

Dall’alluminio all’argilla, dal rame al nylon, dalla cera al tessuto, le opere di Marisa Merz sono caratterizzate dai materiali quotidiani dell’Arte Povera. Unica donna fra i principali esponenti del movimento sviluppatosi nella tormentata Italia post-industriale di fine anni Sessanta raggruppato intorno agli artisti italiani Alighiero Boetti, Luciano Fabro, Jannis Kounellis, Pino Pascali, Giulio Paolini, Emilio Prini e suo marito Mario Merz, Marisa Merz (1926-2019) condivide con i suoi colleghi l’interesse per le materie prime, il rapporto tra la scultura – nel suo caso il corpo, e in particolare femminile – e lo spazio, e tra arte e vita.
Il suo lavoro abbaglia con il silenzio, la poesia e la ricerca della fragilità dell’arte e della vita. Per oltre cinquant’anni ha sviluppato un’opera aperta e personale, come dimostra la retrospettiva che le dedica il Kunstmuseum di Berna, la più ampia in Svizzera dell’ultimo trentennio. La mostra riunisce circa 80 opere, insieme a testimonianze dei primi lavori dell’artista. Ne risulta come Marisa Merz abbia lavorato tornando più volte sugli stessi motivi, materiali e tecniche per avvicinarsi il più possibile alla loro essenza, attraverso sottili e costanti variazioni di scala, forma, materiale, colore ed effetti di superficie. I numerosi volti che ha modellato in cera, argilla o gesso, ricoperto di pigmenti, foglia d’oro o filo di rame, e instancabilmente disegnato e dipinto su ogni tipo di supporto possiedono grande forza dinamica e magnetica. La sua arte ha così portato alla ribalta il potere immaginativo dei materiali ‘poveri’.
Kunstmuseum Bern
Fino al 1 giugno 2025