Le automobili che ha progettato hanno dato forme fra le più belle alla velocità, facendone uno dei nomi internazionalmente più apprezzati di un ‘made in Italy’ in grado di coniugare estetica e tecnica ai massimi livelli. Dopo l’iniziale specializzazione nella concezione e costruzione artigianale di carrozzerie di lusso per una facoltosa clientela di famiglie regnanti europee e personalità internazionali, cruciale per la sintesi fra bellezza e prestazioni è stato l’incontro fra le sue competenze in design e la potenza dei motori di Ferrari. Pininfarina è così diventato un brand tanto iconico da ricevere, nel 1961, l’autorizzazione del Presidente della Repubblica a farne anche il cognome della famiglia, integrando all’originario ‘Farina’ il soprannome del fondatore Giambattista, ‘Pinin’.
E se proprio a lui, sin dalle origini nel 1930 a Torino, va il merito di aver intuito come l’automobile sarebbe diventata il vettore irrinunciabile della mobilità quotidiana, due generazioni dopo, a inizio anni Duemila, è stato il nipote Andrea, poi seguito dal fratello Paolo, a capire come fosse giunto il momento di trasporre in altri settori il know-how e il prestigio acquisiti nell’automotive. «Un passaggio compiuto anche da tante altre case automobilistiche, ma noi, ragionando da sempre in una logica di co-branding, lo abbiamo fatto con un approccio molto più libero di chi è solitamente focalizzato sulla propria produzione interna», sottolinea Giovanni de Niederhäusern, Senior Vice President di Pininfarina Architecture & Product Design.
In una ventina di anni il settore Architettura ha conosciuto un rapido sviluppo e oggi vale il 20% del fatturato da 90,4 milioni di euro del Gruppo, con un team dedicato di circa 120 tra architetti, designer e ingegneri, sede principale a Torino, cui si affiancano Milano, Miami, New York e Shanghai. Una presenza su tre continenti che negli ultimi 5 anni ha permesso di crescere a un Cagr fra il 25% e il 40%, gestendo anche i contraccolpi della pandemia.
«Provenendo da uno studio di architettura legato a nome e cognome del suo fondatore, al mio ingresso in Pininfarina, nel 2019, mi chiedevo se il branded real estate potesse funzionare altrettanto bene, come poi è stato. Credo infatti che oggi il mercato sia più attento al valore dell’edificio, al di là del fatto che porti la firma di un’archistar. Inoltre, è un approccio che funziona molto bene anche dal punto di vista organizzativo: la libertà lasciata dai nostri nove direttori creativi ai loro team, adottando la logica orizzontale tipica dell’automotive, incontra la visione delle nuove generazioni di talenti che vogliono avere un impatto concreto nel e con il loro lavoro, senza essere vincolati a idee calate dall’alto», sottolinea Giovanni de Niederhäusern.
Nato circa una decina di anni fa negli Stati Uniti, il mondo del branded real estate è poi approdato sui mercati emergenti di Sud America e Cina, e oggi è molto presente anche nel Middle East e in mercati maturi come l’Europa, dove ad esempio Pininfarina sta lavorando al suo primo progetto brandizzato nel mondo non-hôtellier in Italia. «La value proposition che ci pone fra i leader dei branded buildings residenziali – primo marchio italiano e secondo al mondo – è che, a differenza dei nostri competitor che sono principalmente gruppi del fashion o nomi dell’industria del lusso che supervisionano il progetto ma ne danno il design in licenza a uno studio di architettura o design esterno, noi avendo in casa queste competenze, cuore stesso della nostra progettualità, siamo in grado di garantire la piena coerenza dei risultati con i valori identitari della nostra visione», osserva il Senior Vice President di Pininfarina Architecture & Product Design.
Tipicamente si tratta di edifici residenziali alti – per elevazione, high-rise, e per posizionamento high-end – particolarmente richiesti dal mercato sudamericano e mediorientale, dove Pininfarina è sinonimo di eccellenza dell’italianità, della qualità, del design. «Lì gli sviluppatori immobiliari vedono in una partnership con Pininfarina non solo la possibilità di costruire edifici dal design e dall’architettura veramente particolari ma, al contempo, di costruirsi una nuova immagine, proprio perché – e questo connubio è un unicum che ci contraddistingue – oltre a essere noi un marchio iconico, grazie alle nostre competenze cross settoriali siamo in grado di aiutare i clienti nella definizione della loro identità, dei loro prodotti e della customer experience, supportandoli anche a livello di marketing nella fase di go-to-market, tanto che non di rado già durante la costruzione vengono venduti tutti gli appartamenti», evidenzia Giovanni de Niederhäusern.
