Tra pochi mesi i ticinesi saranno chiamati ad approvare o rifiutare una riforma fiscale attesa da anni. Malgrado il progetto presentato dal Consiglio di Stato e approvato dal Gran Consiglio avrebbe potuto essere più ambizioso per recuperare terreno rispetto a quanto è già realtà in molti altri cantoni, rappresenta comunque un passo avanti verso una modernizzazione del sistema tributario ticinese. La riforma potrà quindi correggere le disuguaglianze che penalizzano i contribuenti, le imprese e dunque la competitività del Ticino, rispetto a cittadini e imprese in altri cantoni. Il progetto tiene conto dell’evoluzione del panorama fiscale internazionale e nazionale, concretizzando il mandato affidato al Governo dal Parlamento cantonale nel 2019.
Contro la riforma – fortemente ridimensionata dai partiti in Parlamento – è stato lanciato un referendum da sinistra al motto: “Niente sgravi ai ricchi”, che parafrasato diventa un boomerang per il marketing territoriale, “Non vogliamo grossi contribuenti in Ticino”.
Siamo di fronte a un bivio: approvare una riforma che avrebbe potuto andare oltre e rendere il Ticino molto più competitivo (generando più entrate per il cantone a medio-lungo termine) o rimandarla al mittente precludendo così qualsiasi futura riforma in ambito fiscale?
Partiamo da un dato di fatto: la sopravvivenza di ogni azienda è a rischio al momento della successione. Attraverso la riforma si creano i presupposti per ridurre una parte di complessità per favorire così la continuità delle nostre imprese e dei posti di lavoro, soprattutto per le realtà dove il passaggio generazionale non avviene per discendenza diretta o avviene fuori dalla famiglia. Infatti, oggi uno/a zio/a che lascia la propria azienda al/alla nipote (non consanguineo) che potenzialmente dirige già l’azienda da anni, si vede applicare al momento di passaggio di proprietà un’aliquota di imposta del 41%, contro una media elvetica del 27%. Attenzione: il 41% di imposta è dovuto sul valore stimato dell’azienda. Un valore che si realizza solo in caso di vendita dell’azienda. Si tratta quindi di un esborso di imposte impossibile da sostenere senza indebitarsi fortemente (non sempre una via percorribile) per continuare l’attività. Lo stesso succede per i partner consensuali, caso in cui il Ticino applica un’aliquota al 41% contro una media svizzera del 15%, laddove diversi cantoni non prelevano alcuna imposta.
La riforma al voto, verosimilmente a giugno, mette una pezza a situazioni oggi assurde e suscettibili di porre a rischio una successione. La riduzione dell’aliquota per i coniugi e altre figure parentali per affinità passerebbe dal 41% al 15,5%, quella per i non parenti dal 41% al 35%, mentre una norma specifica (già presente in altri cantoni) permetterebbe di alleggerire l’imposta di successione e donazione in determinate condizioni, in particolare per garantire la continuità aziendale.
Chi è contro la riforma dimentica inoltre che per i redditi bassi il nostro cantone offre già sgravi fiscali e sussidi che in altri cantoni non esistono, mentre per i redditi medio e alti (quindi chi finanzia il gettito cantonale) il Ticino si situa da tempo agli ultimi posti delle graduatorie intercantonali, risultando tra i meno attrattivi per i redditi superiori ai 90mila franchi l’anno. La conseguenza? Imprenditori e cittadini facoltosi decidono di non insediarsi privatamente nel nostro territorio e, di riflesso, di non aprire o spostare la loro impresa in Ticino, preferendo altri lidi più competitivi dal punto di vista fiscale, che in modo lungimirante si sono mossi già da tempo, dimostrando negli anni un aumento del gettito cantonale.
La riforma persegue un obiettivo nobile e legittimo e solo un approccio cieco delle dinamiche fiscali intercantonali non permette di condividerlo: riducendo l’aliquota massima per i ‘ricchi’, il Ticino mira ad attirare e mantenere sul territorio un volume maggiore – non minore (!) – di imposte e di imprese, garantendo così una fiscalità moderata per i cittadini meno abbienti, per il quali il Ticino è tra i cantoni più convenienti in Svizzera.
La palla è nel campo dei cittadini chiamati alle urne. Il benessere non cade dal cielo, va generato, attirato e mantenuto. Più ricchezza rimane sul territorio, maggiore sarà il beneficio per tutta la popolazione. Illudersi che nel 2024, tra smart working e una grande mobilità, la fiscalità non influenzi la scelta del luogo in cui vivere e installare la propria attività è piuttosto miope.
L’occasione di migliorare la competitività fiscale del cantone è più unica che rara. Sarà quindi importante non farsi fuorviare da slogan poco veritieri e sostenere con forza questo passo nella giusta direzione: in gioco c’è il futuro e il benessere del Ticino.
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