TM   Maggio 2025

E fu la tempesta

Muoversi nell’attuale contesto di mercato può rivelarsi particolarmente difficoltoso per imprese e investitore, con colpi di scena nell’ordine delle ore, tra tensioni geopolitiche, volatilità finanziaria ed incertezza economica. Gli Stati Uniti sono al centro del ciclone, e si moltiplicano le manifestazioni di dissenso tra avversari e alleati storici. Quale ruolo per Svizzera ed Europa?

Intervengono Norman Villamin, Group Chief Strategist di Union Bancaire Privée (Ubp); Elena Guglielmin, Cio di Ubs Wealth Management; Oliver Buomberger, Coo e Deputy Ceo di Saxo Bank Switzerland;  Riccardo Braglia, imprenditore ed Executive Chairman del Gruppo Helsinn; Mario Cribari, responsabile ricerca di BlueStar Investment Manager; Giovanni Castellino, Institutional Business Development di Pkb Private Bank; Geoff Yu, Emea Market Strategist di Bny; Aleksandra Milan Cortegiano, Director Investment Funds di Valeur Group; e Alida Carcano, Founding Partner di Valori Asset Management.

di Federico Introzzi

Responsabile editoriale Ticino Management

L'instabilità

Turbolenze chiamano incertezza, che a sua volta è solita generare volatilità, che nella maggior parte dei casi si trasforma in perdite potenzialmente importanti, salvo strategie, anche sofisticate, utili per correre ai ripari, o salvare il salvabile. Se questo è un possibile scenario finanziario, la nuova stagione di erraticità e ripensamenti inaugurata a Washington certamente non aiuta nemmeno in termini più reali e concreti, con decisioni d’investimento delle imprese sino a pochi mesi fa considerate brillanti, divenute rapidamente un boomerang nel caso di alcuni, o ben più discutibili nel caso di altri. Si è dunque chiusa un’epoca, quella della Pax Americana, e stanno infine arrivando le invasioni barbariche?

I parallelismi con la Pax Augustea prima e Romana poi, sono numerosi e sotto certi aspetti, a dipendenza di come la si voglia considerare, la prima o la seconda, anche un po’ inquietanti rispetto al presente. Quella di cui si fece garante Augusto nel 29 a.C., al termine di tre lustri di guerra civile scoppiata in seguito all’assassinio del suo illustre zio, Giulio Cesare, è del resto una lunghissima epoca d’oro che contraddistinse Roma, e lo fa ancora oggi nell’immaginario collettivo, consacrandone la grandezza di cui ha goduto nei secoli. A chiuderla, nel 180 d.C., la morte per peste (antonina) di Marco Aurelio, che aprì una nuova incerta e tribolata fase. Per primo, nel 293 Diocleziano tentò di dividere ordinatamente l’Impero in quattro grandi regioni, poi nel 395 Teodosio ne sancì la reale divisione tra Occidente e Oriente, e infine nel 476 cadde il primo di questi, chiudendo una lunga parentesi che tanto ha dato alla storia del mondo.

I due secoli esatti che durò la Pax Romana evidentemente non sono stati privi di conflitti o problemi, ma la caratteristica dominante per tutte le areee d’influenza dell’Impero fu una sostanziale pace duratura nel tempo, nonostante il succedersi di tre diverse dinastie imperiali, in ordine cronologico: 85 anni di Giulio-Claudii (5 imperatori), 30 anni di Flavii (solo 3), e altri 85 di Antonini (altri 5). Soprattutto in coincidenza dei due passaggi di testimone si aprirono brevi fasi tormentate di profonda incertezza, con rapidi cambi di casacca, tutti rientrati in buon ordine per ristabilire l’iniziale Pax Augustea. Indiscutibilmente il modesto numero di imperatori, 13 in 200 anni, dunque una media di 15 anni di regno, con Augusto da solo a quasi 40, racconta molto delle cause di tali successi inediti nella storia dell’uomo, e con rare analogie. 

La prima fase critica d’incertezza, seppur fulminea, fu il cambio di dinastia tra coloro che avevano fondato l’Impero, la dinastia Giulio-Claudia, e quella Flavia. Nel biennio 68-69, dunque con la morte di Nerone, a succedersi sul soglio imperiale furono ben 5 imperatori o aspiranti tali, prima che Vespasiano riprendesse le redini dell’impero, garantendo un altro decennio di pace e stabilità. Il 69 d.C. è intanto divenuto noto alle cronache quale l’anno dei quattro imperatori, con l’altrettanto celebre infelice terzezzo di Galba, Otone, e Vitellio, che salvo di nome non hanno certo potuto lasciare il segno.

Cosa rese possibile questa pace miracolosa, al netto di un indispensabile pizzico di fortuna? Un ciclo agricolo, e dunque economico, particolarmente positivo, grazie a un clima favorevole, e temperature insolitamente miti di decennio in decennio. Dopo i bagni di sangue del I secolo a.C., la pace aveva anche ripopolato vaste aree agricole in Italia e non solo, mentre l’annessione dell’Egitto all’Impero a opera di Augusto aveva garantito un generoso granaio cui attingere nelle brevi fasi climaticamente avverse. L’assenza di carestie e siccità in Asia aveva alleggerito invece le future pressioni delle tribù nomadi a spingersi fuori dalle loro regioni di origine, e spingere contro i confini romani. Un erario pubblico in salute, e costanza nel gettito fiscale, dunque la stabilizzazione dell’esercito e della sicurezza interna, avevano favorito il commercio e la formazione di distretti economici specializzati, con il Mediterraneo (e i suoi numerosi affluenti) quale piattaforma privilegiata di scambio, anche grazie al contributo del generale repubblicano Pompeo Magno, che nel lontano 69 a.C. l’aveva ripulito di qualunque forma di pirateria. Da ultimo, nonostante tutti i vizi di una corte pur sempre imperiale, quello che si potrebbe definire ‘buon governo’, retto da certezza e prevedibilità del diritto.

Oggi, o forse già da tempo, il disimpegno degli Stati Uniti dagli affari globali, anche per via di oggettivi nodi economici e finanziari tuttora da sciogliersi, e dopo solo tre quarti di secolo, potrebbe aver già sancito la fine della Pax Americana, e l’inizio di quella che nel III secolo, all’estinguersi della quarta dinastia imperiale, i Severi, si definisce anarchia militare?