, insieme alla sua nuova estensione.


Joan Miró, Charles Marq, vetrata, 1979, vetro © Successió Miró / ADAGP, Paris, 2024

Immaginare un ampliamento per l’architettura iconica di Josep Lluís Sert presentava il rischio di intaccare lo spirito del luogo, nonché la sua struttura, insignita dal Ministero della cultura del marchio “Architecture contemporaine remarquable”. «L’edificio di Sert è un capolavoro di armonia e proporzioni che era fondamentale non alterare, come occorreva evitare di proporre un pastiche del suo stile. L’obiettivo era di creare un ampliamento decisamente contemporaneo, pur rispettando l’architettura originale. Con la sua proposta di sottrazione piuttosto che di aggiunta, Silvio d’Ascia ha risolto brillantemente la quadratura del cerchio. Il suo progetto è allo stesso tempo ambizioso e discreto, rispettoso ma impregnato di una chiara identità. Ha la forza dell’evidenza», sottolinea Nicolas Gitton.
Il progetto dell’architetto di origini italiane, che ha il suo studio a Parigi, ha permesso di aumentare del 65% la superficie espositiva. Un intervento quasi invisibile a prima vista: i due nuovi volumi principali sono infatti stati ricavati nello spessore della base calcarea dell’edificio, estraendo quasi 4mila mq di terreno. Sotto la Cour Giacometti, trova spazio la Salle Nicole Dassault, 390 mq, intitolata alla moglie del politico e industriale Serge, scomparsa nel 2019. Proprio la famiglia Dessault, che da anni sostiene i Maeght, ha finanziato con 1 milione di euro il progetto (un quinto del costo totale), mentre Stato, Regione e Dipartimento hanno contribuito con mezzo milione ciascuno. Sotto la Cour Miró si trova poi una seconda sala più piccola, collegata alla prima da una galleria. L’osmosi con l’esterno è garantita dalle grandi finestre che affacciano sul giardino.
In particolare i nuovi spazi andranno a vantaggio della collezione permanente che, dal nucleo originario di un centinaio di opere, si è sviluppata fino a contarne 13mila, il che ne fa una delle più importanti collezioni di arte moderna e contemporanea in Europa. «Comprende grandi nomi come Miró, Braque, Chagall, Giacometti e Calder, ma anche artisti meno noti come Ubac, Dodeigne, Fiedler e Palazuelo. Inoltre sono presenti anche grandi gruppi di stampe e libri d’artista, le passioni di Aimé, che di formazione era litografo», illustra il direttore. «Non avendo spazio a sufficienza per mostrare la Collezione, la Fondazione si è da sempre distinta per una politica di prestito molto attiva, partendo dal principio che un’opera sia fatta per essere vista, se lo stato di conservazione lo consente. Oggi, benché rimanga vasta, questo è un po’ meno necessario. Infatti grazie agli spazi aggiuntivi, potremo affiancare un’esposizione permanente alla mostra temporanea. Molti visitatori che arrivavano alla Fondazione per la prima volta, erano delusi di non poterne vedere le opere, soprattutto se la mostra in corso non era nelle loro corde. Per questo motivo, in passato ci siamo astenuti dall’allestire mostre troppo spiazzanti per un pubblico generalista. Avendo la fortuna di essere uno dei luoghi imperdibili della Costa Azzurra, abbiamo infatti un pubblico molto ampio. Per molti visitatori, la Fondation Maeght rimane uno dei primi incontri con l’arte moderna e contemporanea, in un contesto meno intimidatorio di quello del museo tradizionale. Ora che la Collezione permanente ha un proprio spazio, potremo osare di più anche nella programmazione», conclude il direttore della Fondation Maeght.

Quest’anno speciale si appresta a concludersi con circa 180mila visitatori: il 60% stranieri, soprattutto europei, ma con una percentuale crescente di asiatici e americani. L’estensione permette al contempo di esporre la collezione di libri e di moltiplicare le attività complementari, come concerti, conferenze, giornate di studio e spettacoli, nell’ottica di perpetuare lo spirito d’avanguardia che ha portato alla sua creazione.

Proprio in questi mesi, l’arte contemporanea è al centro dell’attenzione con la mostra dedicata, fino al prossimo 9 febbraio, all’artista coreana Minjung Kim. Le sue opere poetiche e minimaliste, in equilibrio fra tradizione e modernità, trovano qui una perfetta collocazione. Qui, dove in tutta la sua forza si dispiega il genius loci che ha ispirato la mano dei tanti che hanno contribuito a fare della Fondation Maeght l’espressione di una fra le più felici stagioni creative. Un luogo di libertà e scambio, per amore dell’arte e degli artisti. Sul muro esterno della biblioteca, Aimé e Marguerite ancora accolgono simbolicamente i visitatori, eternati dal mosaico che Chagall dedicò ai due padroni di casa. Non poteva che intitolarsi Les Amoureux.
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