Di tanto in tanto appaiono sulla stampa non specializzata informazioni sulle strategie d’investimento delle grandi famiglie spagnole, con titoli eloquenti come: “Las grandes fortunas españolas se lanzan a crear sociedades de ‘private equity’” (Expansión, 15.07.24), oppure: “Cómo pagar un 1% de impuestos: multimillonarios españoles dejan de lado las sicavs y se lanzan a crear ‘SIL’” (Eldiario.es, 27.10.24).
Partendo dalla considerazione che alle nostre latitudini ad essere più note sono le istituzioni di investimento collettivo in Lussemburgo, ho pensato di dedicare questo contributo alla descrizione di quelle, considerabili ora ‘di moda’, esistenti in Spagna.
Dai titoli sopra citati si intravede una certa dicotomia tra ‘investimenti collettivi’ e ‘grandi fortune’ e/o ‘multimilionari’, intuendosi che le grandi famiglie sono solite – anche se non necessariamente (si pensi ai cosiddetti ‘multi family office’) – controllare direttamente i propri attivi, e si intuisce inoltre che le famiglie, seppur grandi e possibilmente numerose, non sono state certamente l’oggetto originale della definizione di ‘collettivi’ da parte del legislatore. In realtà, in Spagna anni fa era divenuta in auge la creazione di Sicav in relazione alla maggior parte delle grandi fortune locali.
Le società di investimento di tipo aperto (Sicav) sono organismi di investimento collettivo (Oic) che assumono la forma di una società per azioni. Il loro capitale è variabile e può aumentare o diminuire entro i limiti stabiliti dallo statuto. Le Sicav hanno come unico scopo l’acquisizione, la detenzione, il godimento, la gestione e la cessione di valori mobiliari e di altre attività finanziarie. Per essere costituite, devono avere un capitale minimo versato di 2.400.000 euro e soddisfare requisiti specifici nella loro struttura e nel loro funzionamento, come la nomina di un depositario e l’emissione di azioni che possono essere negoziate in Borsa o tramite intermediari autorizzati. L’attrattività era principalmente fiscale: un’aliquota dell’1% sugli utili societari e la possibilità di differire l’imposta sulle persone fisiche dei soci fino alla distribuzione di eventuali dividendi (anche le imposte sulle plusvalenze per la cessione delle quote nella Sicav possono essere differite in caso di reinvestimento in un’altra Oic). Ma ad una condizione: la Sicav deve avere più di cento azionisti. Come accennato sopra, le ‘grandi famiglie’ non contano normalmente tanti membri e la soluzione offerta, principalmente dalle stesse banche depositarie e dai loro professionisti, era quella di creare diversi tipi di azioni che conferivano in pratica tutti i diritti di voto ed economici ad un azionista e una partecipazione irrilevante agli altri 99, che presto vennero designati con il divertente epiteto di ‘Mariachis’ (per chi non lo sapesse i ‘mariachis’ sono il tipico gruppo di musicisti messicani, che indossano abiti neri, borchie d’argento, un gran ‘sombrero’ e, suonando trombe, violini e chitarroni, cantano ‘rancheras’ e ‘hit’ del tipo ‘Cielito Lindo’).
Per dare più serietà alla trovata, le banche chiedevano ai loro impiegati di sottoscrivere le ‘mini’ azioni nella Sicav liberandole effettivamente con i loro propri risparmi. L’espediente è durato per diversi anni ma finalmente il Governo e la sua Agenzia delle Entrate hanno smesso di tollerarlo. Risultato: dalle 2.300 Sicav registrate nel 2021 si è passati a 442 nel primo trimestre del 2024. E i soldi: dove sono andati? Una buona parte è stata trasferita in Oic del Lussemburgo, un’altra parte in Sicav di Andorra, qualcosa è andato in Oic di Malta.
La Sicav deve avere più di cento azionisti. Siccome le ‘grandi famiglie’ non contano normalmente tanti membri, la soluzione offerta, principalmente dalle stesse banche depositarie e dai loro professionisti, era quella di creare diversi tipi di azioni che conferivano in pratica tutti i diritti di voto ed economici ad un azionista e una partecipazione irrilevante agli altri 99, che presto vennero designati con il divertente epiteto di ‘Mariachis’.
