Durante i primi mesi dell’emergenza pandemica, dunque ormai quattro anni fa, improvvisamente venne alla luce il motore nascosto della globalizzazione, che ha reso possibile il correre del Pil globale nell’ultimo ventennio, sulle ali del libero mercato: la logistica. Dunque il vasto e variegato mondo di quegli operatori che animano le catene di approvvigionamento, e che all’atto pratico rendono tangibile il ‘click’ dell’Amazon di turno.
Come spesso accade accanto a operatori mondiali, con decine di migliaia di collaboratori e milioni di controparti, si trovano anche realtà piccole, dal carattere locale, ma attive su base regionale. «Ho fondato l’azienda nel 1993, e da allora siamo attivi da Chiasso, verso il resto d’Europa, e sulla base di richieste di nostri clienti possiamo organizzare spedizioni anche oltre, dunque verso Stati Uniti, Brasile, Nord Africa… Offriamo una paletta di servizi completa e ben diversificata che spazia dal trasporto e sdoganamento, allo stoccaggio e distribuzione, passando per operazioni doganali, documentazione e tutta la parte assicurativa», illustra Martino Pezzotti, direttore e fondatore di Spedimar, azienda specializzata del settore.
Nell’arco degli ultimi decenni il mondo è cambiato, ma quanto gli equilibri di un settore che affonda le proprie radici nella Storia? «Oggi si ragiona su una scala sempre più ampia, ed è diventato tutto incredibilmente più veloce. Le spedizioni evolvono in fretta, anche durante il tragitto, il che sarebbe stato impensabile prima degli anni Duemila, ed è dunque cambiato l’approccio all’organizzazione del trasporto. L’allargamento delle frontiere europee, ad esempio, ha reso tutto più semplice, e molto più fluido, grazie all’informatica e all’inglese, il che nel nostro piccolo ci sta spingendo ad aprirci verso nuove rotte, rispetto al passato», prosegue il direttore.
Catene di approvvigionamento più lunghe e una base geografica più ampia, se da un lato dovrebbero rendere la produzione più efficiente, dall’altro sollevano non poche difficoltà, in primis rispetto a mezzi e veicoli. «Nel nostro settore l’autofinanziamento rimane la via maestra della maggior parte del mercato, nonostante marginalità sotto forte pressione, specie nel caso della Svizzera a fronte del cronico rafforzarsi del franco. Se per le aziende più piccole investimenti in immobili non sono troppo frequenti, tradizionalmente si è soliti far fronte alle esigenze della flotta ricorrendo al leasing, evitando di immobilizzare quantità importanti di liquidità, impiegabili diversamente», precisa Pezzotti.
Il leasing sui beni d’investimento, in questo caso i mezzi pesanti, è dunque una soluzione con diversi aspetti positivi. «Il primo guadagno è ovviamente in termini di liquidità, e la flessibilità finanziaria che questa regala. Il leasing stabilizza la struttura dei costi, sterilizzando qualunque rischio valutario e di interesse. Dall’inizio del contratto diventa tutto perfettamente pianificabile, ed entro certi limiti anche molto personalizzabile, determinando il numero e l’ammontare delle singole rate, le tempistiche del rimborso e le singole scadenze, tenendo conto delle specificità di ogni azienda e di ogni operazione, senza dimenticare il vantaggio di rimanere tecnologicamente sempre aggiornati», osserva Marko Barisic, membro della Direzione e Responsabile Consulenza clientela privata e aziendale della Banca Raiffeisen Basso Mendrisiotto.
Prevedibilità che, nel caso di un Paese soggetto a importanti fluttuazioni del tasso di cambio, e un frequente mismatch valutario, è un elemento determinante. «Ogni volta che acquisisci un nuovo cliente una parte di liquidità deve essere anticipata, e la ottieni dai margini e dal contenimento dei costi, che nel nostro settore possono essere tanti. L’avanzamento tecnologico della flotta riduce il costo delle tasse di circolazione a cui sono soggetti i mezzi, per fare un semplice esempio, che si va ad aggiungere all’altro grande capitolo, ammortamento e costo del capitale, temi significativi per tutte quelle società che non abbiano alle spalle capitali importanti», rileva il direttore di Spedimar.
