Il boom delle nascite dopo la Seconda Guerra mondiale si è verificato in due ondate nella maggior parte dei Paesi, con un primo picco nell’immediato dopoguerra e un secondo negli anni Sessanta. La coorte della prima ondata di nascite ha raggiunto l’età pensionabile ben dieci anni fa. In Svizzera, questo gruppo rappresenta circa la metà della generazione dei babyboomer. La seconda coorte raggiungerà presto l’età pensionabile, con un picco di uscite annuali dal mercato del lavoro previsto per il 2029. A titolo di confronto: vent’anni fa, in Svizzera andavano in pensione solo 50mila persone all’anno; attualmente la cifra è raddoppiata a 100mila e si prevede che salirà a oltre 130mila entro il 2029.
Allo stesso tempo, oggi i giovani che entrano nel mondo del lavoro sono molto meno numerosi rispetto a dieci anni fa. Di conseguenza, senza un’ulteriore immigrazione, ci sarà un notevole divario tra chi entra e chi esce. Risultato? Nei prossimi cinque anni, l’ammanco cumulativo dovrebbe salire a oltre 200mila persone.
Tuttavia, non tutti i settori ne sono ugualmente interessati dall’ondata di pensionamenti. In alcuni casi, il fabbisogno di sostituzione demografica varia notevolmente. La media nazionale vede la percentuale di over 55 è del 23%. Ma, ad esempio, nell’agricoltura la percentuale è del 40% (esclusi i lavoratori stagionali), mentre nel settore informatico è solo del 17%. Una percentuale superiore alla media di lavoratori anziani si trova anche nel settore trasporti e magazzinaggio, nella pubblica amministrazione e, in misura minore, nel commercio e nei servizi sanitari e sociali.
Un terzo degli autisti. I cinque settori con un’esposizione superiore alla media differiscono notevolmente nella loro domanda di forza lavoro, il che attenua o intensifica la pressione demografica.
Nel settore agricolo, ad esempio, l’occupazione è in calo da decenni a causa dei cambiamenti strutturali e della tendenza a un numero sempre minore di aziende, ma di dimensioni maggiori. Nel settore sanitario, invece, la dinamica occupazionale è molto elevata a causa dell’invecchiamento della popolazione.
L’attuale debolezza congiunturale sta dando un po’ di sollievo. Le difficoltà di reclutamento di personale qualificato sono diminuite negli ultimi trimestri. Il calo è dovuto principalmente all’industria manifatturiera, attualmente in crisi. Per gli standard storici, tuttavia, il personale qualificato è ancora difficile da trovare, sia nell’industria che nei servizi
Anche all’interno dei singoli settori esistono notevoli differenze. Nella sanità, il fabbisogno di sostituzione per le professioni di assistenza, come i tecnici di radiologia o gli assistenti dentali, è piuttosto basso. Al contrario, la percentuale di over 55 è elevata tra gli specialisti, come medici specialisti, dentisti e infermieri.
Nel settore dei trasporti, invece, la percentuale di babyboomer è particolarmente elevata tra i conducenti di autobus, tram e taxi. Tra i conducenti di autobus e tram, la percentuale di dipendenti che andranno presto in pensione è di poco inferiore al 35%.
La ricerca di personale. Il fabbisogno di sostituzione potrebbe essere alleggerito utilizzando maggiormente il potenziale della forza lavoro esistente, ad esempio riducendo i pensionamenti anticipati o aumentando il lavoro oltre i 65 anni. Lo dimostra, ad esempio, il Giappone, pioniere demografico. Oltre il 50% delle persone nella fascia di età fra i 65 e i 70 anni è ancora occupato. In Svizzera, la percentuale è solo del 20%.
Nel complesso, tuttavia, la partecipazione alla vita lavorativa in Svizzera è già elevata nel confronto internazionale, è superiore all’80%. In Italia, ad esempio, c’è un potenziale molto più ampio, con una quota superiore al 65%.
