TM   Aprile 2025

L’Italia s’è desta

Il risiko bancario italiano si sta tornando a scaldare, indice di un settore che ha fatto bene negli ultimi anni, con diverse operazioni avviate. Al momento ancora poche certezze. Un’analisi di Simone Gentini, Portfolio Manager di Lemanik Invest.

Simone Gentini

di Simone Gentini

Portfolio Manager di Lemanik Invest

L’Italia è stata senza dubbio uno dei Paesi usciti più indeboliti dalla crisi del 2008. Basti pensare che il Pil italiano dal 2008 al 2019 ha subito una contrazione del 4,3%, contro un’espansione media del Pil dei Paesi dell’Unione Europea del 12,8%. Le ragioni di questa crisi del sistema italiano sono da ricercarsi in vari fattori: l’elevato livello del debito pubblico in rapporto al Pil, la suddetta assenza di crescita e l’instabilità politica che ha causato anche una scarsa credibilità del Governo italiano a livello internazionale.

Questo ha portato gli investitori internazionali a nutrire una certa sfiducia nei confronti del Belpaese, alimentando le paure di un’insolvenza e andando a travolgere i principali detentori del debito pubblico italiano, ovvero le banche. Queste hanno, inoltre, visto un aumento significativo dei crediti deteriorati sul totale dei prestiti bancari, addirittura triplicati in quanto molte famiglie e imprese non sono più riuscite a far fronte al rimborso dei finanziamenti ricevuti.

I problemi del sistema finanziario italiano si sono, ovviamente, riflessi sul mercato azionario che, per peso e composizione, è prettamente banco-centrico e ha portato ad una netta sottoperformance del FtseMib nei confronti degli altri indici europei e mondiali. Da febbraio 2009 al 2019 l’indice ha, infatti, avuto un ritorno totale pari a meno di un terzo  dell’indice Bloomberg World in Eur.

Dopo la pandemia, però, qualcosa è cambiato. L’Italia ha dimostrato una gestione migliore dell’emergenza e una più rapida crescita del Pil tanto da essere eletta, a fine 2021, “Paese dell’anno” dal settimanale The Economist. Questa uscita migliore della pandemia è stata, sicuramente, favorita da un desiderio di libertà da parte della popolazione che ha agevolato l’industria del turismo, ma anche dalle ristrutturazioni ed efficienze a livello aziendale effettuate negli anni di crisi, che hanno permesso un rafforzamento patrimoniale tale da rendere il settore industriale più resiliente a ulteriori criticità.

Con l’invasione dell’Ucraina a marzo 2022 l’Europa ha dovuto affrontare un nuovo periodo di crisi, causato da un’impennata dei prezzi delle materie prime e dell’energia che ha costretto la Bce ad intervenire con rialzi dei tassi d’interesse per frenare l’inflazione. L’aumento dei tassi ha sicuramente favorito il sistema bancario italiano che, grazie alla pulizia dei bilanci effettuata nel decennio precedente e alla maggiore leva rispetto alle banche del Nord Europa, è riuscito ad aumentare i profitti in maniera sostanziale. Il mercato italiano ha, quindi, sovraperformato l’indice Bloomberg World di circa un 15% dal 2020 a fine febbraio 2025.

La testimonianza più significativa di quanto detto è il fatto che le banche italiane hanno ottenuto rendimenti di gran lunga migliori delle tanto decantate Magnifiche 7 a stelle e strisce, addirittura +215% di ritorno totale contro +91%.

Il settore bancario italiano

Quote di controllo dei principali attori coinvolti finanziari e non nella partita

Il settore bancario italiano, qzuote di controllo dei principali attori coinvolti finanziari e non nella partita
Fonte: Bloomberg 2025 (dati I-25). Si sta riaprendo la partita del settore bancario italiano con diverse operazioni e offerte presentate.

Tuttavia, come noto, “le performance passate non sono garanzia delle performance future”, quali sono quindi i motivi per cui il mercato italiano dovrebbe continuare a performare anche nei prossimi anni? Tre le ragioni principali:

– Basso costo. L’Italia tratta ancora a sconto rispetto ai multipli degli altri mercati europei nonostante abbia avuto un re-rating negli ultimi anni: l’indice Ftse Italia All share scambia a 11 volte gli utili contro le 15 volte dell’Eurostoxx 600. L’Italia non è più il ‘malato d’Europa’ e, oltre alla ottima uscita dal Covid, ha trovato stabilità con Meloni, a oggi il sesto in termini di longevità tra i Governi dell’era repubblicana.

