TM   Dicembre 2024

Un quadro che evolve

Ad avere segnato il secondo semestre dell’anno una rapida evoluzione del quadro politico in diversi Paesi chiave dell’economia mondiale. Come comportarsi nel 2025? L’analisi di Riccardo De Cenzo, investment advisor e Portfolio Manager di Bg Valeur.

Riccardo De Cenzo

di Riccardo De Cenzo

Investment Manager di Bg Valeur

Negli ultimi giorni e settimane, il panorama politico globale ha subito cambiamenti significativi che hanno avuto un impatto rilevante sui mercati finanziari. La vittoria di Donald Trump nelle elezioni presidenziali, il collasso del Governo tedesco, la perdita della maggioranza da parte del Partito Liberal Democratico (Ldp) in Giappone e la vittoria schiacciante del Partito Laburista nel Regno Unito sono eventi che hanno contribuito a un incremento dei rendimenti obbligazionari e ad un allargamento degli spread.

La vittoria di Trump ha portato ad un aumento delle aspettative di crescita economica e di inflazione negli Stati Uniti. Le politiche economiche della nuova amministrazione, come l’estensione del Tax Cuts and Jobs Act (Tcja) e una regolamentazione più leggera per i settori energetico e bancario, sono attese essere uno stimolo per l’economia. Tuttavia, queste politiche potrebbero essere parzialmente compensate da tariffe più alte ed espulsioni di massa, a seconda della loro tempistica e implementazione.

Le aspettative di inflazione sono aumentate significativamente dopo le elezioni, con il tasso di inflazione implicito a 5 anni salito al 2,4% e quello a 10 anni al 2,6%. Questo aumento delle aspettative inflazionistiche è dovuto alle politiche pro-crescita e alla già elevata crescita economica. Storicamente, i rendimenti dei Treasury a 10 anni hanno seguito la crescita del Pil nominale. Con l’inflazione dei prezzi al consumo attualmente intorno al 3% annuo, si prevede una crescita del Pil nominale di almeno il 5% nel 2025. I rendimenti dei Treasury a 10 anni sono quindi previsti in aumento, seguendo la crescita del Pil nominale.

Il mercato ora prevede meno tagli dei tassi da parte della Fed rispetto a quanto previsto in precedenza, con il tasso terminale che dovrebbe stabilizzarsi intorno al 3,8%, quasi 100 punti base in più rispetto alla proiezione mediana di settembre della Fed. Se da una parte il mercato obbligazionario ha reagito negativamente all’elezione di Trump, con un marcato sell-off che ha portato a un rialzo della parte lunga della curva dei rendimenti, gli investitori azionari hanno festeggiato la vittoria del 47esimo Presidente degli Stati Uniti, per tutte le precedenti ragioni.

Volgendo lo sguardo al Vecchio Continente, l’Europa si trova ad affrontare due guerre commerciali contemporaneamente con gli Stati Uniti e la Cina, una situazione sfavorevole per le esportazioni di beni europei. Questo pessimismo è emerso anche nei due principali listini azionari europei, dove, dalle elezioni Presidenziali del 5 novembre, sono entrambi in territorio negativo.

Inoltre, l’Europa dovrà aumentare le spese per la difesa e il supporto all’Ucraina. Sebbene l’inflazione headline europea sia tornata al target, l’inflazione core e i costi unitari del lavoro rimangono sopra il target. La Bce probabilmente ridurrà i tassi di altri 25 punti al 3,00% a dicembre, con ulteriori riduzioni previste nel 2025.

Il Giappone sta affrontando un’inflazione persistente e costi unitari del lavoro elevati. La debolezza dello yen, definita dal Ministro delle Finanze Kato come ‘unilaterale e rapida’, potrebbe portare a un altro aumento dei tassi da parte della Banca del Giappone (BoJ). Nonostante la BoJ preferirebbe rimanere in disparte, la persistente debolezza dello yen potrebbe costringerla ad agire.