Nei mercati più maturi, dove si esce dalle rigide logiche di zonizzazione dei quartieri residenziali prediligendo invece una pianificazione mixed use, i progetti di Pininfarina includono spesso anche una componente di retail e aree pubbliche. Al contempo, in Europa come negli Stati Uniti dove il marchio è comunemente associato all’automotive, il brand viene interpellato anche per disegnare infrastrutture, ad esempio la Torre di controllo dell’aeroporto di Istanbul o, prossimo all’inaugurazione, un circuito per auto sportive, clubhouse inclusa, negli Usa.
«Inoltre, capita ormai con crescente frequenza che gli architetti siano chiamati a progettare stabilimenti industriali o strutture ospedaliere. Ci si è resi infatti conto di quanto la qualità dello spazio influisca sulla motivazione e sulla salute di chi vi lavora. Inoltre, si vuole comunicare un messaggio all’esterno, considerato come sia sempre più importante soddisfare gli obiettivi del framework Esg, tanto che questa sensibilità sta facendo breccia persino tra i grandi player della logistica che hanno sempre lesinato sui costi di costruzione, ridotti a poche centinaia di euro a metro quadro. Ma ora che stanno entrando anche nelle aree periurbane e urbane, diventa imperativo impegnarsi nella beautification delle strutture», rileva Giovanni de Niederhäusern.
Una sensibilità che Pininfarina respira sin dalle sue origini, radicata nella cultura di un territorio dove Olivetti, oltre all’innovazione tecnica e sociale della sua visione, ha trovato negli stabilimenti di Zanuso un sistema proprio pensato secondo questa logica, e sempre a Torino Pier Luigi Nervi ha lavorato sul principio della prefabbricazione strutturale portando l’attenzione all’estetica anche nel contesto industriale.
In particolare, in architettura Pininfarina ha trasposto la metodologia del Design for manufacturing and assembly (Dfma) tipica dell’automotive, dove per controllare tempi, costi e assicurare la continuità della qualità, si punta sulla semplicità di fabbricazione delle componenti e sull’efficienza dell’assemblaggio, individuando tutte le possibili ottimizzazioni di processo ancor prima di far partire la catena di produzione. «Analogamente, oggi quando si realizza un edificio si cerca di minimizzare le attività di cantiere, che sono quella più complesse, più rischiose, meno controllabili, massimizzando la produzione dei componenti da remoto e la costruzione a secco», spiega Giovanni de Niederhäusern. L’edificio viene sempre più visto come un prodotto, il che aiuta a progettare in un’ottica di Life Cycle Assessment, prevedendone ogni trasformazione, fino allo smantellamento. «E se fino a qualche anno fa si puntava a una vita utile di cento anni – spesso persino superata dal parco immobiliare – oggi, soprattutto in regioni come il Middle East, soggette a cambiamenti sociali ed economici molto rapidi, ci viene chiesto di pensare agli edifici con una vita utile di 40 anni», aggiunge il Senior Vice President di Pininfarina Architecture & Design Product.
Prodotto sì, ma organico, vivo. Che, nel residenziale, significa responsivo alle esigenze dei suoi utenti, in particolare grazie alla sensoristica. Qui si esplica un’altra analogia essenziale fra edificio e auto, entrambi sempre più tecnologici: tanto che, se una quindicina di anni fa, l’impiantistica rappresentava il 15-20% del costo finale di un immobile, oggi arriva a pesare anche la metà. Fondamentale, dunque, l’apporto degli ingegneri di un brand abituato a lavorare alla frontiera dell’innovazione, basti pensare che già nel 1978 Pininfarina si cimentava con la sua prima vettura elettrica. ‘Vivo’ lo è anche lo stabile industriale, al quale è richiesto di seguire i mutamenti dei processi di produzione che ormai, già nell’arco di 5-10 anni, possono determinare una riconfigurazione degli spazi.
Specularmente, anche il mondo dell’architettura ha iniziato a ispirarsi all’automotive, ad esempio per riuscire a realizzare forme fluide, ambiziose e complesse, proprio come quelle delle curvature delle auto di Pininfarina. Prodezze che i processi tipici del car design possono aiutare a realizzare senza gravare ulteriormente sui costi già in esplosione delle costruzioni in Europa e Usa.
