TM   Settembre 2024

Il trappolone di Tucidide

Lo sviluppo tecnologico è trainato da migliaia di anni dall’inseguimento di un’egemonia strategica rispetto alle altre potenze del momento. Il risultato? Effimero, ma decisivo. L’Opinione di Ettore Accenti, esperto di tecnologia.

Ettore Accenti

di Ettore Accenti

Esperto di tecnologia

Trattandosi di tecnologia non si può fare a meno di collegarla alla grande capacità che l’Homo quasi Sapiens, da sempre, sfrutta per farsi guerre. Una magnifica interpretazione la fece il grande Kubrik all’inizio della sua ‘Odissea nello Spazio 2001’, ma da allora, in termini tecnologici si è molto migliorati e si è giunti alla capacità di distruggere otto miliardi di persone in pochi minuti, veramente non male!

Ed ecco arrivare Tucidide, il famoso storico greco del 400 a. C., e la sua ‘trappola’ come la definì alla fine del secolo scorso l’importante scrittore e politologo americano Graham Allison.

Nadge del Sessanta
Il Nadge del Sessanta.

Tucidide analizzò le guerre da quella di Troia a quella del Peloponneso e concluse come “le nazioni egemoni inevitabilmente entrano in conflitto con le nazioni che, crescendo, minacciano la loro egemonia come successe tra Sparta e Atene”. La cosa non dovrebbe meravigliare e quando un nipotino, con aria interrogativa, mi chiede delle guerre, la risposta non può che essere sempre: “so solo che se guardi il libro di storia non troverai una sola pagina che non parli di guerre!”.

Un po’ più scientificamente si potrebbe affermare che da quando il mammifero umano è uscito dall’Africa e ha conquistato le capacità tecnologiche per crescere, la sua sicurezza è passata dallo stare sugli alberi alla difesa armata del suo territorio, è così che “i nostri confini sono sacri e li difenderemo fino alla morte”. Così è stato per millenni, solo che dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, per la prima volta nella storia, è cambiato qualcosa di tecnologicamente mostruoso: l’atomica, un modo per distruggersi più velocemente, vincitori e vinti.

L’unico risultato è come afferma il romano Pontefice si fanno ‘guerre a pezzi’, al di sotto del tremendo ombrello dell’equilibrio strategico. Il termine ‘equilibrio’ racchiude un terrificante contenuto tecnologico, spesso non ben compreso ma che nella sua semplicità sottintende che la tecnologia militare deve progredire continuamente e alla massima velocità perché la sua fine significherebbe o la sottomissione o l’annientamento di qualcuno.

Dal primo lancio nel 1956 di un missile intercontinentale dell’allora Urss si è entrati nella fase di come sopravvivere a un attacco, colpendo il nemico prima della propria distruzione: il nuovo equilibrio.

Cos’è il Nato Air Defence Ground Environment? Nelle sue linee fondamentali è un sistema di difesa aerea automatizzato. I radar di avvistamento sono di grande potenza e collegati con elaboratori elettronici operanti in tempo reale. Schermi di rappresentazione a raggi catodici permettono di evidenziare la situazione aerea in volo. Un’estesa rete di telecomunicazioni permette poi la rapida diffusione delle informazioni. Le caratteristiche più importanti vengono tenute riservate, ma le società partecipanti al consorzio hanno comunicato le rispettive forniture.

Il progetto è coordinato dal Wna (Westinghouse Nadge Associates), un consorzio internazionale di società con specializzazioni complementari che hanno una lunga esperienza nella collaborazione per i programmi di difesa, e comprende le seguenti società: Westinghouse Electric International, diverse Ibm, Siemens Schuckertwerke, Siemens Bauunion, Ateliers de Constructions Electriques de Charleroi (Acec) e la società britannica Plessy-Radar. Tutte le attività sono coordinate dalla direzione centrale a Londra (3 Regent Street), che fa capo a P. G. Schmitt, presidente e direttore generale dell’intero progetto Nadge.

Chi scrive ha vissuto quel periodo: ho ritrovato un mio articolo degli anni Sessanta sul sistema americano Nadge, tratto da una rivista americana. Si trattava del “Nato Air Defence Ground Environment” un potentissimo sistema radar collegato a grandi computer Ibm collocato in Groenlandia per rilevare attacchi a sorpresa sovietici che si prevedeva dovessero passare sopra il Polo Nord. Non esistevano ancora satelliti spia e quel sistema permetteva agli Stati Uniti un tempo di reazione di almeno 30 minuti.

È bene ricordare anche che durante il loro primo test i computer rilevarono un grande attacco con molti missili che solo i tecnici umani compresero fosse il semplice riflesso radar proveniente dalla Luna che stava sorgendo. Ben presto le tecnologie migliorarono da ambo le parti e, grazie a satelliti, sommergibili atomici e altre conquiste tecnologiche, negli anni Settanta si parlava di un equilibrio strategico di reazione che doveva essere di cinque minuti. La famosa crisi di Cuba del 1962 era il tentativo sovietico di piazzare missili che partendo da quell’isola avrebbero abbassato il tempo di reazione a un attacco verso gli Stati Uniti da 30 a pochi minuti.

Non posso descrivere la miriade di fatti che ho potuto leggere e vivere in prima persona e per i contatti con industrie tecnologiche di mezzo mondo a partire dalla nascita dell’industria di semiconduttori a Taiwan, oggetto di contesa militare, alle sanzioni per la giapponese Toshiba che forniva eliche silenziose per i sommergibili atomici sovietici, all’abbattimento di un nuovissimo Mig21 in Vietnam contenente nel radar diodi microonde (che vendevo anch’io e che mi procurarono ispezioni da parte della Cia), ai quadrimotori a eliche che vedevo continuamente atterrare e decollare di fronte al Pacifico dal Moffet Field della Silicon Valley e che mi dissero tenevano ciascuno sotto tiro i sommergibili sovietici nel Pacifico…

E ora? La risposta è semplice, si è giunti in una apparentemente nuova era dove si prosegue la guerra tecnologica sotterranea per mantenere il fragilissimo, ma necessario, equilibrio strategico: intelligenza artificiale, droni autonomi, bombe intelligenti, microchip, conquista dello spazio e tutta la marea di chiacchiere inutili su ciò che è giusto o sbagliato fare.

Da millenni si ricerca la propria sicurezza sotto un ombrello protettivo anche nucleare. Ne serve una prova? Gli strateghi americani, capendo l’impossibilità di una guerra atomica si sono inventati il Pgs (Prompt Global Strike), un sofisticatissimo sistema tecnologico globale che con semplici armi tradizionali è in grado di distruggere qualunque minaccia militare proveniente da qualsiasi punto del pianeta. Risposta Russa: “noi al vostro Pgs risponderemo con armi atomiche!”.

E fa proprio ridere leggere sui giornali che la Cina stia investendo somme enormi anche per “trovare l’acqua sulla faccia nascosta della Luna”! Ma chi ci crede?

 

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