TM   Febbraio 2025

Che delusione?

Il comparto industriale chiude il 2024 con dati sconfortanti, ma ampiamente previsti, sia in Svizzera che nella vicina Eurozona. A pesare sono in particolare le difficoltà tedesche.

di Giulio De Biase

Redattore di finanza

In termini finanziari il 2024 sarà certamente ricordato come un anno estremamente positivo, con il comparto bancario tra i principali beneficiari di quella che in termini monetari si è confermata ancora una volta una congiuntura superlativa, laddove non eccezionale. Da un lato il calo dell’inflazione, dall’altro l’ottima raccolta, una scarsa remunerazione offerta ai correntisti, e utili ancora una volta da favola, in linea con un già positivo 2023.

Se si guarda però all’economia reale, e soprattutto al tessuto industriale, i superlativi diminuiscono rapidamente, come del resto è nell’aria già da diversi mesi: una realtà che i dati hanno fotografato a tinte particolarmente vivide in chiusura d’anno, con l’indice Pmi delle Pmi di Raiffeisen precipitato in zona di netta contrazione, a 45,4 punti, rispetto ai 50,1 di novembre.

Di per sé il dato non stupisce, è in linea con un trend ormai perdurante da un paio d’anni, con l’indice stabilmente in zona contrazione o quasi, per quanto il balzo a 51,9 in ottobre avesse riacceso la speranza almeno in Svizzera.

L’indice Pmi delle Pmi elvetiche

Sottocomponenti dell’indice per mese (dati 2024, in punti)

Sottocomponenti dell’indice per mese (dati 2024, in punti), pmi, svizzere.
Fonte: Raiffeisen I-2025.

La vicina Eurozona è caratterizzata ormai da uno scenario profondamente negativo, almeno con riferimento al tessuto manifatturiero e industriale; da diverso tempo, la crisi in atto in Germania trascina infatti al ribasso i dati dell’intero comparto e, a dicembre, si è registrato un ulteriore calo, tanto che l’anno si è chiuso in bellezza a 41,8 considerato che 50 rimane la soglia di contrazione delle attività economiche. A essere particolarmente negativo è il sentiment delle imprese che continua a macinare dati al ribasso, senza il supporto di rilevazioni altrettanto catastrofiche in termini di produzione. Tale sentiment, comprensibile nel caso di Francia e Germania, dove l’instabilità politica è particolarmente grave, si sta però estendendo anche alla Svizzera, con gli ordinativi precipitati a dicembre in zona 43,3 rispetto a una produzione fermatasi a 44,5, il che potrebbe lasciare intendere un ulteriore indebolimento dell’indice nell’arco del primo trimestre del 2025.  Se dunque l’Europa è in affanno, con la locomotiva tedesca stabilmente ferma da ormai un biennio, la situazione appare decisamente migliore in Cina e Stati Uniti, che dovrebbero poter garantire un’ulteriore crescita dell’economia mondiale, seppur inferiore alla media. Sono del resto molti i problemi domestici che le due super potenze sono chiamate ad affrontare, con Pechino tutt’altro che uscita dai guai degli ultimi anni, con un settore immobiliare ancora pericolante, e con i consumi delle famiglie ancora bassi, in attesa di capire quali saranno le vere decisioni prese da Washington, che ha da poco terminato un delicato passaggio di testimone con la nuova amministrazione.

Incertezza globale, e potenti scossoni, sicuramente regaleranno un franco svizzero ancora molto forte.

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