Idealmente, la progettazione architettonica dovrebbe realizzare un’armonia tra l’uomo e la natura, creare un nuovo sistema in equilibrio tra ambiente costruito e ambiente naturale attraverso l’integrazione dei vari elementi artificiali (edifici, arredi) nel contesto in cui essi si collocano. Sotto il profilo progettuale, l’indagine sulla relazione tra individuo e spazio architettonico e tra questo e la natura, è stata condotta e presa in considerazione con modalità e risultati diversi nel corso del tempo. Questa spinta aveva portato Frank Lloyd Wright a parlare di architettura ‘organica’, di cui il celebre architetto è ancora oggi considerato il ‘padre’, in quanto fautore di una progettualità incentrata su edifici in armonia con il contesto circostante, come testimonia la sua famosa casa sulla cascata. Un’armonia derivante dalla fusione di elementi differenti, a partire da forme e volumi, che dovrebbero adattarsi e tenere conto delle necessità e delle opportunità della natura ospitante: luce, suoni, territorio, temperature, innanzitutto.
Un’ispirazione analoga ha dato vita all’architettura ‘vernacolare’ promossa da Bernard Rudofsky, venuta alla ribalta, nel 1964, con la celebre mostra Architettura senza architetti, al MoMa di New York. I prodotti dell’architettura vernacolare sono costruiti secondo le condizioni climatiche del luogo, con materiali disponibili sul posto, le tecniche tradizionali e in totale equilibrio con l’habitat. Se ne parla con riferimento ad un’ampia gamma di strutture insediative, fabbricate per soddisfare esigenze specifiche, valori, economie e modi di vivere tipici delle culture che le realizzano. Strutture che testimoniano la vita sociale e culturale passata e presente di un determinato luogo. In sostanza, un’architettura in cui convergono antropologia, storia e geografia.

«L’architettura ha un legame forte con la natura, la cultura e la storia di uno specifico luogo», esordisce Peter Pichler, fondatore dell’omonimo studio di architettura. «La ricerca è la premessa di ogni nuovo lavoro al quale, come studio, ci dedichiamo. Con un interesse particolare per l’architettura vernacolare, spesso punto di partenza per una progettualità basata su materiali ed elementi che, combinati con la tecnologia, possono esprimere un’interpretazione contemporanea, anche radicale, del passato», prosegue l’architetto che, dopo gli studi a Vienna e negli Usa, ha collaborato con rinomati studi come Zaha Hadid Architects a Londra, Delugan Meissl a Vienna e Oma / Rem Koolhaas a Rotterdam. «Proprio l’architettura vernacolare offre spunti per affrontare tematiche oggi di grande attualità, dal risparmio energetico al mantenimento degli ecosistemi e degli equilibri del paesaggio», nota il progettista, per il quale «Comprendere la tradizione è la chiave per un’evoluzione sostanziale. Per questo in ogni nostro progetto incorporiamo una stretta familiarità con la cultura locale e il rispetto per l’ambiente naturale», aggiunge Peter Pichler, che di questi temi ha parlato a Lugano, il 12 ottobre, come relatore, nell’ambito dell’evento LuganoLifestyle.
L’architettura ‘naturale’ si basa sull’idea che esseri umani e natura non siano entità separate, ma piuttosto un sistema interconnesso. Al suo nucleo, questo approccio si preoccupa della sostenibilità e dell’uso di materiali ecologici, privilegiando l’utilizzo di quelli di origine locale e rinnovabili, e incorporando sistemi energetici efficienti e strategie di design passivo per ridurre il consumo energetico dell’edificio e la sua impronta di carbonio.
«Non solo le modalità di progettazione e di costruzione affondano le proprie radici in tecniche del passato, reinterpretandole in chiave contemporanea, ma i nostri progetti includono anche l’uso di materiali del passato a cui viene data una nuova espressione. In tal modo si può rispondere alle esigenze specifiche di ogni committente, esplorando di volta in volta la versatilità espressiva di tali materiali. Tutto è sempre diverso: ogni progetto del resto, come ogni storia, è unico», aggiunge l’architetto che ha fondato lo studio Peter Pichler Architecture, a Milano nel 2015, con la moglie Silvana Ordinas.
Fin dalle esperienze primordiali, si costruiscono strutture utilizzando materiali locali e adattando i progetti al clima e al terreno circostante. In regioni calde e aride, con materiali che aiutano a regolare la temperatura interna assorbendo e rilasciando calore. Oppure, nelle regioni soggette a terremoti, con materiali flessibili in grado di resistere alle scosse. C’è un sapere che arriva da un tempo remoto.