Ma non tutti gli investimenti delle grandi fortune sono stati trasferiti all’estero. In effetti in Spagna, ad oggi, esistono opzioni per strutturare investimenti efficaci sia dal punto di vista del diritto societario che dal punto di vista fiscale. Parliamo in questo contributo in particolare delle ‘entidades de capital riesgo’ e delle ‘sociedades de inverrsión librre’. Le entità di venture capital sono entità di investimento collettivo di tipo chiuso che raccolgono capitali da una serie di investitori attraverso un’attività commerciale il cui scopo è quello di generare profitti o rendimenti per gli investitori. Queste entità possono assumere la forma giuridica di società di venture capital (società di Vc) o di fondi di venture capital (fondi di Vc). Il loro scopo principale è quello di assumere partecipazioni temporanee nel capitale di società di natura non immobiliare o non finanziaria che, al momento dell’assunzione della partecipazione, non sono quotate sul primo mercato delle borse valori o su qualsiasi altro mercato regolamentato equivalente nell’Ue o in altri Paesi Ocse.
Inoltre, possono investire in titoli di entità il cui patrimonio è costituito per oltre il 50% da beni immobili, a condizione che almeno l’85% del valore contabile totale dei beni immobili della partecipata sia utilizzato in modo continuativo per l’esercizio di attività economiche. Le società e i fondi di capitale di rischio sono soggetti al regime generale dell’imposta sul reddito delle società (Is), con alcune particolarità. Esse godono di un’esenzione del 99% sui redditi positivi ottenuti dal trasferimento di titoli che rappresentano una partecipazione al capitale o al patrimonio netto delle società in cui partecipano, a condizione che siano soddisfatti i requisiti stabiliti. Inoltre, i dividendi e le partecipazioni agli utili percepiti dagli azionisti contribuenti godono di un’esenzione parziale del 95%, indipendentemente dalla percentuale di partecipazione e dalla durata del possesso delle azioni. Nel caso di azionisti non residenti, il reddito generato nel trasferimento non si considera ottenuto in territorio spagnolo, a meno che non sia ottenuto attraverso un Paese o un territorio classificato come giurisdizione non cooperativa (‘black listed’).
Per investimenti di natura più strettamente finanziaria, l’alternativa alla Sicav spagnola oggi di moda è la ‘Sil’. In generale, le ‘Instituciones de Inversión Colectiva de Inversión Libre (Iicil)’ sono entità non soggette praticamente ad alcuna regola di investimento e possono essere commercializzate esclusivamente a investitori qualificati. Questi istituti devono investire almeno il 60% del loro patrimonio in Iicil costituite in Spagna o in analoghi Cii esteri. Inoltre, le azioni o le quote delle Iicil devono essere sottoscritte o acquistate con una partecipazione iniziale minima di 100mila euro, tranne nel caso di clienti professionali.
Le Iicil devono avere un minimo di 25 azionisti o detentori di quote e il valore patrimoniale netto delle azioni deve essere calcolato almeno trimestralmente, anche se in determinate circostanze può essere calcolato semestralmente. In questo caso, sempre che gli investimenti non siano in attivi immobiliari, l’aliquota dell’Is è dell’1% con gli stessi effetti di differimento dell’imposta sulle persone fisiche sopra descritta. Il limite dei 25 azionisti è evidentemente più consono alla realtà delle ‘grandi famiglie’. Secondo quanto riportato dalla stampa, il numero di Sil si è triplicato in due anni anche se, per il momento, è ancora relativamente modesto: sono 61.
Tra le Sil più importanti si segnala ‘Turqueta Gestión’ di Leopoldo del Pino, figlio del fondatore e fratello del presidente della poderosa società Ferrovial, iscritta nel 2023 con un capitale (a giugno) di 482,6 milioni e della quale controlla il 99,89%. La seconda Sil per importanza è ‘Austra Capital’, della famosa famiglia Abellò, con 230,8 milioni di capitale e due azionisti significativi con rispettivamente il 67,25% e il 29,65% (96,90% in totale). Anche in questi due esempi constatiamo come gli organismi di investimento collettivo sono sempre utilizzati dai collettivi delle grandi famiglie.
Tutto sommato direi che è un bene che esistano delle alternative locali a strumenti che comunque vengono offerti all’estero e che la Spagna può e deve essere competitiva con Paesi come il Lussemburgo, Malta o Andorra.
E la Svizzera? È la domanda che mi pongo da anni ed alla quale, per il momento, non ho ancora trovato risposta.
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