I prezzi nei sottosettori del settore immobiliare statunitense hanno avuto andamenti divergenti da quando la Federal Reserve ha alzato i tassi di interesse. Ma quali sono stati i fattori che hanno guidato il mattone americano, e quali le possibili implicazioni per la crescita e la stabilità finanziaria?
I prezzi degli immobili negli Stati Uniti hanno storicamente avuto un andamento omogeneo tra i sottosettori, influenzati dalla crescita del Pil e dalla politica monetaria. Tuttavia, da quando a inizio 2022 la Federal Reserve ha alzato i tassi di interesse, i prezzi hanno avuto tendenze divergenti tra il settore residenziale e quello commerciale.
Andamento recente dei prezzi. Nel settore immobiliare residenziale (Rre) i prezzi hanno continuato a salire nonostante la politica monetaria restrittiva. Dopo una moderazione successiva ai primi rialzi dei tassi, i prezzi hanno ripreso vigore. Fanno eccezione quelli delle nuove abitazioni, rappresentative di circa il 10% delle compravendite, che calano da diversi mesi. Al contrario, i prezzi nel settore immobiliare commerciale (Cre) scendono da inizio 2023. Molti osservatori temono che affligga il resto del sistema finanziario come durante la crisi del 2007-09.
Il settore più in difficoltà è quello degli uffici, i cui prezzi mostrano flessioni superiori al 15% su base annua. Anche gli spazi dedicati al commercio al dettaglio e al settore degli affitti hanno visto cali marcati dei prezzi, ma la tendenza sembra essersi invertita di recente. I prezzi degli spazi dedicati alla manifattura ed alla logistica hanno invece tenuto. La divergenza dei prezzi tra Rre e Cre riflette le condizioni di domanda e offerta. A fine 2023, la disponibilità di immobili residenziali ai fini di acquisto era infatti ai minimi storici e anche quella delle case in affitto era bassa, seppur in aumento.
Sembra probabile che i prezzi delle abitazioni e gli affitti rimangano elevati, nonostante l’aumento dei tassi sui mutui ai massimi dai primi anni Duemila abbia significativamente depresso la sostenibilità dei finanziamenti ai minimi da oltre 30 anni
Al contrario, gli spazi vacanti nel settore degli uffici sono saliti a un quinto del totale e nel settore retail, dove la debolezza di domanda e prezzi è emersa anni prima della pandemia, la quota di spazi sfitti supera il 10% da oltre un decennio.
Le prospettive per il settore immobiliare residenziale. L’outlook per attività e prezzi nel Rre è favorevole, sostenuto dalla demografia e dal cambiamento delle preferenze delle famiglie americane andato dispiegandosi dal dopo la pandemia. La forte crescita dell’occupazione e di nuovi nuclei famigliari sostiene la domanda di abitazioni. L’offerta rimane però insufficiente a soddisfare la domanda, anche a causa dell’impatto della pandemia sulla forza lavoro nelle costruzioni, dell’aumento dei prezzi degli input, e dell’alto costo dei finanziamenti, che ha preso forza con il passare dei mesi.
Sembra probabile che i prezzi delle abitazioni e gli affitti rimangano elevati nonostante l’aumento dei tassi sui mutui ai massimi dai primi anni Duemila abbia depresso la sostenibilità dei finanziamenti ai minimi da oltre 30 anni. Il fatto che nonostante l’aumento dei tassi di interesse, il servizio del debito e gli obblighi finanziari delle famiglie americane rispetto al reddito disponibile rimangano vicini ai minimi dai primi anni Ottanta sostiene le prospettive dell’immobiliare residenziale.
Le prospettive dell’immobiliare commerciale. L’outlook per il Cre è variegato. I progetti legati al settore produttivo e alla logistica beneficeranno delle misure fiscali introdotte dall’amministrazione Biden, come l’Inflation Reduction Act, per stimolare la produzione industriale negli Stati Uniti.
La necessità di migliorare le reti di approvvigionamento e distribuzione a seguito della crescita degli acquisti online a scapito di quelli in negozio, aumenterà la domanda nel settore della logistica e delle infrastrutture. Il settore degli uffici rimane il più vulnerabile, soprattutto nelle aree meno pregiate. Il declino strutturale della domanda di spazi lavorativi per uffici dovuto alla pandemia, che riflette il passaggio dei dipendenti al lavoro da casa e il conseguente aumento dei luoghi di lavoro ibridi, ha portato a un calo sensibile dei tassi di occupazione.
Inoltre, la crescente preferenza per una vita più lontana dai centri urbani rende meno attraenti le località centrali o più lontane dalle reti di trasporto. Infine, il settore del commercio al dettaglio rimarrà sotto pressione a causa della crescente tendenza dei consumatori a fare acquisti online. Anche se la stabilità della crescita economica aiuta a riassorbire parte degli spazi commerciali inutilizzati, ci vorrà tempo prima che la domanda sia sufficiente a far salire i prezzi.
I rischi per il settore bancario. Nonostante il calo dei prezzi, a fine 2023 le sofferenze sull’insieme dei prestiti bancari legati al credito commerciale immobiliare erano solo l’1,2% del totale. Seppure in aumento rispetto a un anno prima, erano lontani dai picchi raggiunti a ridosso del 2007-09, in cui erano intorno al 9%. Si teme però che l’abbondanza di spazi sfitti e inutilizzati nei settori retail e degli uffici preluda a un significativo aumento dei tassi di default che potrebbe mettere a repentaglio la stabilità del settore bancario americano come avvenuto dopo lo scoppio della bolla immobiliare residenziale nel 2007.
Alcune differenze rispetto ad allora sono però evidenti. L’esposizione del settore bancario ai settori retail e uffici è inferiore all’8% degli attivi totali a bilancio mentre nel 2007 i mutui residenziali ne rappresentavano quasi un quinto. Rispetto al capitale netto, l’esposizione verso il Cre, uffici e retail è inferiore all’80% mentre prima dello scoppio della bolla i mutui residenziali sfioravano il 300%.
A livello aggregato, l’esposizione verso il Cre per uffici e retail pare gestibile da parte delle banche americane. Però, la ripartizione per dimensione evidenzia i rischi che gravano sugli istituti di più piccole dimensioni. L’esposizione delle banche di piccola dimensione al Cre retail e uffici è circa cinque volte superiore a quelle delle prime 25 banche americane per attivi totali, che rappresentano circa il 60% degli attivi totali del sistema. Inoltre, mentre le banche più grandi hanno ridotto i rischi per il bilancio legati al Cre rispetto a prima della pandemia, gli istituti più piccoli hanno effettuato minori accantonamenti a riserva e rimangono pesantemente esposte ai rischi derivanti da un’eventuale escalation della crisi del settore immobiliare commerciale negli Stati Uniti.
Il settore immobiliare americano è stato influenzato negli ultimi anni da fattori ciclici, come l’aumento dei tassi di interesse della Federal Reserve e la crescita dell’occupazione, e strutturali, come la diffusione degli acquisti online e del work-from-home. L’outlook per l’attività e i prezzi rimane favorevole per il settore residenziale e quello commerciale legato all’industria e alla logistica. Le criticità maggiori riguardano il settore degli uffici e il retail dove un’elevata quota di spazi sfitti manterrà sotto pressione i prezzi e rischia di causare un aumento delle insolvenze. Le ricadute per la stabilità del sistema bancario statunitense appaiono gestibili a livello aggregato, ma la considerevole concentrazione dell’esposizione presso le banche più piccole oltre a quelle regionali dovrà essere monitorata molto attentamente.
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