Il mercato italiano ha, quindi, tutte le carte in regola per chiudere almeno parzialmente questa differenza in termini di valutazione. Di rilevante importanza è, inoltre, il piano di spesa da 1.000 miliardi per la Difesa e le Infrastrutture recentemente annunciato dal Governo tedesco. Questo stimolerà la crescita economica europea e avrà effetti positivi anche sull’Italia, il cui tessuto manifatturiero è strettamente connesso a quello tedesco;

– M&A bancario. Al momento l’unica operazione sulla cui effettiva riuscita sembrano esserci pochi dubbi è l’acquisizione di Anima da parte di Banco Bpm dopo il recente rilancio a 7 euro per azione. È, inoltre, molto probabile il buon esito dell’operazione lanciata da Bper sulla Banca Popolare di Sondrio, grazie al supporto di Unipol, comune azionista di maggioranza al 20% di entrambe le banche. Per comprendere meglio le probabilità di successo delle altre operazioni attualmente in corso l’ago della bilancia sarà l’assemblea di Generali del 24 aprile.

Se Unicredit decidesse di schierarsi con la lista del management uscente, sarebbe un segnale di avvicinamento importante verso il colosso assicurativo da parte della banca di Orcel che potrebbe contare sul supporto di Mediobanca, intenta a difendersi dall’Offerta Pubblica di Scambio lanciata dal Monte dei Paschi. Mediobanca potrebbe liquidare ad Unicredit la sua partecipazione del 13% in Generali e ottenere in cambio Banca Generali.

L’Ops lanciata dal Monte dei Paschi di Siena su Mediobanca ha sollevato molte perplessità da parte degli operatori di mercato, in particolare per quanto riguarda le differenze culturali e di business. Le sinergie di ricavo e di costo, indicate dal Ceo Lovaglio, tra la banca di Rocca Salimbeni e la banca d’affari di Piazzetta Cuccia sono di circa 700 milioni, ai quali aggiungere altri 500 milioni di euro all’anno per i prossimi 6 anni derivanti da un’accelerazione dell’utilizzo delle Dta.

L’offerta è supportata dal Mef, azionista del Monte per l’11%, e da Delfin e Caltagirone, tra i principali azionisti di entrambe le banche. Il Monte avrebbe, quindi, in tasca al momento del lancio dell’offerta il 27,47% di Mediobanca, ma è molto probabile che, nel caso in cui l’adesione sia inferiore al 50%, la Bce possa considerarla inefficace. Se l’offerta non andasse in porto il Monte rimarrebbe con un Cet1 del 18% (16% nel caso di combinazione con Mediobanca), con ampio spazio per remunerare i propri azionisti in modo sostanzioso.

È evidente come, per un osservatore esterno, non sia facile districarsi tra i meandri del complesso risiko bancario italiano, ma operando delle giuste scelte ci sono ancora ottime opportunità, nonostante valutazioni non più così a buon mercato come qualche mese fa.

Bancario italiano

Confronto total return rispetto a Mag.7

Bancario italiano, confronto total return rispetto a Mag.7
Fonte: Bloomberg, Lemanik (al II-2025).

Azionario italiano

Net Total Return a confronto (eur)

Azionario italiano, net Total Return a confronto (eur)
Fonte: Bloomberg, Lemanik (al II-25).

– Il ritorno delle small cap. Il settore è strettamente connesso all’andamento dei tassi d’interesse, sia per un tema di liquidità del mercato, sia per una maggiore difficoltà di accesso al mercato del credito per società di piccole dimensioni. Con il taglio dei tassi in corso da parte della Bce l’indice “Small Mid Cap” potrebbe tornare a sovraperformare il listino principale grazie alle valutazioni attrattive e alle prospettive di crescita delle tante società di qualità, vere e proprie eccellenze del tessuto industriale italiano.

Nelle prossime settimane, inoltre, partirà il Fondo Nazionale Strategico (Fns) varato dal Tesoro in collaborazione con Cdp e che avrà un commitment iniziale tra i 700 milioni e 1 miliardo con il compito di iniettare liquidità nelle società a più bassa capitalizzazione e fermare i delisting sempre più frequenti. Gli investimenti del Fns saranno gestiti dai principali asset manager italiani che andranno a prediligere società con multipli ben al di sotto delle loro medie storiche, con un bilancio sano e capaci di generare crescita e flussi di cassa. Per questo motivo sarà fondamentale gestire attivamente l’esposizione al settore attraverso un’accurata attività di stock picking, capace di individuare le società che beneficeranno di tali flussi.

Le opportunità sul mercato italiano non mancheranno anche nei prossimi mesi, l’importante è saper identificare i cavalli vincenti per continuare a correre!

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