Individuare modi nuovi di raccontare la storia della lingua italiana, rivolgendosi a un pubblico più ampio possibile. Una sfida alla quale risponde il Multi – Museo multimediale della lingua italiana, un’esperienza totalmente digitale e autonoma, seppur inserita nel più ampio progetto che vedrà la nascita del museo Mundi, a Firenze, nella primavera del 2024. Specializzato in Exhibition e Interaction Design, lo studio milanese Dotdotdot ha messo a disposizione le sue competenze sia dal punto di vista dell’esperienza dell’utente (museografia e narrazione spazi museali), sia della progettazione digitale. Il suo co-fondatore Alessandro Masserdotti – laureato in filosofia ma che a otto anni già si dilettava a programmare i primi giochi su commodore 64 – illustra le particolarità di questa sfida.
Alessandro Masserdotti, come portare la storia della lingua italiana nella dimensione del virtuale andando al di là della traslazione di materiali analogici?
Proprio per la sua natura multimediale, il Multi ha permesso di andare ben oltre la semplice ‘digitalizzazione’ dell’esperienza. I sei percorsi creati sono arricchiti da curiosità e approfondimenti, ci sono molteplici tipologie di media (video, audio, testi, animazioni, giochi) che rendono il museo ‘accogliente’ e offrono diversi livelli di lettura. I contenuti sono organizzati con la tecnica dello scrolly-telling: è il visitatore che dà vita a ogni percorso andando a popolare una storia che può essere approfondita con i contenuti per lui più interessanti.
Come avete immaginato la struttura?
Abbiamo guardato alla struttura sociale per eccellenza: la città. Abbiamo restituito una tridimensionalità che offre la percezione della stratigrafia e della multidimensionalità della lingua. Un sistema ben definito ma al tempo stesso perennemente incompiuto, pianificato ma spontaneo in cui il passato storico si somma al linguaggio che evolve costantemente.
Il Multi vuole essere “inclusivo, interattivo e gratuito”: ciò allarga a dismisura il pubblico di riferimento, per di più anche con una versione in inglese. Come catturare disparate tipologie di fruitori?
Uno degli aspetti che più ci appassiona è proprio immaginare come un visitatore si muove nello spazio, e cosa possiamo fare per rendere l’esperienza di visita interessante, piacevole e divertente, oltre che utile. Il percorso è costruito in approfondimenti e il ruolo della narrazione è determinante. Siamo partiti dagli obiettivi e dalle funzionalità propri di un museo fisico che – come da definizione dell’International Council of Museums – ha il ruolo di raccontare, preservare e contestualizzare un patrimonio, nel nostro caso un patrimonio immateriale unico come quello della lingua italiana.
Dopo una prima fase di studio e ricerca abbiamo tradotto in modalità multimediale l’articolazione dei musei, cogliendo le opportunità portate dal digitale: se i musei hanno una collezione permanente, noi abbiamo immaginato dei percorsi narrativi curatoriali; là dove i musei presentano archivi e biblioteche, noi proponiamo una collezione digitale; mentre al posto di laboratori e workshop si trovano giochi interattivi sparsi nei percorsi, e tutta la parte di attività come conferenze e talk viene coperta da una sezione di articoli e dalla possibilità di avere video o podcast. In questo modo siamo riusciti a restituire una multidimensionalità che potesse destare curiosità e interesse in diverse tipologie di pubblico: da un livello narrativo superficiale, per raccontare la lingua italiana agli studenti nelle scuole, fino a diventare uno strumento dedicato ai ricercatori perché analizza e conserva una collezione di reperti in alta risoluzione.
Come avete trovato l’equilibrio fra le esigenze tecniche, gli obiettivi divulgativi e la coerenza scientifica?
Essenziale è stato il dialogo costante con la curatela. La nostra metodologia presuppone fasi di testing e prototipazione per far comprendere alla committenza la direzione che stiamo intraprendendo e discuterne ogni aspetto. Alla realizzazione del Multi hanno collaborato 12 professionisti del nostro team, con una formazione che spazia dall’ambito tecnico a quello umanistico, interfacciandosi puntualmente con una ventina di ricercatori, professori ed esperti dei tre atenei coinvolti: l’Università di Pavia, con la direzione del Professor Giuseppe Antonelli, ha coordinato il progetto, mentre L’Orientale Napoli e l’Università degli studi della Tuscia e di Viterbo si sono occupate della curatela scientifica mettendo a disposizione i contenuti che hanno arricchito i percorsi narrativi del Museo.
Può svelare qualche curiosità?
Il Multi contiene una selezione di reperti scelti tra i più rappresentativi della storia dell’italiano, ricca anche di aneddoti curiosi, che in alcuni casi ci siamo divertiti a raccontare attraverso l’animazione. Le miniature medievali si sono prestate particolarmente a diventare quasi dei fumetti. Si attraversano i secoli: dagli autografi di Dante e Petrarca, al memoriale scritto di proprio pugno nel Cinquecento da una donna accusata di stregoneria; dalla versione in alta definizione della prima edizione del Vocabolario della Crusca fino a Nel blu, dipinto di blu di Modugno e Migliacci o a una tavola di Zerocalcare.
Come verrà dinamizzata e aggiornata l’offerta per tenere vivo l’interesse?
Il Multi è pensato per essere un museo vivo, così come viva è la nostra lingua. Di recente sono state aperte anche le pagine social media del Multi proprio per avvicinare diversi pubblici e creare un dialogo costante con i più giovani. Si arricchirà inoltre dei contributi scientifici redatti dalle Università che hanno curato il progetto e, nelle sue sezioni più interattive, come giochi e contenuti multimediali, come podcast e video.
Chi si occupa di interaction design deve avere la flessibilità per confrontarsi con progetti molto variegati. Qual è il minimo comun denominatore su cui si fonda l’expertise di Dotdotdot?
Siamo un team multidisciplinare di oltre 30 persone – architetti, designer, interaction designer, sviluppatori, ingegneri, sound designer, esperti di storytelling e design strategy – in grado di gestire la complessità a 360°, dalla ricerca, allo sviluppo al design. Questo bilanciamento fra componenti tecniche e umanistiche, ci permette di entrare in dialogo con persone con formazioni anche molto diverse dalla nostra, come confermano i progetti curati. Fra gli ultimi, il nuovo sistema di esperienza museale per la Fondazione Luigi Rovati di Milano, che prevede sia un’applicazione che funge da audioguida Context Aware (consapevole della posizione dei visitatori) sia la strutturazione della digital governance che offre uno strumento di monitoraggio dell’audience e dei flussi dei visitatori in grado di integrarsi con servizi digitali come il ticketing. Molto recente è la progettazione dell’allestimento immersivo per la mostra Rodin e la danza, in corso al Mudec di Milano: luce, suono e materiali mettono in scena un racconto emozionale in cui si rivive la fascinazione che la danza ebbe sul genio artistico dello scultore.