
Stupire nella semplicità. Se fossero tre parole e definirne il tratto, sarebbero certamente queste. Sarà per quell’approccio organizzato e metodico, che traduce la grande creatività in preparazioni originali ma equilibrate, sarà per il desiderio di rispettare gli ingredienti e invogliare i destinatari dei suoi piatti alla consapevolezza verso ciò che si mangia. Sarà che non nasce cuoco ma che, pensando di diventare dentista, segue un percorso di studi scientifici. Salvo poi, a vent’anni, lasciare che la sua latente passione per la cucina prendesse il timone della sua vita e delle sue scelte.
Sarà. Ma di sicuro, oggi, le proposte di Diego Della Schiava sono un viaggio nel gusto che coinvolge tutti i sensi. È una cucina italiana moderna su base classica. La rivisitazione è incessante. Non scevra da echi esotici, questa cucina apre alle spezie, pur non cedendo alle tentazioni di una dimensione prettamente ‘fusion’.
Ardita, a tratti funambolica, lungi dall’essere stravagante, la sperimentazione di Della Schiava indaga, aggiunge e sottrae. Osa ma mai per il gusto di osare, solo e sempre nel segno di una ricerca rigorosa e per questo affidabile. Operazione stimolante per chi prepara e per chi assapora.
L’obiettivo? È uno solo: «Esaltare e rendere protagonista il prodotto, dal più pregiato al più umile o meno conosciuto, nel totale rispetto della sua essenza», esordisce Diego Della Schiava, che ha appena ricevuto la prima stella Michelin. «La mia ambizione è far sfumare il confine con il cliente, affinché egli scopra il piacere del rispetto per il cibo e diventi parte attiva nel processo di trasformazione delle materie prime in esperienze sensoriali». Per questo interattiva, la cucina di Della Schiava, è prima di tutto dinamica. «Reinterpretare, anche le ricette più classiche, non significa snaturarsi o generare confusione. Anzi, è importante che uno Chef crei la propria identità, quella nella quale i clienti, al di là di ogni variazione nella proposta, si ritroveranno sempre», precisa Diego Della Schiava, oggi Executive Chef del The View Fine Dining, di Paradiso, ristorante gourmet del design hotel The View, dove è a capo di una brigata di cucina con otto collaboratori.
Già apprezzato come ‘Talento Ticinese 2021’ da Gaultmillau, Della Schiava aveva ricevuto l’anno scorso 16 punti nell’autorevole guida gastronomica. Quest’anno, aggiudicandosi la prima stella Michelin, ha portato il ristorante The View a essere il quarto stellato di Lugano (con Meta, I Due Sud e Villa Principe Leopoldo, che avevano ricevuto l’ambìto riconoscimento nel 2021) e l’ottavo in Ticino.
Giovane talento dalla forte personalità, Della Schiava si è formato presso la Scuola Internazionale di Cucina italiana, sotto la direzione del celebre Gualtiero Marchesi, a cui sono seguite varie esperienze in diverse cucine stellate. Quella abruzzese di Niko Romito, da cui Diego ha assorbito alcuni punti fermi, ancora oggi bussola e porto per il giovane Chef. Dopo l’Abruzzo e diverse esperienze, il suo percorso è proseguito in Emilia Romagna (nella brigata del Grand Hotel Rimini), raggiungendo livelli importanti a Bologna dove, sotto la direzione di Guido Haverkock, chef di grande personalità, ha contribuito alla conquista della stella Michelin. Particolarmente formative anche le esperienze con gli chef stellati Andrea Berton ed Emanuele Scarello.
In Svizzera dal 2012, Diego Della Schiava, già Chef de Partie dell’hotel cinque stelle Villa Orselina a Locarno, è stato invitato nella cucina del The View Fine Dining di Lugano Paradiso. Dopo due anni come secondo di Mauro Grandi, la cucina gli è stata affidata a pieno titolo. «Le circostanze sono state favorevoli», minimizza Della Schiava, «mi sono limitato ad accettare la sfida, che ho trovato stimolante».
La semplicità è quella di sempre. Quella di un cultore della cucina che, nel tempo libero, ama mangiare orientale «perché nutre la mente», commenta.
