TM   Novembre 2023

La forza di uno spirito misurato

A cento anni dalla scomparsa, Luigi Rossi è protagonista alla Pinacoteca Züst di Rancate di una retrospettiva che conferma il respiro europeo della sua opera, capace di elaborare in modo personale gli stimoli che sollecitavano alla transizione dal realismo al simbolismo. Sempre con quel garbo e quell’autenticità che ne contraddistinguono la misurata poetica.

di Susanna Cattaneo

Giornalista

Le atmosfere simboliste di Plenilunio (1910-15), Luigi Rossi
Luigi Rossi, “Plenilunio, (o Luna)”, 1910-1915, olio su tela con finiture a tempera e a pastello, 55 x 83,5 cm, Collezione Cornèr Banca, Lugano.

Elvetico, milanese, parigino: è un passaporto pienamente europeo quello che va riconosciuto a Luigi Rossi. E in effetti l’artista al quale, a un secolo dalla scomparsa, torna a rendere omaggio la mostra antologica alla Pinacoteca Züst di Rancate, in corso fino al prossimo 25 febbraio, conferma un’apertura che ha saputo guardare oltre i confini geografici per interiorizzare gli stimoli che sollecitavano la pittura del secondo Ottocento a muovere dal realismo al simbolismo. Un’evoluzione perfettamente illustrata da questa esposizione sotto la curatela di Matteo Bianchi. A distanza di 45 anni dalla prima monografia che nel 1979, allora giovane storico dell’arte, aveva dedicato insieme a Rossana Bossaglia all’artista di cui è anche pronipote, torna a riprendere un discorso che, con affetto e competenza, ha continuato a sviluppare, anche istituendo la casa-museo nella Capriasca dove sono conservate opere e archivio del bisnonno.

Benché Luigi Rossi sia un nome ben noto alle nostre latitudini, era ormai da inizio anni ’80 che non gli veniva consacrata una mostra monografica. Per l’occasione, la Pinacoteca Züst presenta una quantomai esaustiva scelta di opere: i capolavori provenienti dalle Collezioni della Confederazione, dal Musée d’Art et d’Histoire di Ginevra, dalla Galleria d’Arte Moderna di Milano e dalla Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea di Torino, si affiancano alle otto opere qui conservate, insieme a una quindicina di capolavori della Collezione del Masi e ai sette quadri di Cornèr Banca. Proprio con l’acquisizione di un dipinto di Rossi l’istituto bancario ha inaugurato nel 1987 la sua Collezione di arte ottocentesca e, dopo aver promosso nel 1999 il catalogo ragionato dell’artista (sempre curato da Matteo Bianchi), ora è sponsor principale di questa esposizione, arricchita inoltre da ulteriori opere conservate in raccolte private, alcune delle quali recentemente riemerse.

Il Ritratto di Daudet, Luigi Rossi
Luigi Rossi, “Ritratto di Alphonse Daudet”, 1887, olio su tela, 130 x 80 cm, Collezione privata, Francia.

