Il 2025 segnerà il terzo anno consecutivo di aumenti significativi dei premi di cassa malati in Ticino, con un rincaro del 10,5%, dopo quelli nel 2024 (+10,5%) e nel 2023 (+9,2%). Un colpo durissimo per i cittadini del nostro cantone, tra i Cantoni più penalizzati. Come già evidenziato negli anni passati, il nostro sistema è vicino al collasso. Senza interventi strutturali urgenti, la situazione non farà che peggiorare. Saremo l’unica regione con un rincaro a due cifre, mentre la media nazionale si attesta al 6%, con una riduzione significativa rispetto all’anno precedente.
Puntualmente la Confederazione invita a cambiare assicuratore per risparmiare, ma gli assicuratori che perdono clienti aumentano i premi l’anno dopo, caricando il peso nuovamente sugli assicurati. Il problema viene dunque semplicemente rinviato, creando oltretutto un’enorme burocrazia! Il considerevole divario tra i premi proposti dai vari assicuratori, che può arrivare a 1.380 franchi l’anno, dimostra che esistono margini di risparmio, ma solo a scapito di un sistema che non affronta le cause strutturali del problema. Un sistema ben oltre il capolinea.
Lo scarto tra il Ticino e il resto della Svizzera è riconducibile a vari fattori. La diversa struttura demografica e la maggior densità di fornitori di prestazioni (cioè di offerte di cura) si traduce in un consumo superiore di trattamenti, soprattutto in età avanzata. Abbiamo quindi un sistema con diversi attori in gioco, senza alcun incentivo alla riduzione della spesa. Peggio: il sistema genera un ricorso continuo alle prestazioni, considerato che una volta raggiunta la franchigia non vi è più nessuna ‘diga’ che contiene l’accesso alle cure. È quindi necessaria la responsabilizzazione di tutti, pazienti, medici e operatori sanitari inclusi, per contribuire a frenare la spirale di costi. La crescita dei premi non è sostenibile e richiede un impegno condiviso da tutte le parti in causa.
A livello cantonale, abbiamo fatto la nostra parte: limitando le nuove autorizzazioni in 11 specialità mediche, introducendo la moratoria per gli infermieri indipendenti e le organizzazioni di cure a domicilio, e riducendo il valore del punto Tarmed per i medici (decisione impugnata dalla categoria e ancora sospesa in attesa del Tribunale amministrativo federale). Abbiamo inoltre investito nel rafforzamento del ruolo del medico di famiglia: da alcuni anni contribuiamo finanziariamente al progetto di formazione dei medici assistenti negli ambulatori privati, e più di recente abbiamo sostenuto la realizzazione dell’Istituto di medicina di famiglia all’Usi e del Servizio di medicina di famiglia all’Ospedale Italiano, voluto per servire meglio la popolazione.
In ambito stazionario, i costi sono sotto controllo, merito della negoziazione dei volumi di attività e del relativo finanziamento tramite ‘budget globale’. Lo strumento della pianificazione ospedaliera, in fase di aggiornamento, può fare il resto. Il problema, però, non è da cercare qui: la spesa in questo settore cresce in media del 2% l’anno, un trend del tutto giustificato, sostenibile e sotto controllo.
Fra i costi che invece esplodono, quello dei medicamenti, di esclusiva competenza federale. Il settore si distingue per la marcata disparità di costo rispetto all’estero, farmaci innovativi estremamente costosi e una preoccupante mancanza di trasparenza nella formazione dei prezzi. È fondamentale che l’intervento e la vigilanza in questo ambito vengano rafforzati, anche in termini di lotta agli sprechi. Gli assicuratori malattia devono assumere un ruolo più attivo nel monitorare e prevenire utilizzi inefficaci o eccessivi. Un esempio è il progetto pilota promosso dal Canton Ticino per la dispensazione su misura degli antibiotici che, visto il successo, è stato esteso a livello nazionale. Iniziative come questa dimostrano che un approccio più mirato e razionale può contribuire a contenere i costi senza compromettere qualità e disponibilità delle cure. In questo senso, occorre contrastare la medicina inutile, quella ‘di troppo’: nella sanità l’offerta genera la domanda, ma spesso fare di più non significa fare meglio!
In conclusione, se non verranno attuate riforme strutturali, il sistema sanitario svizzero rischia seriamente di collassare. È urgente che Berna assuma un ruolo più attivo e responsabile per affrontare la crisi dei costi della salute: prioritario è rendere il sistema più trasparente, intervenire sui prezzi dei medicamenti, arginare il ricorso troppo frequente alle prestazioni, rivedere il meccanismo di remunerazione (oggi retto da falsi incentivi) e correggere il sistema ‘tarandolo’ anche sui fattori sociodemografici.
Il Cantone continuerà a fare la sua parte, ma non possiamo ignorare che una risposta efficace e duratura deve venire dal livello federale. Senza un cambiamento reale, gli aumenti annuali dei premi diventeranno insostenibili, danneggiando irreversibilmente la qualità della vita dei nostri cittadini e la sostenibilità del sistema sanitario nel suo complesso.
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