TM   Marzo 2025

Congedare con empatia

Con una recente sentenza, il Tribunale federale ha ulteriormente delineato le condizioni di licenziamento di chi è prossimo alla pensione, ricordando come sia dovuto procedere con garbo. L’Opinione di Michele Barchi avvocato, partner studio legale Barchi Nicoli Trisconi Gianini SA, Lugano.

Michele Barchi

di Michele Barchi

Avvocato, partner studio legale Barchi Nicoli Trisconi Gianini SA, Lugano

Il licenziamento di un dipendente in Svizzera, in linea di principio, può avvenire senza grandi limitazioni, né condizioni. A differenza di alcuni paesi europei, il nostro diritto del lavoro predilige infatti la flessibilità per rispetto al mantenimento di diritti acquisiti. È infatti normalmente sufficiente comunicare anche solo verbalmente oppure tramite messaggistica di ogni genere, come per esempio Whatsapp, due semplici parole: “Ti licenzio” (motivando se del caso in seguito le ragioni del licenziamento). La disdetta prenderà così effetto secondo i termini contrattuali o, in mancanza, quelli di legge, e il rapporto di lavoro si estinguerà. Alla peggio, il dipendente potrà contestare la disdetta davanti al giudice, invocandone il carattere abusivo, e dando così luogo tutt’al più a un’indennità per licenziamento abusivo pari al massimo a 6 mesi di salario.

Il datore di lavoro ha ad ogni buon conto interesse a conoscere le diverse casistiche in cui un licenziamento arrischia di risultare abusivo.

Licenziare un dipendente prossimo alla pensione è senz’altro una questione delicata, sia sotto il profilo umano sia sotto quello strettamente giuridico. Si tratta, infatti, di una situazione in cui i dettagli, come per esempio le parole utilizzate per comunicare il licenziamento, possono fare la differenza.

In un caso ginevrino passato al vaglio del Tribunale federale in data 8 ottobre 2024, una datrice di lavoro ha licenziato un dipendente di 62 anni che ha lavorato in una panetteria all’interno della stazione di Ginevra per ben 19 anni. Durante i molti anni di fedele servizio ha sempre svolto le proprie mansioni con serietà, rigore e puntualità. La datrice di lavoro lo considerava un eccellente lavoratore, mai assente, oltreché apprezzato tanto dai colleghi quanto dai superiori, come risulta dai certificati di lavoro sottoscritti dalla datrice stessa.

Il dipendente ha invocato l’abusività del licenziamento davanti al giudice, chiedendo un’indennità pari a 29.991.- franchi, oltre a un torto morale di 15.000.-.

Il Tribunale federale ha confermato la decisione cantonale, ritenendo il licenziamento abusivo e condannando la datrice di lavoro a versare un’indennità di 3 mesi di salario, ossia Chf 15.000.-.

Non sono i motivi del licenziamento ad essere stati giudicati abusivi, nella fattispecie: la diminuzione della produzione dei prodotti legata alla minor frequentazione della panetteria e, così, la chiusura provvisoria della stessa.

Abusiva è stata invece ritenuta la maniera con cui è avvenuto il licenziamento, giudicata priva di ogni empatia, e che ha comportato un’importante sofferenza psicologica per il dipendente, il quale ha manifestato una depressione severa con idee suicidarie (che lo ha costretto a due ospedalizzazioni).

La datrice di lavoro è stata di fatto rimproverata di aver licenziato il proprio dipendente dopo 19 anni di fedele servizio, senza ringraziamento alcuno, durante un breve colloquio dove gli è stata consegnata una lettera di licenziamento, con la preghiera che venisse da lui controfirmata. Ciò, dopo aver nel contempo ingaggiato un nuovo panettiere attivo in un’altra panetteria sempre della datrice di lavoro, dove in passato aveva lavorato anche il dipendente anziano (e dove egli avrebbe potuto nuovamente lavorare in futuro qualora la panetteria della stazione fosse stata chiusa temporaneamente).

Non ha peraltro giovato alla datrice di lavoro il fatto di aver chiesto al dipendente di prestare le ore di lavoro rimanenti, posto che l’assicurazione perdita di guadagno aveva in un primo tempo considerato possibile una ripresa lavorativa a una determinata data.

L’Alta Corte ha confermato che è indiscutibile che non è né l’età dell’impiegato, né tanto meno sono gli anni di servizio dello stesso a conferire il carattere abusivo al licenziamento. È tuttavia la maniera, priva di ogni empatia, a conferire tale carattere. Infatti, tanto più un lavoratore è prossimo alla pensione, tanto più egli ha dedicato un numero importante di anni della propria vita al proprio datore di lavoro, e tanto più quest’ultimo dovrà agire con riguardo.

Il Tribunale federale ha così aggiunto un ulteriore tassello alla vasta giurisprudenza in ambito di licenziamento abusivo, che ogni datore di lavoro responsabile ha certamente interesse a conoscere.

Così facendo, ha senz’altro ribadito che il diritto poggia su delle fondamenta solide, ossia sul rispetto dei diritti più fondamentali di ogni individuo e, più nello specifico, sulla protezione della personalità e della dignità di ogni lavoratore.

Non solo, ma ha indirettamente ricordato a ognuno di noi che è necessario serbare un rispetto particolare per le persone diversamente giovani. Un po’ come recita il proverbio africano: “Il giovane cammina più veloce dell’anziano, ma l’anziano conosce la strada”.

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