TM   Luglio/Agosto 2023

Sbaglia, ma riprova!

La Svizzera è l’ambiente perfetto per fare imprenditoria, ma a dover essere rimosso è lo stigma tutto europeo legato al fallimento, a favore di un approccio molto più anglosassone.

Laurent Ashenden

di Laurent Ashenden

fondatore di Ashenden Finance

Fare imprenditoria, e poterlo fare in Svizzera, è una straordinaria fortuna: ci sono infatti tutti gli ingredienti per avere le migliori possibilità di successo. Le infrastrutture sono di primo ordine e la stabilità politica, economica, amministrativa, finanziaria, legale, normativa, monetaria e fiscale del Paese non sono seconde a nessuno. A ciò si aggiunge un elemento spesso trascurato: l’eccezionale qualità di back e middle office. Non per niente la Svizzera è da molti anni sul podio dei Paesi più competitivi, secondo l’Imd di Losanna.

Se si considera che con ogni probabilità non c’è mai stata una fase storica più ricca di opportunità dirompenti come l’attuale, è facile capire perché vi siano tutti gli elementi favorevoli all’imprenditorialità.
Per definire la Svizzera, è sufficiente porsi due domande: quale altro Paese permette alla stragrande maggioranza dei lavoratori, indipendentemente dal ceto e professione, di andare in vacanza all’estero? In quale altro Paese si può avere successo professionale, in qualunque ambito, a patto di applicare una linea di condotta basata sul duro lavoro, sulla coerenza e sul rispetto per gli altri senza scendere a compromessi sui propri valori?

Per avere successo, tuttavia, rimane fondamentale il fattore X, il più importante: il fattore umano, cioè la capacità di avere idee, di circondarsi delle persone giuste e della struttura giusta, e soprattutto di sostenere il proprio progetto. Se avere idee sembra essere la parte più difficile, in realtà è la più facile, al punto che, contrariamente alla mentalità dell’Europa continentale, gli americani discutono apertamente le loro idee con i loro coetanei per trovare difetti e miglioramenti, senza temere che la loro idea venga rubata. Inoltre, la Svizzera è così accogliente e ci sono abbastanza opportunità di vivere senza doversi assumere il rischio imprenditoriale, da non trovare eccessiva concorrenza sulla strada.

Bisogna considerare il fallimento come un accumulo di esperienza, una lezione che permetterà di non commettere gli stessi errori in futuro. In alcuni Paesi, come Israele o gli Stati Uniti, l’insuccesso non è un marchio di infamia, ma un segno di maggiore probabilità di esito nel tentativo successivo, il che dovrebbe quindi spronare a viverlo quale tappa formativa.

La vera sfida è sapere come sostenere un progetto! Non ci sono regole, se non il duro lavoro, l’umiltà, la resilienza senza testardaggine e una buona dose di empatia. Ognuno può portare il proprio mix di personalità, individualità e approccio. Personalmente, ho sempre incoraggiato l’ascolto e il rispetto dell’altro, dei suoi interessi e delle sue esigenze, la curiosità e una buona dose di cultura. La cultura unita alla curiosità offre una visione più olistica delle situazioni e la capacità di pensare ‘fuori dagli schemi’, adattando una soluzione esistente a una situazione analoga ma per un problema diverso, o adattandola ad altri usi. Nella vita si è costantemente costretti a copiare e incollare, nello studio e nel lavoro, e il vero innovatore, che può essere legittimamente definito un genio, un termine troppo spesso abusato, rimane estremamente raro.

In qualità d’imprenditore, ho fondato aziende in diversi settori: finanza (gestione, servizi finanziari, brokeraggio), relazioni pubbliche, media e formazione digitale (serious escape games). Sono due i veri ostacoli da superare.

In primo luogo, il sentimento dell’individuo rappresentato dalla paura di fallire, che colpisce il proprio ego. Churchill diceva: Il successo è passare da un fallimento all’altro senza perdere l’entusiasmo. Bisogna considerare il fallimento come un accumulo di esperienza, una lezione che permetterà di non commettere gli stessi errori in futuro. In alcuni Paesi, come Israele o gli Stati Uniti, l’insuccesso non è un marchio di infamia, ma un segno di maggiore probabilità di esito nel tentativo successivo, il che dovrebbe quindi spronare a viverlo quale tappa formativa.

Il secondo è la pressione sociale di fallire. Nei Paesi conservatori, questa pressione può essere estremamente forte. In Svizzera, dove il solo fatto di ricevere un’ingiunzione di pagamento è abbastanza traumatico, un fallimento è destinato a stigmatizzare o addirittura a ostracizzare l’imprenditore che non ha avuto successo. Se l’approccio positivo e incoraggiante tipico del mondo anglosassone dovesse però essere imposto, a questo aggiungerei la necessità per ogni impresa, di successo o meno, di adottare modi e linee di condotta analoghi.  La soddisfazione personale e lo sviluppo del business ne trarranno sempre giovamento.

Il Ticino, che spesso viene erroneamente considerato un cantone arretrato a causa della fuga dei talenti e di un tessuto industriale poco diversificato, ha tutte le carte in regola per giocare un ruolo importante nelle iniziative imprenditoriali nazionali: un settore finanziario che ha saputo ristrutturarsi, con particolari competenze negli hedge fund e nella blockchain; talenti che conoscono bene le lingue nazionali e che vi tornano dopo gli studi fuori cantone, beneficiando di una comunità accademica già fatta; e la vicinanza all’Italia, culla della creatività.

Con Ashenden Finance, la principale società indipendente di brokeraggio azionario e obbligazionario della Svizzera, con sede a Lugano, siamo orgogliosi di far parte del successo del Cantone da oltre un decennio a questa parte.

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