TM   Dicembre 2023

Appuntamento a Vienna

Funestata da una serie di sfortunati eventi – maltempo, crollo in borsa, epidemia di colera, prezzi alle stelle, … – si chiudeva con un bilancio in netta perdita l’Esposizione universale con cui nel 1873 la capitale dell’impero austro-ungarico ambiva a riaffermarsi fra le grandi potenze, ospitando le delegazioni di Oriente e Occidente con le loro mirabilia. Ma a distanza di 150 anni, rivela di esser stata l’innesco che di Vienna ha fatto una moderna metropoli. Senza perdere il suo fascino storico.

di Andrea Petrucci

1873 © Wien Museum. A 150 anni dall’Esposizione universale, nel 2023 Vienna ha celebrato l’anniversario con un ricco calendario. Fulcro dell’immensa area espositiva era la Rotonda, con la sua cupola larga 108 metri da 4mila tonnellate.

 

Le aspettative non potevano essere più elevate: 20 milioni di visitatori attesi, una superficie di oltre 116 ettari per 50mila espositori dall’intero globo, il padiglione centrale della Rotonda sormontato dalla cupola con il maggiore diametro al mondo – 108 metri il doppio di San Pietro – che avrebbe potuto ospitare fino a 30mila persone. Inaugurazione sulle note di Johann Strauss, in persona. Dal 1851 Londra e Parigi si erano sparite le prime quattro esposizioni universali; Vienna aveva voluto aggiudicarsi la prima edizione nel mondo di lingua tedesca. Niente di meglio per riaffermarsi fra le grandi potenze europee e imporsi come mediatore economico, diplomatico e culturale tra Oriente e Occidente. I più influenti imprenditori commerciali e industriali erano in prima linea, per il governo liberale rappresentava l’occasione perfetta per celebrare i successi della propria politica economica, e anche la famiglia imperiale, bisognosa di riguadagnare prestigio dopo le sconfitte di militari di Solferino e Königgrätz mise infine da parte il proprio scetticismo. Il boom economico iniziato dopo il Compromesso con l’Ungheria del 1867, accompagnato dalla fondazione di numerose aziende, banche, compagnie assicurative e società edilizie, nonché dai generosi raccolti del 1867 e ’68, offriva le condizioni ideali per fare le cose in grande e surclassare i predecessori. Nell’area del Prater, Carl von Hasenauer – fra i grandi architetti della Ringstrasse – disegnò una città espositiva cinque volte più grande di quella dell’Esposizione universale di Parigi del 1867 e dodici quella di Londra del 1862, mobilitando un immenso contingente di lavoratori.

1873 © Wien Museum. La Rotonda, tra i pochi edifici dell’Expo a non esser stato smantellato (sarebbe costato troppo, con un tetto in ferro da 4mila tonnellate), nel tempo diventata secondo simbolo della città finché nel 1937 la distrusse un incendio. È ora in costruzione, una nuova versione, Panorama Vienna ospiterà progetti immersivi.

 

Allora come oggi, le esposizioni universali, tanto contese, rischiano di avere esiti quanto meno deludenti. Se tutto andò liscio fino all’inaugurazione, con condizioni meteorologiche a tal punto favorevoli da consentire di eseguire i lavori di muratura e intonacatura anche a dicembre, il primo maggio 1873 Giove pluvio cambiò umore e funestò il battesimo, proseguendo poi a guastare il clima sino a fine giugno. Ma era il minore dei mali, paragonato al crollo della borsa che mise fine ai fasti della Gründerzeit, solo nove giorni dopo l’apertura, travolgendo tanti dei piccoli e grandi imprenditori che avevano investito nell’evento. Poiché i mali non vengono mai soli, ci si mise anche un’epidemia di colera scoppiata nei sobborghi, che raggiunse l’apice in agosto, facendo in capo all’anno 290mila vittime nell’intera monarchia. Di che scoraggiare i migliori intenzionati, che peraltro dovevano anche fare i conti con i costi proibitivi dei pernottamenti. Ridurre il prezzo dei biglietti giornalieri da 1 fiorino a 50 kreuzer o prolungare l’orario di visita non furono che palliativi. Tirando le somme, alla chiusura il 2 novembre di visitatori ne erano arrivati 7,3 milioni, un terzo del previsto, al contrario il preventivo era triplicato – 19,1 milioni di fiorini contro i 6 milioni messi a budget – ma le entrate si fermarono a poco più di 4 milioni.

Grätz, dal “Kikeriki”, 1873 © Wien Museum. Una stampa dell’epoca ironizza su disastroso esito finanziario dell’Esposizione universale.

