È uno di quegli artisti che in un’immagine sa condensare il non detto. Nelle sue opere la presenza convive con l’assenza, la forma dialoga con il contenuto. Rimandi all’estetica del cinema noir, ai coloristi scozzesi, alla pittura di Edward Hopper, si uniscono in uno stile peculiare capace di tratteggiare atmosfere evocative, in equilibrio tra bellezza e mistero.

Era iniziata da pochi giorni a Palazzo Pallavicini, a Bologna, la mostra, prima in assoluto dedicata in Italia all’artista scozzese Jack Vettriano, quando è giunta la notizia della sua scomparsa, rendendola ancor più di attualità. Di origini italiane, solo a 21 anni aveva dipingere da autodidatta, dopo aver ricevuto un set di pennelli e acquerelli in regalo. Quasi quindici anni più tardi riesce a esporre in un ambiente artistico professionale e durante la sua mostra d’esordio, nel primo giorno d’esposizione, entrambi i suoi dipinti presentati sono venduti, dando inizio alla sua prestigiosa carriera. Da allora l’interesse per il suo lavoro è costantemente aumentato tanto che nel 2004, suo anno d’oro, il suo dipinto più noto, Il maggiordomo che canta, è stato venduto da Sotheby’s per quasi 750mila sterline e nello stesso anno la Regina Elisabetta lo ha insignito dell’onorificenza Obe per i servizi alle arti visive.
La mostra permette di approfondire la pittura onirica, romantica, contraddittoria e introspettiva di Jack Vettriano, metafora di un’esperienza personale in bilico tra ombra e luce, attraverso un percorso che vede alternarsi più di 70 opere tra oli, grafiche a tiratura limitata create appositamente per Palazzo Pallavicini e gli splendidi scatti nello studio dell’artista eseguiti da Francesco Guidicini, ritrattista ufficiale del Sunday Times.
Palazzo Pallavicini
Fino al 20 luglio