Quest’anno, più che la metà delle opzioni scambiate sull’indice S&P 500 aveva una data di scadenza inferiore a una settimana. Da circa tre anni, il trading delle opzioni a breve scadenza è cresciuto notevolmente e, ad oggi, circa il 40% delle negoziazioni di opzioni sul medesimo indice è concentrato su contratti che scadono il giorno stesso, le cosiddette zero-days-to-expiration options o più semplicemente opzioni 0Dte.
I motivi per acquistare o vendere un’opzione 0Dte sono simili a quelli dei contratti a più lunga scadenza, ma poiché tali opzioni scadono lo stesso giorno, sono tipicamente utilizzate da investitori che vogliono speculare su un movimento giornaliero dei prezzi, potenzialmente legato a un evento specifico, come ad esempio la pubblicazione di un indicatore macroeconomico o la riunione del consiglio direttivo di una banca centrale.
L’apertura di piattaforme di negoziazione online e l’aggiunta di nuovi contratti a scadenza settimanale hanno aiutato l’ascesa delle opzioni 0Dte. La grande attività sulle transazioni di piccole dimensioni, cioè meno di 10 contratti scambiati, e la loro popolarità nei forum di discussione online suggeriscono che tali opzioni siano diventate uno degli strumenti favoriti dai piccoli investitori per posizionarsi prima di un evento specifico o per beneficiare di trend giornalieri nei mercati azionari.
A causa della loro breve durata, il prezzo delle opzioni 0Dte è inferiore a quello dei contratti più lunghi. Tuttavia studi recenti mostrano che vi sia un divario notevole tra la volatilità implicita di dette opzioni e la volatilità realizzata infra-giornaliera dell’indice S&P 500. Il premio di volatilità incorporato in questi contratti giornalieri è infatti maggiore rispetto alle opzioni con scadenza più lunga. Sebbene l’apparente economicità abbia aiutato l’ascesa delle opzioni, si capisce come il loro prezzo sia in realtà più costoso di quanto non lo sia nelle opzioni a più lunga data.
Un utilizzo diverso. Grazie al loro costo minore, le opzioni 0Dte offrono la possibilità di prendere una posizione (rialzista o ribassista) su un indice azionario come lo S&P 500 con una leva aggiuntiva. Il rapporto tra volumi di trading su contratti put e call suggerisce però che il loro utilizzo sia diverso rispetto al resto delle opzioni. In genere, gli investitori utilizzano opzioni put su indici per protegge i loro portafogli contro possibili crolli delle borse. Storicamente, il rapporto put-call dell’indice S&P 500 mostra come l’attività sui contratti put sia stata maggiore rispetto a quella sui contratti call.
I volumi più equilibrati tra call e put in tali opzioni riflettono invece uno stile e una base di investitori molto diversificati, più focalizzati sui movimenti giornalieri dei mercati e meno guidati da considerazioni di portafoglio a lungo termine.
Quali sono le implicazioni per i mercati? Secondo alcune agenzie di stampa, il crescente utilizzo delle opzioni 0Dte potrebbe avere ripercussioni negative sui mercati. Contratti derivati come opzioni possono infatti influenzare il prezzo del sottostante attraverso l’attività di copertura dei market maker, ossia coloro che facilitano il trading degli investitori fornendo liquidità.
Poiché spesso i market maker mantengono la posizione opposta nel contratto fino alla sua scadenza, preferiscono ridurre il rischio di movimenti nel prezzo del sottostante, e quindi dell’opzione, effettuando delle operazioni di copertura. Generalmente, vendono e acquistano dinamicamente il sottostante a una frequenza proporzionale alla volatilità del prezzo con lo scopo di neutralizzare l’esposizione. Se gli investitori favoriscono l’acquisto di opzioni, i market maker sono costretti a vendere il sottostante quando il suo prezzo scende e ad acquistarlo quando il suo prezzo aumenta, amplificando in ultima analisi il movimento del prezzo dell’asset (l’effetto ‘short-gamma’).