La potenza della materia prima è ciò che fa la differenza. Occorre capirne le potenzialità per declinarla con tecnica e fantasia in pietanze sorprendenti. Anche le preparazioni più semplici sono destinate a veicolare sempre un messaggio, generando una sensazione esclusiva
Neppure la stella Michelin ha scalfito l’approccio semplice di Della Schiava: «Sono molto onorato di aver ricevuto questo riconoscimento», nota lo Chef che non nasconde «la grande emozione provata quando ho ricevuto l’invito a partecipare alla cerimonia di premiazione che si è tenuta il mese scorso a Losanna, per la prima volta presso la rinomata Ehl Hospitality Business School, l‘Ecole Hôtelière de Lausanne’ fondata nel 1893». Della Schiava, tra i 150 invitati, è stato uno dei 36 premiati. I criteri con cui sono valutati i ristoranti ammessi nella Guida Michelin sono cinque: qualità delle materie prime, originalità e personalità dello chef nei piatti proposti, la padronanza delle tecniche, il rapporto qualità/prezzo, la continuità nel tempo. «Le materie prime sono per me fondamentali. Da vegani e vegetariani ho ricevuto stimoli interessanti che mi hanno invogliato ad approfondire la potenza e i processi nella preparazione delle verdure. Anche delle verdure o addirittura delle erbe apparentemente meno significative è interessante individuare e valorizzare il potenziale», nota lo Chef che, solo per le carote ad esempio, usa cinque preparazioni diverse. «Delle verdure apprezzo anche l’estetica, generatrice di armonia», aggiunge. Infine, è proprio la versatilità delle verdure ad offrire spunti per realizzare con ogni piatto uno storytelling.
Sperava in questa stella, lo Chef Della Schiava. Al di là di tutto, come conferma che la strada intrapresa fosse quella giusta. «Quest’anno la Guida Michelin Svizzera ha segnato un record assoluto: con un totale di 138 ristoranti stellati Michelin di cui 36 novità», sintetizza Diego Della Schiava. Tra questi brillano anche 30 nuovi ristoranti una stella, compresa quella assegnata al The View, che portano il totale in Svizzera a centonove, distribuiti in tutto il Paese.
“È straordinario come la gastronomia svizzera abbia continuato a evolvere positivamente nonostante i recenti tempi difficili”, ha commentato Gwendal Poullennec, direttore internazionale della Guida Michelin, durante la cerimonia. “In ogni parte del Paese, gli ispettori hanno potuto apprezzare l’originalità, l’artigianalità e lo spirito innovativo dei ristoratori. Rimanendo oltremodo colpiti dallo sviluppo dei tanti nuovi talenti che hanno continuato a fiorire nell’ultimo anno”, ha aggiunto Poullennec.
La Guida Michelin è senza dubbio la più antica e prestigiosa guida ristoranti (e alberghi) del mondo. Lanciata nel 1900, in occasione dell’Esposizione Universale, dalla società produttrice di pneumatici Michelin, che ne è ancora oggi l’editore. La prima edizione fu realizzata dai fratelli André ed Édouard Michelin. Allora era una guida pubblicitaria con una tiratura di 35mila copie. Si rivolgeva inizialmente ai ciclisti, ma allo stesso modo scommetteva sul mercato automobilistico ancora in embrione: la Francia, infatti, contava in quel momento appena 2400 guidatori. Questo piccolo annuario includeva una serie di consigli pratici: officine di riparazione dei pneumatici, lista di hotel, itinerari. Non erano invece menzionati ristoranti. Che saranno inseriti solo nel 1920. A fornire le informazioni sui ristoranti erano lettori e i primi ispettori anonimi. È nel 1926 che appare la prima Stella a segnalare la particolare qualità del ristorante. Mentre nel 1931 viene creata la celebre classificazione, ancora valida: 1 Stella: interessante (très bon restaurant dans sa catégorie); 2 Stelle: merita una deviazione (excellente cuisine; mérite le détour); 3 Stelle: vale il viaggio (cuisine exceptionnelle; vaut le voyage). Fra i primi ristoranti 3 Stelle in Francia nomi ancora celebri (anzi mitologici), come La Pyramide di Fernand Point a Vienne e la Mère Brazier a Lione di Eugénie Brazier. «I riconoscimenti non sono un punto di arrivo, ma l’incoraggiamento a fare sempre meglio. Questo richiede uno studio incessante e una sperimentazione ragionata che, insieme, aprono nuove frontiere del gusto», conclude Diego Della Schiava.
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