Il Premio Möbius 2023 ha visto tra i suoi protagonisti, e premiati, quale “esempio virtuoso di preservazione, valorizzazione, e divulgazione di una parte fondamentale della storia recente della Svizzera italiana” AStISI, l’Associazione per la storia dell’informatica della Svizzera Italiana. Nata nel 2021, si è sin da subito prefissata un obiettivo chiaro: la conservazione di materiale e conoscenze inerenti alle tecnologie dell’informatica e della comunicazione, e di impiegarle per diffondere la conoscenza dell’evoluzione dell’era digitale.
«Nel corso della mia lunga attività professionale, prima presso la Scuola Tecnica Superiore e poi in Supsi, ho avuto modo di collezionare molto materiale informatico, hardware, software e documentazione relativa, acquisito da enti pubblici, e ulteriormente arricchito da donazioni di privati.
A oggi la collezione, che occupa una superficie di oltre 400 metri quadri, consta di circa 400 oggetti, tra computer e periferiche, di 1500 prodotti software, e oltre 3500 tra libri e manuali. Nel 2021 era stata provvisoriamente sistemata presso la sede Supsi di Trevano, ma oggi, poiché lo stabile è stato dichiarato non più abitabile, occorre trovarle una nuova collocazione», spiega Carlo Spinedi, Presidente di AStISI.
Si tratta in molti casi di materiale datato oltre mezzo secolo e, a maggior ragione in anni segnati da uno sviluppo tecnologico vertiginoso, appare quanto meno logico domandarsi a cosa possa servire. «La tesi di AStISI è che conoscere il passato possa svolgere un ruolo fondamentale per capire meglio il presente. Parecchi oggetti conservati sono funzionanti, e guardando a tali sistemi è già possibile rintracciare i germi di soluzioni presenti in quelli attuali.
Una differenza fondamentale è che in assenza di una concorrenza troppo accesa in passato i costruttori fornivano una ricca documentazione, mentre oggi a prevalere è il ‘segreto industriale’. Altrettanto importante, si tende molto spesso a credere che lo sviluppo tecnologico sia un percorso unidirezionale e lineare, mentre i fatti dimostrano che le guerre commerciali, le mode, i fallimenti e la casualità hanno avuto un ruolo determinante», prosegue il presidente.
Nonostante le collezioni siano solitamente conservate nei musei, non per forza i luoghi deputati devono definirsi tali. Il discrimine è infatti il pubblico a cui sono destinate e le modalità di fruizione. E ci si potrebbe trovare in presenza, per l’appunto, di un’eccezione. «Quello allestito a Trevano è un atelier destinato a studenti e curiosi di tecnologia. Per rendere fruibile ai visitatori tali tecnologie, mantenendole funzionanti, è indispensabile avere a disposizione parecchio spazio. Già oggi è anche sede di eventi, in presenza e in digitale, mentre nel medio periodo sarà indispensabile coinvolgere maggiormente i docenti di materie affini nei vari ordini scolastici, con un rispettoso e concordato affiancamento ad AStISI», riflette Carlo Spinedi.
Una seconda sostanziale differenza, rispetto a un semplice museo, è del resto proprio nell’essere ancora funzionante di quello che diversamente sarebbe un vero e proprio cimelio. «Poter osservare un sistema funzionante suscita nel pubblico un interesse completamente diverso, in primis per l’incapacità della documentazione scritta di trasmetterne l’essenza con altrettanta efficacia. Non si deve però trascurare il fatto che le apparecchiature nel corso del tempo deperiscono, da qui la necessità di fissare le loro peculiarità in filmati o slideshow accattivanti il prima possibile. Certo, se ne può prolungare la vita, ma per farlo sono necessarie ampie conoscenze in elettronica, meccanica, scienza dei materiali; conoscenze che, una volta acquisite possono rendersi preziose anche in altri contesti. Il Ticino ha un forte bisogno di ‘cultura tecnologica’, fondamentale affinché possa crearsi un humus fertile, su cui possano nascere aziende ad alto valore tecnologico aggiunto.
Se nell’immediato AStISI vuole fare la propria parte nel campo delle tecnologie dell’informatica e delle telecomunicazioni, in futuro si dovrà aprire anche ad altri settori, guardando ad esempio alla robotica, all’energia e anche alle biotecnologie», evidenzia il presidente. È però già nel brevissimo che si delinea una prima sfida fondamentale: trovare una nuova sede, e presto. «Attualmente la collezione è depositata in due grandi aule, con un locale annesso destinato a deposito e archivio.
Idealmente avremmo bisogno di una superficie simile, di circa 500 mq, con una disposizione analoga a quella odierna ma definitiva, onde evitare il rischio di una dispersione della raccolta. Oltre agli spazi espositivi e d’archivio, vi troverebbe posto un laboratorio dove curare e restaurare i manufatti, per garantire il passaggio di questo prezioso patrimonio alle nuove generazioni. Una sfida dall’esito non scontato», conclude Carlo Spinedi.
Individuare una nuova sede per attrarre e interessare pubblico giovane non sarà certo un’impresa facile, ma l’appello deve essere lanciato. Sarà possibile trovarla? Forse… sì.
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