TM   Febbraio 2024

Di comune accordo

In avvicinamento alle prossime Elezioni Comunali, la parola ai principali partiti ticinesi per esprimere la loro visione di una progettualità calata sul territorio, in grado di rispondere alle sfide della politica di prossimità, che si misura quotidianamente con esigenze concrete e immediate ma, al contempo, deve dimostrare la visione strategica per creare le premesse del futuro sviluppo: Alessandro Speziali (PLRT), Fiorenzo Dadò (il Centro), Roberta Pantani (Lega dei Ticinesi), Laura Riget e  Fabrizio Sirica (PS Ticino), Piero Marchesi (UDC Ticino), Marco Noi e Samantha Bourgoin (Verdi del Ticino) e Amalia Mirante (Avanti con Ticino&Lavoro).

Avanti con Ticino&Lavoro

Lavorare sui problemi della quotidianità

di Amalia Mirante, co-fondatrice di Avanti con Ticino&Lavoro

Un dialogo efficace tra i livelli istituzionali del Cantone e dei Comuni è un obiettivo difficile: svilupparlo e sostenerlo però è veramente indispensabile. L’alternativa sarebbe la competizione tra enti pubblici che andrebbe a danno dei cittadini. Se nelle aziende la concorrenza può portare benefici, lo stesso non avviene tra livelli istituzionali: in effetti, i cittadini sono contemporaneamente cittadini del Cantone e dei Comuni (e naturalmente anche della Confederazione). È proprio per questo che gli ambiti e le sfere di responsabilità devono essere definiti chiaramente, anche nel loro finanziamento. Quando questo non succede il cittadino ne risulta danneggiato. Purtroppo, in questo senso le riforme promesse nella ripartizione dei compiti sono rimaste ferme e i passi avanti sono stati molto pochi. Si poteva immaginare che le aggregazioni avrebbero potuto ovviare alla mancanza di un coordinamento efficace tra Cantone e Comuni, fornendo le premesse anche per un miglioramento di qualità di vita e situazione economica. Dobbiamo constatare che questa “soluzione” non ha funzionato.

Anzi, oggi ai problemi di dialogo tra i livelli istituzionali si aggiungono anche quelli tra i centri e le periferie delle nuove città aggregate. I dati, le cifre, la pianificazione studiati per sostenere le aggregazioni sembravano cosa facile da applicare, sulla carta. Ma dopo qualche anno bisogna fare i conti con le realtà. E ciò che si percepisce in generale è una sorta di malcontento da ambo le parti.

Amalia Mirante

I centri cittadini ritengono che la qualità dei servizi come quelli legati alla pulizia urbana sia peggiorata perché il territorio da gestire è diventato troppo grande. Le periferie, da parte loro, percepiscono una lontananza delle autorità che spesso interpretano come indifferenza verso le loro richieste.

È evidente che non è facile valorizzare le risorse e le peculiarità di ogni realtà sul territorio e garantire, allo stesso tempo, un accesso equo e di qualità ai servizi. Un passo importante in questa direzione può però essere fatto dalle autorità che devono ricominciare a uscire da “palazzo” per ascoltare tutti i cittadini, quelli che si incontrano in centro città, ma anche quelli delle valli. Non sono i cittadini che devono andare dalla politica, ma è la politica che deve andare dai cittadini. Ed è uno sforzo che non può essere prodotto solo nelle ultime settimane di legislatura.

Negli ultimi anni la politica si è allontanata dai problemi quotidiani delle persone e delle aziende, dimenticandosi di fatto di uno dei compiti più importanti: trovare soluzioni concrete e praticabili. Spesso i grandi temi internazionali e i grandi principi hanno spostato l’attenzione dalle questioni di tutti i giorni, che tuttavia devono avere priorità per chi fa politica a livello comunale e cantonale. In questo caso penso, per esempio, al tema del lavoro. La sicurezza economica che nasce da uno stipendio dignitoso e da un impiego soddisfacente accompagna tutta la nostra vita. Purtroppo, nel nostro Cantone le difficoltà legate al mondo del lavoro non sono più ritenute prioritarie. Eppure, i nostri figli non trovano un posto di apprendistato. Le nostre nipoti, finiti gli studi, rimangono oltre Gottardo oppure sono costrette ad andarci perché qui non trovano un lavoro. E se lo trovano, i salari sono circa il 20% più bassi che nel resto della Svizzera e questo obbliga a ricorrere all’aiuto dello Stato. E che dire dei cinquantenni che perdono il posto di lavoro e non riescono a trovarne un altro? Senza dimenticare le persone anziane che dopo una vita di sacrifici e lavoro onesto sono costrette a pensare di andare a vivere all’estero perché non hanno accumulato abbastanza risparmi e contributi pensionistici.

Purtroppo, se la politica non si preoccupa di trovare soluzioni ai problemi del mercato del lavoro il Ticino è destinato a diventare terra di nessuno: giovani che fanno famiglia oltre Gottardo, anziani che emigrano all’estero e frontalieri che se ne tornano oltre confine la sera.
E oltre ai conflitti tra le periferie e i centri geografico-territoriali, avremo sempre più conflitti tra chi sta al centro della vita sociale perché ha un lavoro e uno stipendio dignitosi e chi è invece respinto alla periferia del vivere sociale da stipendi insufficienti e prospettive di incertezza e insicurezza.   

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