Penso che sia comune a tutti i praticanti di questo nobile sport un ossimoro di entusiasmo e frustrazione (chi ha passato giorni in un bunker cercando di uscirne per imbucare successivamente un ‘hole in one’ mi capisce perfettamente). Non è così strano che, parlando di golf con la Redazione di Ticino Management – che desiderava ospitare tra le proprie pagine dei contributi sull’argomento -, abbia approfittato di questo input per arrogarmi, senza troppo pudore, l’onore di un ‘tee shot’ sapendo che stavo privando dell’occasione giocatori e scrittori più degni del sottoscritto.
Questa è la parte dell’entusiasmo. La frustrazione, consustanziale con l’entusiasmo (e con un eclettismo fuori controllo dell’autore), si è subito materializzata al momento di trovare il tempo per adempiere all’obbligo assunto come un ‘bonus vir’ (anche se non passo i miei giorni in un bunker o cercando la palla nella steppa, ho, come tutti i professionisti attivi, le tipiche tribolazioni di un cinese in Cina). Serva questo ‘incipit’ come una ‘excusatio non petita’ alla Redazione.
Per contestualizzare questo contributo ritengo sia necessario accennare brevemente alla mia esperienza golfistica. Sono stato iniziato alla nobile arte quando avevo 15-16 anni presso il Golf Club di Lugano (se non erro, sono stato nominato più volte come il ‘passeggero più assiduo dell’anno’ del trenino Lugano-Ponte Tresa. Probabilmente non me l’hanno mai dato per i danni inflitti alle carrozze con il legno 1).
Nel 1908 la città regalò al re Alfonso XII un terreno sito in una splendida penisola dove venne edificato un palazzo, detto della Maddalena, inaugurato nel 1912. Contemporaneamente vengono costruiti gli edifici emblematici del Casinò del Sardinero, l’Hotel Real, un aerodromo (è del 1913 il primo volo Santander-Madrid con un Bleriot IX) e, lupus in fabula, il Real Club Pedreña (oggi Real Golf de Pedreña) inaugurato il 29 dicembre 1928. Ancora oggi questo Club è considerato tra i migliori della Spagna e mondialmente famoso per essere stato la culla di uno dei più grandi giocatori di golf (se non il più grande) del secolo XX: Severiano Ballesteros
Ho avuto l’occasione di perfezionarmi un poco presso lo straordinario Circolo del Golf dell’Acquasanta; ricordo qui le sorgenti nel campo dove sgorgava l’acqua naturalmente frizzante, la vista degli acquedotti romani e la imponente bacheca lignea nella ‘Club House’ dove appresi che sua Eminenza il Cardinale Paul Marcinkus giocava con un ‘handicap’ 2 (probabilmente sarebbe diventato uno ‘scratch’ se non avesse perso tempo con questioni così futili come l’Ambrosiano). Purtroppo nel corso degli anni una malattia si è divertita a saldare le mie vertebre lombari e a procurarmi una generale rigidità ossea e muscolare che, se non fosse per i provvidenziali medicamenti somministrati, avrebbe ridotto la mia attività golfistica ad incarnare il tipico trofeo di bronzo con un perfetto ‘finish” per il vincitore del torneo sociale natalizio. Oggi continuo a giocare con un handicap 28 il più assiduamente che posso, senza speranze concrete di vincere un qualche torneo (sto cercando meticolosamente un Torneo Matusalemme e di approfittare per l’occasione del mio handicap) e con la rassegnazione di ricevere, come regalo per il mio imminente compleanno, un carrello elettrico di ultima generazione (giocata maestra da parte di chi mi vuole bene perché, oltre a risparmiarmi le pene di Sisifo, mi costringe a correre come un etiope dietro il carrello con i conseguenti, teorici, vantaggi cardiovascolari).

Se il lettore ha resistito fin qui alla lettura dell’incipit come alle prime venti pagine del celebre libro Il nome della rosa (si noti bene, la comparazione si limita all’umana sopportazione non chiaramente alla qualità letteraria), cercherò di entrare finalmente in materia senza però rinunciare a presentare il piano di questo e (l’auspicio è vivo) di futuri quaderni golfistici. L’idea è quella di scrivere principalmente sui campi di Golf in Spagna. Dato che ve ne sono più di quattrocento, conto sull’opportunità di assicurarmi una rendita vitalizia (ahimè non in termini finanziari ma sicuramente in fonte d’ispirazione). Al 31 dicembre 2022 si contavano 293.560 giocatori federati, di cui 1.587 professionisti (naturalmente il sottoscritto fa parte del gruppo dei 291.973). Abbondano nella rete siti che offrono informazioni dettagliate e tecniche della maggior parte dei campi di golf al mondo e non è certo mia intenzione far loro concorrenza. Anche se l’idea non è redigere un quaderno guida, non posso però rinunciare a trattare la meta finale della stragrande maggioranza degli entusiasti del Golf: la ‘buca 19’.