Nato nel 1853 a Cassarate da una famiglia legata all’ambiente degli esuli italiani e figlioccio di Carlo Cattaneo, Luigi Rossi cresce a cavallo fra due realtà culturali, in un clima di profondi valori liberali, formandosi come tanti ticinesi a Brera, nel solco della tradizione verista, rispecchiata dalle opere iniziali che dedica al mondo contadino portando sulla tela i paesaggi dell’Alto Ticino. Stessa epoca a cui risalgono i primi ritratti d’impronta scapigliata oppure legati a figure emblematiche come il sindaco liberale di Lugano Carlo Battaglini o i fratelli Ciani, raffigurati nel loro parco davanti alla Desolazione del Vela: quadro che, tornato a metà anni ’80 in mano ai legittimi proprietari, collezionisti piemontesi, in questi mesi è eccezionalmente possibile rivedere in Ticino. Di impronta scapigliata è anche un’altra chicca, il Ritratto di Alphonse Daudet, di cui sinora circolava soltanto la riproduzione in bianco e nero pubblicata nella monografia di Bianchi. Dalla Borgogna è giunto per la mostra a Rancate l’originale, segnalato un paio di anni fa dal proprietario. È stato collocato in balconata, dove si testimonia un momento fondamentale nell’evoluzione del Rossi, il suo soggiorno a Parigi, teatro dell’incontro con i fratelli Guillaume, editori di provenienza svizzera che avevano messo a punto un innovativo metodo di riproduzione fotografica a partire da acquerelli. L’intensa collaborazione decreta la fama di illustratore del Rossi a partire dal successo di Tartarin sur les Alpes, una sorta di Pinocchio transalpino, segnando anche l’inizio dell’amicizia con il suo autore, appunto Alphonse Daudet, del quale illustrerà altre sei opere, così come sue sono le vignette, per fare solo un altro esempio, della Madame Chrysanthème di Pierre Loti – sarà la Butterfly di Puccini, altro suo illustre amico).

Ma è come pittore che raggiunge i risultati più alti. Al suo rientro definitivo dalla Francia, nel 1889, comincia a muoversi fra gli ambienti culturali milanesi e quelli della sua Lugano, partecipando anche a rassegne nazionali di arte svizzera e alla Commissione federale di Belle Arti, dove si avvicina ad artisti come Anker, Hodler e Welti. Incontri che, unitamente alla mediazione del suo amico poeta Gian Pietro Lucini, lo portano a confrontarsi con la lezione del simbolismo. Rossi ne dà un’interpretazione depurata da preziosismi e misurata nelle scelte formali. Con lo stesso garbo, esprimerà successivamente la sua adesione ai valori del socialismo umanitario. La misura è la sua caratterista distintiva: mai sdolcinato quando dipinge un quadro sentimentale, mai militante quando affronta un tema sociale, né banalmente decorativo quando sperimenta gli stilemi liberty; sempre di grande freschezza e immediatezza comunicativa, realizza opere che sanno toccare le corde intime del cuore.

Luigi Rossi, “Genzianella” (o “Ritratto della figlia”), 1908, olio su tela, 104 x 74 cm, Casa Museo Luigi Rossi, Capriasca.

In mostra viene ricordata anche la sua attività di educatore: per oltre un decennio Luigi Rossi insegna gratuitamente all’Umanitaria a Milano, ispirata alle Arts & Crafts inglesi. In Ticino, oltre all’impegno per le Scuole di Disegno del Cantone, si fa apprezzare come membro, dal 1904 al 1922, della Commissione del Museo Caccia, difendendo la qualità artistica (e il cachet) anche di colleghi distanti dal suo gusto estetico.
Se un capitolo importante dell’età matura è dedicato all’infanzia, in primis i ritratti della figlia Gina Maria, dagli anni Dieci dipinge scene allegoriche ambientate nell’amata Pieve Capriasca.

Simbolicamente con questa retrospettiva su Luigi Rossi si conclude il percorso di Mariangela Agliati Ruggia alla guida Pinacoteca Züst. Una fine che è anche il ritorno a un autore da lei molto amato, sotto il cui segno si può dire che abbia esordito. Proprio la monografia di Matteo Bianchi del 1979, primo vero studio scientifico su un pittore ticinese dell’Ottocento, ha rappresentato per lei, allora studentessa alle prese con la tesi di laurea su Ernesto Fontana, pittore ticinese di una quindicina di anni più anziano del Rossi, un caposaldo e, successivamente, lo stimolo per avviare la lunga serie di rassegne dedicate agli artisti dell’Ottocento ticinese. Mostre che hanno segnato stagione dopo stagione il territorio, supportate da un lavoro di ricerca di alta qualità, portando avanti un impegno di mediazione culturale di esemplare valore.

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