L’azionario statunitense rimane tra i più liquidi, ma grandi flussi di acquisto di opzioni potrebbero comunque amplificarne i movimenti in uno giorno specifico. Analisi preliminari suggeriscono però un posizionamento bilanciato nelle opzioni 0Dte da parte degli investitori
Con l’aumento dei volumi sulle opzioni a breve scadenza, il rischio che il mercato delle opzioni possa impattare le borse è quindi aumentato. La portata di questo impatto dipende però in gran parte dall’entità della posizione netta detenuta dai market maker e dalla liquidità del mercato sottostante.
Ovviamente, l’azionario statunitense rimane tra i più liquidi, ma grandi flussi di acquisto di opzioni potrebbero comunque amplificarne i movimenti in uno giorno specifico. Fortunatamente, analisi preliminari suggeriscono un posizionamento bilanciato nelle opzioni 0Dte da parte degli investitori con un’attività equamente divisa tra acquisto e vendita che non espone i market maker a grossi rischi.
Occorre anche ricordare che le opzioni 0Dte scadono a fine sessione di trading e sono per lo più esercitate in contanti. I market maker tendono così a chiudere le loro posizioni di copertura alla fine di ogni giornata, limitando l’accumulo di esposizione su più giorni.
Anche il rischio di una ripetizione dello shock di volatilità come nel febbraio 2018 sembrerebbe limitato. Le strategie sulle opzioni 0Dte più popolari sono infatti volte all’acquisto di contratti singoli o strutture di spread con un profilo di perdita limitato e quantificabile. Si è però ancora nelle prime fasi di questo nuovo trend e gli effetti completi di tali opzioni potrebbero ancora cambiare, specialmente se i mercati dovessero entrare in un regime di forte avversione al rischio.
Un nuovo indice della paura. Con la maggioranza dei volumi di trading su opzioni concentrate nel breve termine (meno di una settimana), la borsa di opzioni Chicago Board Options Exchange (Cboe) ha lanciato in aprile un nuovo indice che estrae la volatilità del mercato azionario americano dalle opzioni 0Dte e 1Dte. L’indice di volatilità a 1 giorno, o semplicemente Vix1D, stima la volatilità attesa dal mercato nelle seguenti 24 ore, aggregando i prezzi ponderati di put e call a diversi prezzi di esercizio. La formula per calcolare il Vix1D è simile, ma non identica, a quella del Vix standard, ma con un orizzonte temporale diverso: 1 giorno per il primo contro i 30 giorni del secondo.
Data la sua correlazione negativa con il mercato azionario, il Vix standard è stato spesso utilizzato dagli operatori di mercato come indicatore del sentiment. Valori elevati segnalano maggiore incertezza negli investitori e viceversa. Lo stesso vale per il Vix1D ma con una sensitività e una rapidità di movimento maggiore. Rispetto alle opzioni a più lunga data, i contratti a breve scadenza sono infatti maggiormente influenzati da eventi e notizie.
Un paragone tra i valori storici alla chiusura dei due indici mostra come il Vix1D sia più dinamico, o volatile, rispetto al Vix. Non devono però trarre in inganno i continui spostamenti al rialzo del primo durante le sessioni di trading, che sono da attribuire al suo metodo di calcolo, una peculiarità non presente invece in quello standard.
Sebbene le opzioni 0Dte rappresentino oltre il 40% del volume nel mercato delle opzioni sull’indice S&P 500, i contratti tra i 24 e i 36 giorni alla scadenza, quelli utilizzati nel calcolo del Vix, non hanno visto un calo dei volumi o dell’attività di trading. Ciò conferma che gli investitori utilizzano ancora opzioni con una durata maggiore. L’indice Vix non ha pertanto perso la sua rilevanza per gli operatori di mercato e con molta probabilità continuerà a essere visto come l’indice della paura ancora a lungo.