La relazione tra architettura e natura non è certo una novità: «Fin dalle esperienze primordiali, si costruiscono strutture utilizzando materiali locali e adattando i progetti al clima e al terreno circostante. In regioni calde e aride, con materiali che aiutano a regolare la temperatura interna assorbendo e rilasciando calore. Oppure, nelle regioni soggette a terremoti, con materiali flessibili in grado di resistere alle scosse. C’è un sapere che arriva da un tempo remoto». Ai nostri giorni, l’architettura naturale ha guadagnato nuova attenzione con lo sviluppo del movimento ambientalista e la crescente preoccupazione per il cambiamento climatico. Architetti e designer hanno iniziato a sperimentare nuovi materiali e tecnologie per rendere gli edifici più sostenibili ed efficienti dal punto di vista energetico, non solo funzionali ed esteticamente piacevoli. Uno dei princìpi chiave di questo modo di fare architettura è la biomimetica, che comporta l’ispirazione dal mondo naturale e l’applicazione dei suoi principi al design. La struttura di una foglia per esempio può suggerire la forma di un edificio.
Tra gli altri aspetti salienti dell’architettura naturale, c’è lo sfruttamento della luminosità come pure della ventilazione naturali, per ottenere luce e raffrescamento senza uso di tecnologie. Incorporare grandi finestre, lucernari e altre formule e caratteristiche che consentono alla luce naturale di entrare nell’edificio e all’aria fresca di circolare non solo riduce il consumo di energia, ma crea anche un ambiente interno più sano e confortevole. Questa architettura in sintonia con la natura, che punta a creare edifici in armonia con il paesaggio, si basa pertanto sulla sostenibilità, sull’uso di materiali rinnovabili e sull’incorporazione di sistemi di efficientamento energetico. Mentre il mondo affronta sfide ambientali, non è dunque difficile immaginare che l’architettura naturale diventi ancora più importante nella definizione non solo dei singoli edifici ma in generale delle città del futuro.
«Gli stessi concetti utilizzabili nella progettazione di una singola struttura, valgono su una scala ben più ampia, fino a interessare il disegno urbano nel suo complesso», nota l’architetto. L’antropizzazione del territorio, ovvero il nostro modo di edificare e trasformare i contesti naturali, i modi in cui produciamo e usiamo beni o servizi così come i nostri stili di vita – e per ‘nostri’ si intendono soprattutto quelli delle società occidentali e orientali fortemente sviluppate e di quanto queste hanno esportato nei paesi del Terzo Mondo – è divenuta impattante sugli ecosistemi locali e planetari, rappresentando un problema per il pianeta, le persone e molte specie animali e vegetali. Una situazione che sollecita gli urbanisti ad affrontare una nuova sfida: ridurre l’impronta ecologica delle attività umane sul pianeta rimodellando lo spazio insediativo, e utilizzare attivamente le capacità e la sensibilità collettiva nei confronti dell’ambiente, re-immaginando le funzioni urbane, le forme degli insediamenti e le loro relazioni con i contesti paesaggistici e naturali.
Ma, quali forme di urbanità devono o possono assumere i contesti edificati per affrontare e rispondere efficacemente agli effetti della crisi ambientale? Non si tratta tanto del progetto di nuove e più potenti strutture volte a contrastare o ad arginare gli effetti dei cambiamenti climatici – come tante del resto ne sono state realizzate durante il secolo scorso per proteggere le coste marine e fluviali e per rafforzare gli argini di fiumi e torrenti. Piuttosto, si tratta di prediligere strategie e tecniche che sappiano accogliere l’imprevisto climatico, prevedendone nel modo più naturale possibile la soluzione o almeno la gestione. «Che, al contempo vadano nella direzione di ricostruire relazioni più equilibrate tra Uomo (il singolo, la società, gli edifici) e Natura», conclude Peter Pichler.
Con un approccio contemporaneo, l’architetto parte dalla tradizione per rivisitarla e, in tal modo, anticipare il futuro. Pluripremiato, Peter Pichler è vincitore anche del premio “40 under 40” tra i migliori giovani architetti e designer emergenti in Europa, selezionato dal Chicago Athenaeum Museum of Architecture e dal Centro Europeo per l’Architettura, l’Arte, il Design e gli Studi Urbani. Una visione, la sua, che non passa inosservata!
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