«Uno dei trend più interessanti è quello dell’additive manufacturing, che riusciamo ad applicare anche a materiali come cemento e acciaio, per componenti da integrare nell’involucro dell’edificio incrementandone la sostenibilità e ottenendo effetti nuovi, più vibranti, impensabili solo fino a qualche anno fa per costi, energia necessaria e ostacoli tecnici. In particolare, stiamo sviluppando questo filone insieme al Politecnico di Milano con cui abbiamo avviato un dottorato industriale, una formula di collaborazione fra università e imprese che, sul modello anglosassone, permette una reale integrazione fra produzione, progettazione e ricerca, ma ancora è poco praticata in Italia», specifica Giovanni de Niederhäusern.
In un’ottica invece di trasferimento culturale, Pininfarina non poteva che aderire all’iniziativa Cofactory Designtech, di recente inaugurata a Milano, promossa da Rimas per favorire la trasformazione di una filiera ancora tradizionalista come quella delle costruzioni, creando un ecosistema di aziende, scale- e start up che possano confrontarsi e sperimentare tecnologie di prototipazione rapida e produzione digitale in un laboratorio urbano.
Se la progettazione dell’edificio è il core del settore Architettura, i servizi spaziano dal design di prodotto – prevalentemente arredo – all’interior design, dalle infrastrutture alla pianificazione urbana. Se quest’ultima ormai non ha più nell’auto il link imprescindibile fra gli edifici, grazie all’esperienza maturata in quasi un secolo di attività confrontandosi praticamente con qualsiasi mezzo di trasporto – dai monopattini elettrici agli aerei – e forte delle competenze multidisciplinari derivanti dai numerosi ambiti di applicazione del suo design, Pininfarina ha l’ampiezza di visione necessaria per progettare masterplan innovativi, che rispondano al cambiamento di paradigma di mobilità e sostenibilità.
Anche in futuro, l’intenzione è di mantenere la diversificazione di mercati che ha permesso di affrontare con flessibilità i cambiamenti improvvisi degli ultimi anni, con la chiusura di mercati come Russia o Cina, quest’ultima ostica anche dopo la riapertura, sia per il crollo di diversi importanti sviluppatori immobiliari, sia più in generale per il minor interesse ad acquistare design dall’estero. «Abbiamo ancora qualche importante progetto in ambito retail, che in Cina resta il più dinamico, ma da una parte le ormai ottime competenze di progettazione che si è portata in casa, dall’altra il trend emergente del luxury shame, stanno chiudendo le porte ai brand occidentali. Nel Middle East invece stiamo lavorando molto bene, con grandi complessi residenziali a Dubai, Abu Dhabi e Ras Al Qaim. Il Sud America, in particolare Messico e Brasile, rimane il mercato più costante e che dà le maggiori soddisfazioni, ma abbiamo anche progetti interessanti in Europa, soprattutto in Costa del Sol, la Miami europea che sta attraendo molti investitori e residenti, e delle chicche come la riqualificazione di due ex vetrerie a Murano con destinazione principalmente residenziale. L’intenzione è di guardare anche più a Nord, a partire dalla Germania siamo già presenti a Monaco e Stoccarda per l’automotive, ma anche verso Francia e Svizzera», anticipa Senior Vice President di Pininfarina Architecture & Product Design. Non può mancare una presenza in India, uno sbocco naturale considerato come dal 2016 Mahindra Group sia l’azionista di maggioranza di Pininfarina, che mantiene però un management ampiamente italiano ed europeo.
A sintetizzare la formula vincente del settore Architettura di Pininfarina, un’eloquente equazione: “bellezza + tecnologia = impatto”, che esplicita come per il brand la cura di aspetti intangibili come quelli estetici non perda mai di vista la fattibilità e il benessere dell’utente, proprio come insegna la lezione dell’automotive. Allo stesso modo, la tecnologia diventa una risorsa sia in fase di progettazione, sia integrata all’edificio per creare un’esperienza unica e multisensoriale di interazione fra spazio e persone, determinante per la qualità del prodotto finale. «Insieme, bellezza e tecnologia devono generare un impatto positivo, con la consapevolezza che l’edificio zero energy, sostenibile a livello ambientale, non basta più: altrettanto fondamentale è l’impatto sociale, la possibilità di migliorare la vita non solo di chi in questi edifici di alto standing vivrà, ma anche dei contesti in cui si inseriscono, restituendo qualcosa alle comunità locali, ad esempio creando aree aperte al pubblico, zone verdi o servizi accessibili a esterni, così come valorizzandone le eccellenze creative con il coinvolgimento di maestranze, artigiani e artisti locali», conclude il Senior Vice President di Pininfarina Architecture & Design. Un branded real estate che unisce capacità concrete e valori intangibili, portando al settore immobiliare quel dinamismo progettuale di cui ha grande necessità per ripensarsi e svilupparsi, in nuove forme e dimensioni.
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