Siamo nell’area di partenza, la palla sul tee dietro gli indicatori gialli (un giorno scriverò su quanti giocatori, nonostante le ferree regole del golf, tendano ad avvicinarsi con astuzia alla buca di un par 4 di 475 metri posizionando il tee e la palla ben 10 cm davanti gli indicatori di partenza), il ‘driver’ inquadrato in uno ‘stance’ perfetto e via: voliamo a Santander, una perla del Mar Cantabrico e uno dei paradisi del golf. La città di Santander si trova in una posizione privilegiata sul mare ma anche vicina alla cordigliera cantabrica, con un clima che tradizionalmente viene apprezzato in estate da chi fugge il caldo torrido di Madrid. Ed è proprio grazie al suo clima e all’auge delle prime talassoterapie, i ‘baños de ola’ (bagni d’onde) che la famiglia reale spagnola con la sua corte scelse questa città per trascorrere le sue ferie. Nel 1908 la città regalò al re Alfonso XII un terreno sito in una splendida penisola dove venne edificato un palazzo, detto della Maddalena, inaugurato nel 1912. Contemporaneamente vengono costruiti gli edifici emblematici del Casinò del Sardinero, l’Hotel Real, un aerodromo (è del 1913 il primo volo Santander-Madrid con un Bleriot IX) e, lupus in fabula, il Real Club Pedreña (oggi Real Golf de Pedreña) inaugurato il 29 dicembre 1928. Ancora oggi questo Club è considerato tra i migliori della Spagna e mondialmente famoso per essere stato la culla di uno dei più grandi giocatori di golf (se non il più grande) del secolo XX: Severiano Ballesteros. Oriundo di Pedreña, ‘Seve’ nato nel 1957 si iniziò al golf come “caddie” all’età di 9 anni e sfruttò fino alle ultime conseguenze le prestazioni di un ferro 7 (il primo di sua proprietà) fino ad arrivare a vincere, tra gli oltre 80 titoli, due Masters di Augusta, 3 British Opens e 4 Ryder Cup (a scanso di equivoci Seve giocava già da tempo con una sacca completa anche se sono mitiche le situazioni disperate salvate per l’appunto dal buon vecchio ferro 7).
Un giornalista una volta chiese: “Quello che hai fatto, è stato con molta fortuna, vero?” e Seve rispose: “Può darsi che sia fortuna, non lo so, ma ti posso dire che più mi alleno, più ho fortuna”. Mio suocero, Vicente Miera, pure cantabro e grande sportivo (giocò negli anni ’60 nel Real Madrid ed ebbe molti successi come allenatore, anche della nazionale spagnola, tra i quali la prima medaglia d’oro olimpica di calcio nel ’92), aveva avuto modo di conoscere personalmente Seve già agli inizi della sua carriera e in un’occasione gli aveva espresso una certa invidia rispetto agli sport di squadra come il calcio perché evidentemente soffriva certa solitudine nella pratica del golf d’élite. Gli raccontò che a volte nella stanza di albergo si allenava ad accendere e spegnere la luce colpendo la palla con un ‘wedge’ (nonostante l’ispirazione immediata provocata da questo luminoso aneddoto dovetti rinunciare a imitare il Sommo Maestro, soprattutto in casa, per non dover ascoltare altre interessanti storie da un ‘ex’ suocero…).
Il Campo del Real Golf Pedreña è una meraviglia per ogni giocatore. Grazie anche al sostegno personale della famiglia Botín (fondatrice e azionista di riferimento della famosa Banco Santander) la manutenzione è straordinaria, tanto che l’erba dei ‘tees’ sembra quella dei ‘green’ di molti altri percorsi di golf in giro per il mondo. Si gioca tra gli alberi carezzati dalla brezza marina, con dislivelli, bunkers e greens veloci come specchi e con il premio speciale di arrivare alla meta della buca 14 con una vista mozzafiato sulla baia di Santander, il Palazzo della Maddalena, l’isola di Mouro e la spiaggia del Puntal. Per la buca 19, mi riservo per il prossimo quaderno succulenti suggerimenti nella città di Santander. A Pedreña, oltre il ristorante della ‘Club House’ (dove vale la pena osservare il salone, con il suo pavimento ligneo messo alla prova da quasi cento anni di scarpe chiodate), per chi ama il pesce freschissimo senza esigere il lusso, la ‘trattoria’ Asador el Tronky offre probabilmente le migliori sardine alla brace ed un incredibile ‘besugo’ (occhione).
Principale handicap: non prende riservazioni e, soprattutto in estate, le code possono essere lunghe (chi viene dall’estero e non segue i particolari orari spagnoli, pranzo tra le 14.00 e le 16.00 e cena tra le 22.00 e le 23.00, forse ha migliori chance). Carino, con buona materia prima e sito nel porto sportivo, il ristorante Asador Itxaski può essere una buona opzione per coronare in loco una grande e decisamente ‘reale’ giornata di golf.
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