Un ulteriore aumento è possibile, ad esempio attraverso l’espansione degli asili nido, ma è un’opzione costosa. Inoltre, la tendenza dei collaboratori, sia giovani che anziani, è quella di ridurre le ore di lavoro. Sempre più uomini e persone giovani senza figli riducono il loro carico di lavoro. A differenza degli Stati Uniti, dove le ore annue per persona occupata sono rimaste sostanzialmente stabili a un livello elevato dopo la crisi finanziaria, il numero di ore in Svizzera e nella maggior parte degli altri Paesi europei è in netta diminuzione. Negli ultimi 20 anni, la Svizzera ha registrato uno dei cali più marcati, pari a poco meno del 7,5%.
Nel complesso la partecipazione alla vita lavorativa in Svizzera è già elevata nel confronto internazionale, è infatti superiore all’80%, il che potrebbe porre qualche ulteriore problema. Al contrario, in Italia, ad esempio, c’è un potenziale molto più ampio, conuna quota superiore al 65%
In molte delle professioni sopra citate con un elevato fabbisogno di sostituzione, le possibilità di automazione sono piuttosto inferiori alla media, almeno per il prossimo futuro. Ciò significa che la prossima ondata di pensionamenti potrà essere gestita solo con un aumento dell’immigrazione. L’attuale gap demografico è già insufficientemente coperto nonostante l’immigrazione record e il numero dei frontalieri. C’è quindi da temere che la carenza di personale qualificato rimanga almeno al livello attuale, se non addirittura che si accentui.
La piazza svizzera. L’attuale debolezza congiunturale sta dando un po’ di sollievo. Le difficoltà di reclutamento di personale qualificato sono diminuite negli ultimi trimestri. Il calo è dovuto principalmente all’industria manifatturiera, attualmente in crisi. Per gli standard storici, tuttavia, il personale qualificato è ancora difficile da trovare, sia nell’industria che nei servizi.
Nell’ultima World Talent Ranking pubblicata dall’International Institute for Management Development, la Svizzera è ancora una volta al primo posto a livello mondiale per quanto riguarda l’attrazione e il mantenimento di personale qualificato. Secondo l’istituto con sede a Losanna, la Greater Zurich Area in particolare è un luogo interessante per attrarre, trattenere e sviluppare personale. Ma anche le altre parti del Paese beneficiano dell’eccellente sistema educativo, delle condizioni attraenti per i lavoratori e i datori di lavoro, della mobilità sociale e dell’elevata qualità della vita.
Nuovi modi per attrarre dall’estero. A medio termine, tuttavia, potrebbe diventare più difficile per le aziende svizzere assumere personale qualificato dall’estero, soprattutto dall’Unione Europea. Nella maggior parte dei Paesi europei, il divario demografico è ancora maggiore, rendendo la carenza di personale qualificato una questione politica ancora più importante e sentita.
La Commissione europea ha reagito e ha presentato un piano d’azione per affrontare il problema. Il piano stabilisce le misure che devono essere attuate al più presto a livello europeo e di Stati membri. Ciò include, ad esempio, l’attivazione di gruppi sottorappresentati sul mercato del lavoro, maggiori investimenti nell’istruzione e l’assunzione di personale qualificato da Paesi terzi.
I singoli Paesi hanno già intensificato gli sforzi per attrarre nuovo personale o per far rientrare i lavoratori qualificati emigrati. Nella maggior parte dei casi si applicano sgravi fiscali, ad esempio in Portogallo, Spagna, Svezia, Danimarca e Paesi Bassi. La Grecia, che ha dovuto affrontare l’esodo di personale qualificato dopo la sua crisi, sta facendo un ulteriore passo avanti. Il Governo ha recentemente reso possibile la settimana di 6 giorni, con un supplemento salariale del 40% per il sesto giorno di lavoro.
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