Per una confluenza senza precedenti di molte circostanze sfavorevoli, ognuna delle quali sarebbe sufficiente a inoculare in un’impresa del genere il germe della morte, l’Esposizione Universale è stata derubata del suo ideale, incomparabile splendore, le ottimistiche aspettative dei singoli sono state ridotte a zero e solo una pallida imitazione di ciò che avevamo il diritto di aspettarci è considerata un sostituto inadeguato” – si leggeva sul gazzettino ufficiale dell’Esposizione Universale di Vienna (viva l’onestà).
Quello che nell’immediato e finanziariamente appariva un esito fallimentare, in realtà a distanza di un secolo e mezzo si rivela l’epicentro dello slancio che ha fatto della capitale dell’impero austro-ungarico una moderna metropoli. L’organizzazione della prima esposizione universale in area tedesca catalizzò infatti tutte le energie di Vienna in un immenso sforzo di pianificazione urbana. L’ambizione con cui Francesco Giuseppe aveva dato il la, 15 anni prima, alla monumentale impresa della Ringstrasse, che in un cinquantennio ne avrebbe fatto quello che ancora oggi, con i sontuosi palazzi in stile storicista progettati dai più grandi architetti dell’epoca, è reputato il più bel viale al mondo, trovava il suo respiro urbano in un moderno sviluppo infrastrutturale: sei nuove stazioni e linee ferroviarie fecero di Vienna un hub ferroviario dell’Europa centrale, mentre una prodezza ingegneristica permise di portare dalle Alpi della Bassa Austria-Stiria fino al centro l’acqua sorgiva grazie a un acquedotto che ancora oggi fa parte a pieno titolo del sistema di approvvigionamento idrico della città, così come sul piano della mobilità, la capitale austriaca è il più importante snodo ferroviario notturno dell’Ue.

 

Industria alberghiera e ristorazione conobbero un vero e proprio boom edilizio: stimando di dover ospitare da 20 a 30mila persone al giorno, videro la luce grandi alberghi fra cui l’Imperial, unico autorizzato a fregiarsi della denominazione “K. K. Hofhotel”, o il Hansen Kempinski, fra i primi palace e fra i più grandi edifici costruiti nel corso dell’Esposizione Universale di Vienna, progettato da Theophil Hansen, autore anche degli edifici del Parlamento e della Borsa sulla Ringstrasse. Dovendo raddoppiare l’accoglienza, anche i privati furono mobilitati dalla stessa polizia per offrire camere (Airbnb non insegna niente a nessuno). E gli arrivi illustri non mancarono: dal Kaiser tedesco Guglielmo I allo zar Alessandro II a Vittorio Emanuele II, Otto von Bismarck o lo Scià di Persia, Nāsir al-Dīn Shāh, che con il suo stile di vita sopra le righe non mancò di farsi notare.

© WienTourismus/Christian Stemper. Un dettaglio della cupola rivestita di foglie d’oro del Palazzo della Secessione, sede e simbolo dello Jungendstil viennese.

Furono oltre 50mila gli espositori a partecipare, da 35 Stati. Anche la Svizzera fu presente con circa mille espositori. Per visitare tutto sarebbero occorsi giorni interi. Da ovest a est, erano disposti in sequenza geografica per facilitare l’orientamento, partendo dal Brasile, con le sue ricche risorse naturali come il legno, il cotone e il tabacco, e i popolari articoli di gioielleria realizzati con le piume, per incontrare poi gli espositori nordamericani con le più tecnologiche macchine da cucire o l’acqua gassata, pianoforti, ecc.; gli articoli haute de gamme di britannici e francesi, fino all’esotismo della parte orientale, certamente quella che calamitava più curiosi. 

© Wien Museum: Weltausstellung 1873 – Wien Museum. Esattamente 206.270 visitatori hanno goduto della vista su Vienna dal tetto della Rotonda, dove vennero anche installati grandi telescopi. Chi pagava l’ingresso poteva usare le scale e, più tardi, l’ascensore idraulico all’interno di una delle colonne di ferro.

In particolare il Giappone, che per la prima volta aveva il proprio padiglione a un’Expo (e nel 2025 invece la ospiterà), ebbe un immenso successo attirando l’attenzione tanto del mondo degli affari e del commercio quanto dell’arte e dell’artigianato, con i musei in prima linea ad acquistarne le opere, oltre al profluvio di souvenir venduti ai visitatori. Proprio qui venne per la prima volta presentata al mondo occidentale la soia e le prime prove di coltivazione si svolsero nel Palazzo del Giardino di Schönborn, dove oggi si trova il Museo etnografico austriaco (non a caso lo scorso giugno Vienna ha accolto il Congresso Internazionale della Soia). Complessivamente, in un’epoca dove non esisteva rete, una panoramica esaustiva su società, industria ed economia, che copriva tutti i possibili campi.

Quest’anno, in occasione del centocinquantesimo si è tornati a celebrarla con una programmazione lungo i 12 mesi, fra commemorazioni, mostre speciali e inaugurazioni. Nel caso ce ne fosse bisogno, uno stimolo in più a visitare Vienna, che in questo periodo delle festività raggiunge il massimo del suo fascino romantico, venato di nostalgia per una grandezza che continua ad ammaliare al di là di qualsiasi evoluzione tecnica e tecnologica.
Da pochi giorni, al termine di diversi anni di ristrutturazione e ampliamento, ha riparto i battenti in Karlsplatz il Wien Museum, la cui attuale collezione fu avviata proprio in vista dell’Esposizione. In primavera ospiterà una splendida mostra dedicata agli artisti della Secessione.