Ogni investimento è però diverso dall’altro, e diversi sono azienda e settore, il che può dunque rendere necessario qualche piccolo accorgimento. «Il modello di leasing più adatto dipende dalle singole circostanze, non c’è sicuramente una formula adatta a tutti. Tendenzialmente si lavora sulla pianificazione delle rate, che possono quindi essere crescenti, decrescenti, costanti o personalizzate. Queste ultime sono necessarie laddove l’azienda non abbia proventi regolari, o viva di una forte stagionalità, come il settore agricolo, turistico o edilizio. Nel caso del grande classico, a rate costanti, il pagamento è dovuto mensilmente e in via anticipata ogni primo del mese, nel caso delle altre forme si può arrivare invece a una base semestrale o stagionale. Si tratta di una formula ideale per nuovi investimenti come impianti di produzione, macchine edili, attrezzature medicali, macchine agricole, e per l’appunto veicoli commerciali», prosegue il responsabile di Raiffeisen.
Ma all’atto pratico, come funziona? «È un iter consolidato e piuttosto semplice. Tutta la prima parte di scelta e contrattazione è in capo al cliente, che contatta il fornitore. Si parte poi da un’analisi attenta di tutti i dettagli dell’operazione e del contraente, a cui segue una prima proposta formulata dal nostro consulente, e si conclude con la stipula di un contratto di leasing. Chiusa la parte amministrativa, Raiffeisen riceve la fattura dal fornitore e acquista il bene d’investimento. Rispettando le condizioni del contratto, il bene è nelle disponibilità del cliente sino alla naturale data di scadenza, dopo cui inizia una nuova fase», nota Barisic.
Ogni caso è diverso, ma questo nello specifico che caso è? «Un camion senza troppe specifiche può costare tra 100 e 140mila franchi, cifra che può tranquillamente più che raddoppiare in caso di specifiche tecniche necessarie. Solitamente nel nostro settore si discute di leasing tra 4 e 5 anni, con ammortamento annuo, e allo stato attuale viene applicato un interesse medio del 3,6% annuo, equivalente al 9% sull’intera durata del contratto. Abbiamo iniziato nel ’93 a collaborare con la Banca Raiffeisen del Basso Mendrisiotto, per molti versi siamo cresciuti insieme, costruendo anche un rapporto umano e professionale. È tipico di una banca del territorio: ti conosce, ti ascolta, ci puoi parlare. Ci si può dunque venire incontro, più facilmente, anche nel caso del bisogno», conclude Pezzotti.

Tutto è iniziato nel 1993, dunque diversi anni fa, e come spesso accade anche molto semplicemente. «Ero un dichiarante doganale, che ha deciso di mettersi in proprio, e per diversi anni sono anche stato l’unico dipendente di Spedimar: Spedizioni di Martino. Mi affascinava l’idea di avere contatti con il resto del mondo, con Paesi che allora erano percepiti essere ‘lontanissimi’, e con cui ci si doveva relazionare con intuito e un pizzico di fortuna. L’Europa era de facto ancora divisa, l’Unione Sovietica era appena venuta meno, la Jugoslavia si stava dissolvendo, l’Unione Europea era un semplice nome, non si poteva sicuramente contare su una lingua comune, l’inglese, il nostro mondo finiva ai confini del Vecchio Continente. Trent’anni dopo – festeggiati l’anno scorso – siamo in trenta e continuiamo a crescere», rileva il fondatore, Martino Pezzotti (in foto).
Rispetto ad allora evidentemente qualcosa è cambiato. «I giovani non sono spaventati dalla velocità che nel mondo di oggi è diventata la normalità, si approcciano dunque anche al nostro lavoro con maggior serenità. Non hanno vissuto quella lunga fase in cui la meticolosità era la fortuna di ogni spedizioniere, in cui una bolla doganale sbagliata era un enorme problema, e in cui una volta partito il camion era molto difficile contattare l’autista per cambiare i piani. Indietro non si torna, lo dico spesso, e ci dobbiamo confrontare con le difficoltà di oggi, quotidiane, semplicemente diverse dal passato», conclude il direttore.
Il Purchasing Managers Index delle Pmi svizzere è nuovamente sceso nel corso di aprile, portandosi a quota 44,8 punti. Tutte le sei sottocomponenti sono in riduzione, a partire dal portafoglio ordinativi, crollato da 50,7 a 44,5 punti. Come stanno reagendo le imprese?
Nonostante il miglioramento del sentiment nell’Eurozona, le Pmi svizzere si confermano molto preoccupate dall’andamento anemico della domanda globale, cui rispondono per il momento ancora senza tagli importanti di organico, ma ricorrendo al lavoro ridotto, in attesa di un miglioramento che non arriva.
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