Le infrastrutture

Travertino, malta, laterizio, marmo, tufo, sabbia, e un sacco di mattoni. Laddove uniti a ottime conoscenze tecniche e teoriche architetturali, un minimo di pragmatismo e molto ingegno, oltre a un’ineccepibile metodicità dei processi; ecco gli ingredienti perfetti per edificare l’ossatura di una potenza destinata a sopravvivere nei secoli, anche a sé stessa. Del resto nessuno metterebbe in discussione l’esistenza di Roma, o del suo controllo sul bacino del Mediterraneo e di buona parte dell’Europa continentale. Le vestigia del passato lasciate a costellarne il paesaggio, anche dopo la partenza dell’ultima legione nel 410 dal Regno Unito, sono impressionanti, e sopravvivono nel tempo. Si può dunque affermare sia stata la potenza che più nella storia dell’uomo ha plasmato il territorio in cui è vissuta? Dalla sua, decine di secoli di fervente attività, un altro record difficilmente eguagliabile, oltre a una capacità unica di progettazione e costruzione, sicuramente per l’epoca, ma anche in prospettiva.
Ad aver fatto Roma grande sono stati i suoi cittadini, liberi e democratici in molto se non tutto, mossi da un protagonismo altruista, solo di rado in contrasto con l’interesse superiore della società nel suo insieme. Certo, Cesare ha conquistato la Gallia e molto altro anche per suo interesse, ma nel farlo a beneficiarne era anche quell’idea idealizzata di Roma, che tutti i suoi protagonisti hanno sempre avuto in mente. Sta qui la differenza con quasi ogni altra potenza del mondo antico, e la storia sembra suggerire anche moderno e contemporaneo. A parlare sono in primis i fatti, al netto delle anime candide.
La storia ha consegnato alla posterità illustri vestigia di quelli che un tempo furono architetture pubbliche, progettate e realizzate per durare nei secoli, al servizio della collettività, è dunque il caso di stadi, terme, tribunali, acquedotti, quartieri abitativi, luoghi pubblici, oltre certo a palazzi, strutture difensive, tombe, e luoghi sacri, una netta minoranza del totale, che sono invece gli unici lasciti di quasi tutte le altre civiltà. Grandi costruttrici di tombe e templi, o di poco altro, non troppo durevoli nel tempo.
Ecco dunque i greci, ben noti per essere mediocri costruttori, e di cui a essere sopravvissuti sono quattro templi; o gli egizi, tombe a non finire, scavate nella pietra, e qualche tempio; i cinesi, templi e palazzi, laddove non città (rigorosamente proibite); o gli inglesi, se il loro è stato l’impero più vasto della storia, cosa si può dire del loro lascito? Sempre meglio dei francesi, e degli spagnoli, che con le colonie e i colonizzati non si può dire abbiano mai intrattenuto rapporti distesi e amichevoli. E che dire degli americani?
A distanza di 27 secoli dalla sua fondazione l’eredità latina è invece più viva che mai, e in costante espansione, quasi sempre di strutture a uso civile, che a va a sommarsi a un patrimonio già particolarmente ricco, sopravvissuto al tempo senza bisogno di particolare cura o manutenzione, anzi; sensibilità andata invece crescendo nel corso degli ultimi cento anni. È dunque il caso di strade e acquedotti, costruiti senza mai lesinare, sono oltre 100mila i km di strade lastricate, 2mila i ponti, o 500 i km di acquedotti per rifornire di acqua la sola Roma. Edifici pubblici, tribunali, arene e mercati, altrettanto numerosi, e presenti in quasi ogni insediamento degno di questo nome, a partire da quello che è forse l’edificio più emblematico di questa civiltà: il Colosseo, detto altrimenti Anfiteatro Flavio. Per dare un’idea: 100mila metri cubi di travertino, 350mila mattoni, per quasi 50 metri di altezza (fondamenta escluse), donati ai romani dalla nascente dinastia Flavia, nella fattispecie Vespasiano, e generosamente finanziati dal saccheggio di Gerusalemme nel 70 d.C.
I romani sono dunque stati sì grandi conquistatori, e attenti pianificatori, ma anche indiscutibilmente costruttori concentrati sul mondo dei vivi, e delle loro esigenze. Un’altra qualità… unica.