Dietro le luci dei riflettori, i trofei e gli stipendi a sei zeri, si nasconde una verità non sufficientemente raccontata: per molti atleti professionisti, il rischio più grande non è quello in campo, ma quello che arriva dopo. Nel mondo del calcio numerosi studi e ricerche, tra cui i report di organizzazioni internazionali come la FifPro, ma anche indagini di testate nazionali e internazionali evidenziano come una percentuale impressionante di atleti professionisti nei principali campionati di calcio europei (dal 40 al 60%) rischi di perdere tutto nei 5 anni successivi al ritiro.
Secondo Sports Illustrated, il 78% degli ex giocatori della massima lega americana di calcio, la National Football League (Nfl) e il 60% degli ex atleti della massima lega americana di basket, la National Basketball Association (Nba), affrontano gravi problemi finanziari e rischiano di dichiarare bancarotta rispettivamente nei tre-cinque anni successivi al ritiro. E non si tratta solo di calcio europeo, Nba o Nfl; questa fragilità infatti accomuna sport, Paesi e discipline diverse.
Ma com’è possibile che chi guadagna milioni possa trovarsi in bancarotta a distanza di così poco tempo dall’ultimo stipendio? La domanda, che potrebbe sembrare provocatoria, è in realtà una delle più trascurate nel mondo dello sport.
A differenza di un imprenditore o di un manager, che costruisce la propria carriera nel corso di almeno quattro decenni, l’atleta vive un ciclo economico front-loaded: guadagna molto, in poco tempo, e in una fase della vita particolarmente delicata, tra i 20 e i 30 anni. Il patrimonio che potrebbe garantire serenità per i decenni successivi viene raramente pianificato con questo orizzonte. Spesso lo stile di vita, che cresce insieme ai guadagni, non si ridimensiona quando i flussi si interrompono.
E in assenza di una seconda professione capace di sostenere lo stesso tenore di vita, molti atleti, dopo anni di sacrifici e riflettori, si ritrovano a fare i conti con instabilità, pressioni e, nei casi peggiori, vera e propria bancarotta.
Un flusso continuo di stimoli, rischi e opportunità. Se il rischio di insolvenza è reale, non lo è solo per la traiettoria reddituale atipica dell’atleta, ma per un insieme di fattori, tra cui scarsa pianificazione, mancanza di educazione finanziaria, decisioni sbagliate, e presenza di soggetti poco trasparenti. È però anche, a volte soprattutto, il risultato di un ecosistema talmente complesso e frammentato, che rende difficile, anche a chi ha le migliori intenzioni, costruire una protezione efficace.
Ogni giorno, infatti, l’atleta, e chi lavora per tutelarlo, si trova al centro di un flusso continuo di stimoli e decisioni, che provengono da una moltitudine di aree diverse ed esterne al campo da gioco: investimenti, fiscalità, relocation, protezione legale, gestione dei diritti d’immagine, pensione, assicurazioni, e molto altro.
A proteggerlo c’è un ‘Circle of Trust’ formato da familiari, agenti e persone di fiducia, che funge da filtro e da scudo. Ma spesso, le figure professionali che operano nei vari ambiti di supporto non si parlano tra loro, creando un ambiente frammentato e difficilmente gestibile anche per chi ha le migliori intenzioni.
Il risultato? Chi cerca di aiutare davvero l’atleta, che sia un procuratore, un family office, o un consulente di lungo corso, si trova a navigare in una giungla di interlocutori, ognuno con strumenti e approcci diversi, senza una visione coordinata. Questo disallineamento sistemico è una delle principali cause di inefficienza e, in molti casi, di fallimento nella tutela del patrimonio e del futuro dell’atleta.
Un ecosistema al servizio di atleti e professionisti. La domanda alle origini di tutto, dunque il reale bisogno di mercato, è: come si può aiutare chi ogni giorno lavora per proteggere e accompagnare gli atleti nelle loro sfide, dentro e fuori dal campo? Una prima organizzata risposta può nascere attraverso una piattaforma, indipendente, discreta, costruita per essere un alleato fidato dei professionisti già presenti negli entourage dei campioni, e sin dal principio senza l’ambizione di sostituirsi a loro, ma di supportarli nell’opera, dimostrandosi concretamente utile.
Idealmente tutto dovrebbe muoversi all’interno di una logica strettamente modulare, fatta di competenze e soluzioni attivabili in modalità ‘cherry picking’. In grado dunque di coprire l’intera catena del valore della protezione non solo patrimoniale dell’atleta, ma al tempo stesso flessibile il giusto per integrarsi con le componenti potenzialmente già presenti.
Parole chiave? Nessun vincolo, nessuna rigidità. Solo molta esperienza, strumenti pronti all’utilizzo, e soprattutto un network selezionato e reattivo di professionisti di fiducia attivabili su chiamata. Perché tutelare il presente di un campione è importante, ma aiutare a costruirne il futuro, lo è ancora di più. Un atleta non può permettersi di rimandare molte cose, alcune più evidenti di altre, a partire dalla preparazione atletica, preoccupazione quotidiana. Ma vi sono anche altre scelte, di natura patrimoniale e finanziaria, che compiute a 25 anni, hanno il potenziale di condizionare la serenità dei successivi 50. E in un mondo dove le carriere scorrono veloci e le aspettative sono altissime, l’unica vera strategia è giocare d’anticipo.
© Riproduzione riservata