Nel Regno Unito, il Partito Laburista ha introdotto un bilancio espansivo con maggiori spese e tasse più alte, che è stato accolto negativamente dal mercato. Con l’inflazione core e i costi unitari del lavoro ben al di sopra del target, la Banca d’Inghilterra (BoE) avrà meno flessibilità per tagliare i tassi il prossimo anno.

L’economia globale ha mostrato una notevole resilienza, con le probabilità di recessione in calo, rispetto a quanto stimato lo scorso anno. Tuttavia, i rischi includono l’incertezza delle politiche monetarie e fiscali, l’inflazione persistente, escalation delle Guerre in Medio Oriente e in Ucraina, e la crescita cinese in rallentamento. Gli investitori devono dunque rimanere vigili e adattare le loro strategie d’investimento in risposta ai cambiamenti politici ed economici globali.

La diversificazione e un’attenta analisi delle condizioni di mercato saranno cruciali per navigare in questo periodo di incertezza. Le politiche pro-crescita della nuova amministrazione Trump stanno aumentando le aspettative di inflazione e di crescita del Pil nominale. Questo sta portando a un aumento dei rendimenti dei Treasury a 10 anni e a una revisione delle aspettative del mercato sui tassi di interesse della Fed. La riduzione del rischio di default e la crescita degli utili migliorano le prospettive per le piccole imprese e le obbligazioni High Yield.

Sul fronte azionario, a livello geografico, è da preferirsi il mercato americano rispetto a quello europeo e agli Emergenti, in quanto l’economia statunitense si sta dimostrando più solida. La Fed ha maggiore margine di manovra e il neoeletto presidente ha promesso misure espansionistiche, mirando a stimolare l’economia con tasse più basse e presumibilmente ulteriore debito.

Sebbene le tariffe possano rappresentare un ostacolo alla crescita americana, è importante considerare la loro entità, le tempistiche e se saranno compensate dalle politiche fiscali espansive e per il momento il mercato sembra credere di più all’effetto positivo che non a quello negativo dell’elezione di Trump.

Dall’altro lato dell’Atlantico invece si vedono diverse nubi addensarsi. I rischi geopolitici in Europa sono sempre presenti, la dipendenza energetica continua a essere un problema e la mancanza di una leadership forte solleva interrogativi. Francia e Germania stanno affrontando sfide diverse che compromettono la loro capacità di rappresentare gli interessi europei. Inoltre, l’industria automobilistica ha faticato a tenere il passo con le innovazioni tecnologiche negli ultimi cinque anni, mentre la dipendenza del settore del lusso dai consumi asiatici è un tema sempre più rilevante.

È vero che le valutazioni in Europa sono decisamente più attraenti rispetto a quelle americane, ma al momento non sembra che questo sia sufficiente. Per diventare più ottimisti, ci sarebbe bisogno di un segnale positivo su almeno uno dei temi menzionati in precedenza. Attualmente, si può dunque mantenere una posizione neutrale su questo mercato, in quanto tutte queste preoccupazioni sono già state prezzate dai mercati che infatti hanno molto penalizzato i listini europei nella seconda metà dell’anno.

Per quanto riguarda la Cina, la ricchezza delle famiglie sta diminuendo a causa dello scoppio della bolla immobiliare, le vendite al dettaglio sono inferiori del 20% rispetto alla media antecedente la pandemia e la possibilità di una guerra commerciale con gli Stati Uniti stanno pesando sul sentiment degli investitori verso questa regione. Ad ogni modo, il Governo cinese è intervenuto consistentemente ed è probabile che al bisogno possa ulteriormente intervenire, attraverso nuovi pacchetti di stimoli, con lo scopo di raggiungere gli obiettivi di crescita prefissati.

A fronte delle valutazioni elevate e di rischi che l’economia globale dovrà affrontare nel 2025, diversificare i propri investimenti, sia a livello geografico che settoriale, si conferma essere il miglior approccio per gestire il proprio portafoglio; a livello geografico sono da preferirsi gli Stati Uniti osservando però con particolare attenzione che la Trump economy non porti volatilità nel breve termine e che le tensioni geopolitiche non portino a escalation indesiderate.

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