© WienTourismus / Christian Stemper. Nel 2023, lo splendido complesso barocco del Belvedere ha festeggiato tre secoli.
© WienTourismus/Paul Bauer. il soffitto splendidamente affrescato del Belvedere superiore, scrigno delle collezioni imperiali.

Seconda ricorrenza faro del 2023, sono stati i tre secoli del Belvedere. Lo splendido complesso barocco, trasformato nel 1777 da Maria Teresa d’Austria – che qui aveva fatto confluire le collezioni imperiali, sino ad allora frammentate fra diverse sedi espositive – in uno dei primi musei al mondo aperti al pubblico, era stato residenza estiva del celebre principe Eugenio di Savoia, molto amato in città per aver respinto nel 1683 l’attacco della potente cavalleria ottomana capitanata da Sobierski. Si protrarrà fino a febbraio 2025 la mostra che ripercorre, lungi dall’autocelebrazione, gli sviluppi storici e i cambiamenti istituzionali che hanno segnato i suoi tre secoli di esistenza, evidenziando l’evoluzione della collezione e il ruolo del suo patrimonio come simbolo di potere. Un luogo carico d’arte e di storia, da eventi glamour come le nozze di Maria Antonietta, a residenza dell’erede al trono Francesco Ferdinando e, soprattutto, teatro della firma del Trattato di Stato austriaco (1955), siglato nella sua Sala dei Marmi ponendo fine dopo dieci anni all’occupazione delle potenze alleate. La circolazione e il trasferimento degli oggetti, le aggiunte e le cessioni di opere dovute alle riforme museali e alle transazioni di baratto, permettono di approfondire lo sviluppo della collezione sullo sfondo storico. In particolare, dal 1938 al 1945 il museo fu agente e beneficiario della politica di saccheggio e sfruttamento culturale dello Stato nazista, opere oggi in gran parte restituite ai legittimi eredi.

© WienTourismus/Christian Stemper. La meravigliosa Ringstrasse, con in primo piano il Volksgarten e uno scorcio degli edifici gemelli del Kunst- e del Naturhistorisches Museum e del neoclassicheggiante Parlamento.

 

Intanto – per attenersi alle ricorrenze legate a Expo 1873 tacendo le tante altre interessanti mostre di cui Vienna, con una scelta di indirizzi per l’arte estremamente vasta e differenziata, è oltremodo generosa – si attende l’apertura dell’attrazione Panorama Vienna che in scala ridotta (ma pur 34 metri di altezza) riprende concetto e ubicazione dell’originaria Rotonda, tra i pochi edifici dell’Expo a non esser stato smantellato (sarebbe costato troppo, con un tetto in ferro da 4mila tonnellate), nel tempo diventata secondo simbolo della città dopo il Duomo di Santo Stefano finché nel 1937 la distrusse un incendio. Creando uno spazio illusionistico, Panorama Vienna ospiterà progetti immersivi.

© WienTourismus/Paul Bauer. Il Musikverein, tempio viennese della musica, costruito poco prima dell’Esposizione universale, che nella Sala d’Oro ospita il leggendario Concerto di Capodanno.
© WienTourismus/Christian Stemper. Il futuristico quartiere Donau, lungo il Danubio, nell’area destinata alla sfumata Expo 95.

Una certezza è e rimane il concerto di Capodanno con cui cala il sipario su quest’anno di celebrazioni. Nella Sala Dorata del Musikverein – che nel 1873 era stata appena inaugurata – e in mondovisione, sotto la bacchetta di Christian Thielemann torneranno a risuonare le note di Johann Strauss, che dell’Esposizione universale fu tra i protagonisti. Anche lui fra alti e bassi: il suo concerto in occasione dell’inaugurazione nella Rotonda venne disturbato dal rumore dei lavori ancora in corso e dall’acustica non ottimale. Il padiglione musicale frettolosamente approntato per le successive esibizioni risolse soltanto in parte e Strauss indispettito finì per non dirigere quasi mai. Tuttavia, organizzando concerti in luoghi più adatti della città, riuscì a capovolgere la situazione a suo favore e all’evento dedicò anche nuove composizioni, come la Rotunden Quadrille e la polka veloce Vom Donaustrande, inoltre sfruttò la sua Marcia persiana per omaggiare lo scià che, lusingato, gli conferì l’Ordine persiano del Sole, mentre alla delegazione cinese riservò l’esecuzione dell’incomparabile Danubio blu.
Al di là delle celebrazioni di quest’anno, va ricordato il secco no incassato alle urne nel 1991 quando la popolazione viennese ha respinto il progetto di Expo 1995, a cui doveva candidarsi con Budapest. Indirettamente anche in questo caso un’altra spinta all’innovazione: i terreni sul Danubio, già ipotecati per l’evento, sono stati riqualificati progettando un avanguardistico quartiere multifunzionale, Donau, che a Vienna ha portato anche i suoi grattacieli.

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