TM   Febbraio 2025

Accoglienza: Ue a un bivio

La sospensione delle domande di asilo per i rifugiati siriani in Europa, a seguito della caduta del regime di Assad, segna un momento cruciale per l’evoluzione delle politiche migratorie. L’Opinione di Alessandra Surano, del Circolo giovani giuristi dell’Università di Zurigo.

Alessandra Surano

di Alessandra Surano

Membro del Circolo Giovani Giuristi Zurigo

Cosa accade quando una crisi internazionale come quella siriana incontra le politiche migratorie di un’Europa sempre più sotto pressione? La recente sospensione delle domande di asilo da parte di numerosi Stati europei per i rifugiati siriani, in seguito alla caduta del regime di Bashar al-Assad nel dicembre 2024, segna un momento cruciale per il diritto internazionale e la politica migratoria europea. Il provvedimento, che coinvolge decine di migliaia di rifugiati, solleva molteplici interrogativi su come bilanciare diritti umani, sicurezza e l’obbligo degli Stati di rispettare i principi sanciti dalla Convenzione relativa allo statuto dei rifugiati del 1951. In un contesto globale in continua evoluzione, l’Europa è chiamata a rispondere a una sfida che va oltre la gestione dei flussi migratori: riuscire a proteggere i diritti fondamentali dei rifugiati senza compromettere la propria stabilità interna.

La Convenzione relativa allo statuto dei rifugiati del 1951, trattato multilaterale delle Nazioni Unite, prevede all’articolo 1(C) che lo status di rifugiato possa cessare in presenza di un cambiamento significativo e duraturo delle circostanze che avevano originariamente giustificato la protezione. Questa disposizione di cessazione richiede però che la situazione nel paese d’origine garantisca sicurezza e rispetto dei diritti umani. Nel caso della Siria, la fine del regime di Assad non ha portato a una stabilità consolidata. Il governo di transizione, sotto la guida di Hayat Tahrir al-Sham, non è ancora riuscito a dimostrare di assicurare condizioni di sicurezza adeguate. In un simile contesto, rimpatriare i rifugiati o sospendere le loro domande di asilo potrebbe violare il principio fondamentale di non-refoulement definito dall’art. 33 della Convenzione, che proibisce il ritorno forzato verso luoghi dove potrebbero essere esposti a torture, persecuzioni o trattamenti inumani.

Di fronte a questo quadro, le politiche di sospensione delle richieste di asilo, attuate ai sensi dell’art. 31(4) della Direttiva sulle Procedure di Asilo dell’Ue, consentono agli Stati membri di ritardare la valutazione delle richieste in caso di incertezza temporanea sulla situazione nel paese d’origine. Tuttavia, queste misure devono essere applicate con cautela, prevedendo revisioni regolari della situazione e garantendo trasparenza nelle comunicazioni con i richiedenti asilo. L’Unione Europea è inoltre tenuta, secondo l’art. 19 della Carta dei diritti fondamentali dell’Ue, a garantire il diritto alla protezione sussidiaria per coloro che non possono essere rimpatriati senza rischio per la loro incolumità o dignità.

Attualmente la Germania, simbolo di accoglienza durante la crisi migratoria del 2015, si trova in una posizione difficile. Con oltre un milione di rifugiati siriani accolti negli ultimi anni, Berlino sta riconsiderando il proprio approccio, rispecchiando una pressione crescente a livello politico e sociale per contenere i flussi migratori. Tuttavia, qualsiasi decisione di rimpatrio o sospensione delle richieste di asilo dovrà affrontare ostacoli giuridici significativi. L’art. 3 della Convenzione Europea dei Diritti Umani vieta esplicitamente deportazioni verso condizioni di rischio, incluse quelle di miseria estrema.

Il quadro normativo europeo e internazionale evidenzia quindi come l’equilibrio tra obblighi umanitari e considerazioni politiche sia estremamente delicato. Mentre alcuni Stati membri richiedono un approccio più rigido per gestire i flussi migratori, altri sottolineano la necessità di mantenere il rispetto dei diritti fondamentali e delle convenzioni internazionali. La posizione dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (Unhcr) è chiara: qualsiasi rimpatrio deve avvenire solo su base volontaria e in condizioni di sicurezza e dignità. Un obiettivo che, al momento, sembra lontano dalla realtà siriana. Le conseguenze di una sospensione generalizzata delle richieste di asilo sono significative non solo per i rifugiati, ma anche per la credibilità dell’Europa come pilastro dei diritti umani. Il rischio è che tali misure alimentino sentimenti di esclusione e sfiducia nelle istituzioni, minando il sistema di protezione internazionale.

La strada da percorrere è complessa e richiede non solo un rispetto del diritto internazionale, ma anche un approccio pragmatico per affrontare le sfide politiche e sociali che derivano dalle migrazioni forzate. L’Europa, che si è distinta in passato per solidarietà e accoglienza, si trova ora di fronte a un bivio. Deve dimostrare che è possibile bilanciare le esigenze di sicurezza interna con l’obbligo morale e legale di proteggere chi fugge da guerra e persecuzione. La questione dei rifugiati siriani diventa quindi un momento decisivo per il sistema giuridico e politico dell’Unione, chiamata a conciliare i principi fondanti del suo progetto con le complessità del mondo contemporaneo. Un fallimento in tal senso rischia non solo di compromettere la protezione dei diritti umani, ma anche di incrinare l’identità europea stessa.

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