Non basta la strategia: molte organizzazioni sottovalutano come gestire cambiamenti e trasformazioni, ormai all’ordine del giorno nell’odierno mondo del lavoro, non sia questione solo di scelte razionali, ma richieda anche di confrontarsi con emozioni e reazioni fisiologiche dei propri collaboratori. «In ambito professionale si pensa di poter lasciare fuori le emozioni, ma il nostro cervello non funziona così. È il sistema limbico, responsabile delle emozioni primarie, a determinare la risposta istintiva di fronte a una situazione destabilizzante», spiega Günnur Homburg, life e business coach basata in Ticino dal 2002, attiva anche in Svizzera tedesca, Germania e Italia.

Fra i temi più frequenti delle sue consulenze aziendali: gestione dello stress e dei conflitti, team building, sviluppo delle competenze di ascolto attivo al sostegno nei cambiamenti di ruolo o carriera. «Dimensione personale e professionale sono sempre strettamente intrecciate: che si parli di motivazione, efficacia o leadership, il fattore decisivo sono le relazioni – incluse quelle con noi stessi. Le situazioni di conflitto, ad esempio, sono generate quasi sempre da bisogni contrastanti. Un intreccio complesso, ma anche molto interessante: se si accetta questa diversità, si può trasformarla in risorsa», prosegue Günnur Homburg.
Lavorare sulla diversità significa anche personalizzare ogni percorso. «La prima regola di un buon coach è prendere la persona nel punto in cui si trova: ascoltarla, comprenderne i bisogni e rispettarne i tempi. Il cambiamento e la formazione di nuove abitudini richiedono infatti costanza e ripetizione, analogamente all’introduzione di nuove procedure in azienda. Per questo sono scettica verso metodi che promettono risultati immediati: possono dare un impulso iniziale, ma spesso si esauriscono alla prima difficoltà», sottolinea la coach.
L’incontro con le neuroscienze è stato cruciale per potenziare i suoi strumenti e sviluppare un approccio integrato che considera tre livelli inseparabili: mentale, emotivo, corporeo. Anche quest’ultimo, solitamente sottovalutato quando si parla di business coach, è fondamentale: «Spesso, mentre un cliente parla, noto dettagli come un abbassamento della voce, spalle che si incurvano, un gesto che lo contraddice. Sono segnali preziosi, che mi guidano nelle domande da porre. La memoria somatica conserva infatti esperienze, emozioni, persino traumi e il corpo può allora prendere il sopravvento segnalando un blocco emotivo, proprio come capita a quei manager che chiedono il mio supporto perché si agitano durante le presentazioni, pur essendo più che preparati e competenti sull’argomento», illustra la coach.
Prima di affrontare le aree di vulnerabilità si lavora sempre per rafforzare le risorse personali. È la prospettiva della psicologia positiva, altro ambito di specializzazione di Günnur Homburg. Un metodo che valorizza le qualità già presenti nella persona per svilupparne il potenziale.
Sempre più sono le aziende a riconoscere il valore del coaching anche come strumento di prevenzione dei costi legati al malessere dei collaboratori. Günnur Homburg è stata ad esempio incaricata da una compagnia assicurativa svizzera di organizzare per la clientela corporate training e presentazioni in Ticino. Perché dipendenti soddisfatti e motivati significa riduzione di assenteismo, burnout, turnover e maggiore fidelizzazione dei talenti. E, ancora: aumento della produttività, ottimizzazione dei processi interni, decisioni più efficaci e sviluppo di una cultura aziendale solida e partecipativa. «Se le persone operano con focus, forza e gioia, si crea una dinamica che spinge avanti l’intera impresa. Il successo nasce infatti quando chiarezza interiore e strategia esterna lavorano insieme», conclude Günnur Homburg. Ragioni che rendono il coaching un must per ogni organizzazione, come investimento nel suo futuro.
Il mio talento nell’ascoltare, motivare e consigliare è emerso lavorando in realtà internazionali come PwC e Hugo Boss, dove ho potuto conoscere diverse culture aziendali e collaborare con team e persone molto differenti. Un’attitudine di cui ho allora voluto fare la mia professione, decidendo di specializzarmi in coaching per aiutare individui e organizzazioni a vivere in modo più appagante e a raggiungere obiettivi duraturi. Dopo la certificazione come Master Life Coach, ho proseguito alla Dr.Bock-Coaching-Akademie, dove mi sono specializzata come Mindfuck® Coach, un metodo che aiuta a riconoscere e superare gli schemi mentali auto-sabotanti.
Affascinata dalla complessità dei meccanismi umani, ho poi conseguito un Certificate of Advanced Studies in Psicologia Positiva all’Università di Zurigo e studiato neurocoaching integrativo al Roth- Institute, avendo la fortuna di lavorare con Gerhard Roth, fonte di grande ispirazione. Un percorso formativo che continuo ad arricchire, in quanto credo profondamente nel valore di un approccio integrativo al coaching: disporre di più metodi e strumenti mi permette di scegliere, ogni volta, quello più giusto per la persona che ho davanti, in quel preciso momento della sua vita.
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