TM   Maggio 2024

Caleidoscopio cinese

Pur tra molti chiari e scuri, il gigante asiatico rimane una scelta d’investimento interessante, e molto poco cara, anche rispetto alla sua storia recente e agli altri Emergenti. Un’analisi di Matteo Ramenghi, Cio di Ubs Wealth Management Italia.

Matteo Ramenghi

di Matteo Ramenghi

Cio di Ubs Wealth Management Italia

Il mercato azionario cinese offre un panorama affascinante, che può generare una gamma di visioni e conclusioni opposte. La Cina rappresenta una superpotenza economica, ma il suo peso sui mercati è molto inferiore: in particolare, nel campo azionario la Cina rappresenta solo il 3% dell’Msci Acwi. Questo è dovuto al minor ricorso alla borsa, alla maggior presenza di società statali e anche alle valutazioni più basse. Invece, la composizione del mercato azionario cinese è sbilanciata verso la tecnologia, come negli Stati Uniti.

La crescita degli ultimi decenni è stata impressionante, anche per via della crescente apertura agli investitori stranieri, ma nel 2021 sono cominciate le difficoltà in seguito a un inasprimento della regolamentazione su alcuni settori chiave. Gli investitori sono stati poi delusi da una ripresa post pandemica più anemica del previsto e dalle recenti tensioni nel mattone. In aggiunta, lo scorso anno si sono registrati deflussi dall’azionario: molti investitori esteri hanno ridotto le proprie esposizioni, a fronte di una situazione geopolitica particolarmente tesa.

Il rapporto con gli Stati Uniti rimane molto complesso e si registrano tensioni su diversi livelli, dalle posizioni geopolitiche fino ai rapporti commerciali, tant’è che Biden ha annunciato nuovi dazi su elettrico e rinnovabili, che si sommano alle restrizioni precedenti nei confronti dei colossi tecnologici cinesi, e alle altre misure introdotte da Trump.

Nonostante tutto, il quadro economico non è così negativo. La crescita del Pil nel 2023 è stata superiore al 5% e il Governo si è attrezzato, ma meno dell’auspicato, per sostenere il mercato interno, stimolando nel tempo l’emergere della classe media, spingendo per la modernizzazione del sistema industriale. A questo proposito, è stato recentemente varato un nuovo piano finanziato con l’emissione di 138 miliardi di dollari di obbligazioni.

Sorprendendo gli economisti, la crescita del primo trimestre ha raggiunto il 5,3% e, dopo molti mesi di difficoltà, la manifattura sembra essersi ripresa. A questo punto l’obiettivo di crescita del 5% stabilito da Pechino lo scorso marzo sembra a portata di mano.

Il posizionamento degli investitori internazionali sulla Cina è aumentato negli ultimi mesi, ma resta sottile in un contesto storico: secondo dati Epfr, alla fine del 2023 i fondi globali erano esposti al 5,5% sulla Cina, il livello più basso del decennio. Il mercato finanziario cinese presenta valutazioni molto basse»

I buoni dati economici sono stati accompagnati da una ventata di notizie positive: le autorità hanno mandato messaggi costruttivi riguardo gli investimenti dall’estero (per esempio, lo scorso marzo Xi Jinping ha incontrato oltre una dozzina di multinazionali) e il Politburo ha segnalato l’intenzione di risolvere il problema degli immobili invenduti.

Infatti, dopo diversi anni di difficoltà, questa primavera il mercato azionario cinese ha finalmente vissuto una fase positiva con un rimbalzo di oltre il 10% (espresso in dollari). Si noti che dai minimi dello scorso gennaio, l’indice Msci China ha recuperato ben il 27%. Almeno in parte questo recupero è stato favorito dall’intervento di alcune società legate allo Stato, il cosiddetto National Team, che avrebbero acquistato Etf e azioni delle principali imprese.

Il posizionamento degli investitori internazionali è quindi aumentato, ma resta sottile in un contesto storico: secondo dati Epfr, alla fine del 2023 i fondi globali erano esposti al 5,5% sulla Cina, il livello più basso del decennio. Il mercato finanziario cinese presenta valutazioni molto basse: l’indice Msci China tratta a un multiplo sugli utili inferiore a 10x, che si confronta con circa 12x per gli altri Emergenti, oltre 20x per gli Stati Uniti e 13x per l’Eurozona. Un simile livello rappresenta un forte sconto anche rispetto alla storia del mercato cinese, con massimi superiori a 30x.

Tali considerazioni sono rafforzate dalla composizione degli indici cinesi; per esempio l’Msci China è fortemente esposto a Internet (39% del totale) e ai titoli di consumo (16%), mentre gli altri settori hanno pesi più contenuti. Il forte peso della tecnologia dovrebbe spingere le valutazioni che invece restano a forte sconto rispetto ai mercati avanzati ed emergenti, che pure non possono vantare lo stesso livello tecnologico.

Da queste valutazioni, modesti miglioramenti della situazioni geopolitica potrebbero portare a un recupero consistente a medio-lungo termine. Ma la performance di qualsiasi asset finanziario non è legata solo ai suoi fondamentali, ma soprattutto alla domanda e all’offerta da parte degli investitori e non si può escludere un’ulteriore sottoperformance, specie se legata alla geopolitica.

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