TM   Novembre 2024

Francia, o… Spagna?

Il debito spagnolo sta iniziando a costare stabilmente come quello francese: si tratta di una breve parentesi infelice per Parigi o l’inizio di un nuovo equilibrio in Europa? L’analisi di Giacomo Malinverno, Analyst di Lagom Family Advisors.

Giacomo Malinverno

di Giacomo Malinverno

Analista di Lagom Family Advisors

Negli ultimi anni, due delle economie di punta dell’Eurozona, Spagna e Francia, hanno intrapreso percorsi distinti, ciò che le ha portate a situazioni finanziarie differenti. La Francia, con un Pil di circa 2.900 miliardi di euro, resta una delle economie più grandi dell’area, mentre la Spagna, con 1.400 miliardi di euro, si conferma in crescita, anche se dimensionalmente più piccola. Anche a livello di reddito pro capite le differenze dimensionali sono importanti: circa 40.500 euro nel 2023 per la Francia, contro i 30.500 euro nel 2023 della Spagna.

Nonostante una differenza sostanziale nel Pil nominale e nel reddito pro capite, è interessante osservare come la Spagna abbia registrato una crescita economica più dinamica negli ultimi anni, trainata principalmente dalla ripresa del turismo e da forti investimenti in infrastrutture e transizione energetica. In confronto, la Francia ha mantenuto una crescita più stabile, ma con minore slancio rispetto al vicino iberico.

Dopo la crisi economica causata dalla pandemia, iniziata nel 2020, negli ultimi due anni la Spagna è il grande Paese dell’Unione europea che è cresciuto più di tutti. Un fattore importante è legato all’incremento della popolazione, soprattutto grazie al contributo dell’immigrazione. Negli ultimi due anni i residenti sono aumentati del 2,5%, circa due punti in più rispetto alla media europea.

Secondo il Fondo Monetario, i principali fattori della recente crescita della Spagna sono stati “la robusta performance delle esportazioni di servizi e i consumi pubblici”. Tra i servizi è incluso il turismo, un settore in forte espansione nel periodo immediatamente successivo alla pandemia. Secondo i dati più aggiornati pubblicati dall’istituto di statistica spagnolo, nel 2023 sono stati oltre 85 i milioni di turisti stranieri che hanno visitato il Paese. Per alcune associazioni di categoria, questo dato ha permesso al settore turistico di incidere per un notevolissimo 12,8% sul Pil nazionale lo scorso anno, la percentuale più alta mai registrata.

Titoli di Stato

Spread dei due decennali rispetto al Bund (in bp)

Titoli di stato, spread dei due decennali rispetto al Bund
Fonte: Borsaitaliana.

Il rapporto debito/Pil di questi due Paesi evidenzia ulteriormente le differenze nelle rispettive gestioni fiscali. Attualmente, la Francia ha visto crescere il proprio debito in rapporto al Pil, superando il 110% nel 2023, mentre la Spagna ha mantenuto il proprio intorno al 105%. Si tratta di una differenza apparentemente ridotta, ma significativa nell’attuale contesto europeo, dove anche lievi variazioni in questo parametro possono influire sulla percezione della sostenibilità del debito pubblico.

Mentre la Francia ha incrementato la spesa pubblica per affrontare sfide economiche e sociali, come le recenti riforme pensionistiche, la Spagna ha perseguito una gestione fiscale più conservativa, riducendo progressivamente il deficit e impiegando i fondi europei principalmente per investimenti mirati (oltre 140 miliardi di euro provenienti dall’Unione attraverso il NextGenerationEu).

L’attenzione spagnola alla sostenibilità dei conti pubblici ha avuto ricadute positive anche sul mercato obbligazionario.  Infatti, i rendimenti dei Bonos spagnoli, storicamente considerati più rischiosi rispetto agli Oat francesi, hanno iniziato a ridurre il gap, finendo per superare la Francia in termini di attrattiva per gli investitori. Negli ultimi anni, lo spread tra i titoli di Stato decennali francesi e il Bund tedesco ha mostrato una tendenza al rialzo. Attualmente, il differenziale per la Francia si attesta intorno ai 71-73 punti base, con picchi recenti a 78 punti e un minimo di circa 70. In confronto, la Spagna mantiene uno spread lievemente inferiore e stabile (intorno ai 70 punti), beneficiando di una percezione di rischio leggermente più bassa.

Nelle scorse settimane i Bonos spagnoli della durata di dieci anni hanno quindi offerto rendimenti inferiori agli Oat francesi per la medesima scadenza. Si tenga presente che i titoli decennali della Francia ormai pagano un premio di rischio più alto anche del Portogallo (e quasi al livello della Grecia).  Tuttavia, il rating della Francia risulta ben superiore a quello spagnolo: AA-/AA-/Aa2 contro A/A-/Baa1. L’ultima volta che si era verificato un fenomeno del genere era stato il 2007, prima che il crac di Lehman Brothers mettesse in discussione la solvibilità di numerosi debiti sovrani e bancari. Allora, il debito iberico viaggiava intorno al 35% del Pil, quello transalpino al 65%, di strada ne è quindi stata fatta parecchia.

Il costo del debito è un elemento che segnala la fiducia, e il mercato ha premiato la gestione disciplinata della Spagna. Di contro, i titoli di Stato francesi hanno visto un incremento nei rendimenti, influenzati dalla preoccupazione per l’alto livello di spesa pubblica e la conseguente pressione sul bilancio.

Prima della pandemia, la Francia manteneva un deficit stabile tra il 2,6% e il 3%. Al deflagrare della pandemia, il deficit esplose al 9% del Pil nel 2020 e rimase elevato nel 2021, attestandosi al 6,6%. In fase di ripresa, il deficit ha iniziato a ridursi, scendendo al 4,8% nel 2022 e al 5,5% nel 2023, anche se questo valore è rimasto sopra le attese del Governo.

La Spagna mostra una storia in parte diversa, dal 2013, quando il deficit era superiore al 6%, si è assistito a una progressiva riduzione che lo ha portato vicino al 3% nel periodo pre-pandemico. Nel 2020, a causa dell’emergenza sanitaria e delle misure straordinarie adottate, il deficit ha superato l’11% del Pil, segnando uno dei livelli più elevati nell’Unione. Successivamente, nel 2021 e nel 2022, la Spagna ha ridotto il deficit grazie alla ripresa economica e agli interventi fiscali mirati, con valori rispettivamente attorno al 7% e al 5%. Nel 2023, il valore si è stabilizzato al 3,6%, grazie al consolidamento fiscale e alla gestione oculata delle risorse europee.

In prospettiva, in un contesto globale caratterizzato da incertezze economiche e da sfide come l’inflazione e la transizione energetica, la capacità di ciascun Paese, anche quelli su cui nessun dubbio era calato fino ad ora, di controllare i conti pubblici diventerà sempre più cruciale per il futuro.

La Francia (così come il Regno Unito oltremanica, per motivi diversi) ha davvero perso il ‘privilegio’ di non doversi confrontare con i creditori internazionali? Oppure si tratta di una fase temporanea di difficoltà, da cui il Paese potrà risollevarsi e tornare a stabilire un distacco significativo rispetto al debito spagnolo (e in generale a quello dei cosiddetti ‘Pigs’)?

La partita è aperta. Il mercato, dal canto suo, non sembra disposto a fare sconti.

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