TM   Febbraio 2024

Spinta per gli indicizzati

Alla prova dei fatti i fondi a gestione attiva non riescono a dimostrarsi migliori di quelli indicizzati, anzi. Il consiglio è dunque quello di limitare semplicemente i costi. Un’analisi di Roger Bootz, responsabile per Svizzera e Liechtenstein di Vanguard.

Roger Bootz

di Roger Bootz

Responsabile per Svizzera e Liechtenstein di Vanguard

Secondo un recente studio The case for low-cost indexed investments, la gestione passiva è la favorita in ogni fase di mercato (mercato toro, orso o anche ad alta volatilità). Ciò è dovuto a due fondamentali fattori.

La relazione inversa tra costi degli investimenti ed extra-rendimenti. Nel lungo periodo, la correlazione esistente tra i costi dei fondi, attivi e passivi, e la loro capacità di generare extra-performance è negativa. Pertanto, quanto maggiori sono i costi degli investimenti, tanto minori sono le probabilità che questi possano generare una sovraperformance. Ciò spiega il motivo della crescita significativa che i fondi indicizzati a basso costo hanno avuto negli ultimi anni.

Le evidenze dimostrano che negli ultimi 15 anni, il numero delle gestioni attive e passive, sia azionarie sia obbligazionarie, che hanno generato sottoperformance rispetto al mercato risulta di gran lunga superiore a quello delle gestioni che invece hanno generato sovraperformance.

Il grafico mostra gli scostamenti delle gestioni attive e passive di tipo obbligazionario rispetto al benchmark di mercato. Le gestioni a sinistra della linea tratteggiata che indica la performance del benchmark di mercato hanno generato sottoperformance, mentre quelle a destra hanno generato sovraperformance. Investendo in fondi a basso costo, gli investitori hanno minori possibilità di generare delle sottoperformance, e viceversa.

Le evidenze dimostrano che negli ultimi 15 anni il numero delle gestioni attive e passive, sia azionarie sia obbligazionarie, che hanno generato sottoperformance rispetto al mercato risulta di gran lunga superiore a quelli in sovraperformance

Roger Bootz

Roger Bootz

Responsabile per Svizzera e Liechtenstein di Vanguard

Il costo è l’elemento indicatore dell’extra-rendimento di un investimento, non le performance passate. È proprio sull’assunto della relazione inversa tra costi degli investimenti ed extra-rendimenti che sono state sviluppate le ricerche che dimostrano come un basso impatto dei costi degli investimenti possa essere un più che valido elemento per prevederne la capacità di generare delle sovraperformance rispetto al mercato, piuttosto che le performance passate.

Normalmente, infatti, gli investitori che si affidano alla gestione attiva effettuano le loro scelte puntando sui fondi che hanno ottenuto sovraperformance in passato, pensando che gli stessi risultati possano essere replicati anche in futuro. Tuttavia, gli studi rivelano come la persistenza della capacità dei singoli gestori di generare una sovraperformance sia veramente bassa. Partendo dagli extra-rendimenti dei fondi che si sono posizionati nei primi quintili nel periodo compreso tra il 2011 e il 2015 e analizzando gli extra rendimenti ottenuti dagli stessi nei cinque anni successivi (dal 2016 al 2020), si osserva infatti che non tutti sono stati in grado di confermare gli stessi livelli di extra-rendimento.

Guardando ad esempio agli 861 fondi che si sono piazzati nel primo quintile nel periodo 2011-2015, soltanto il 28,7% è stato in grado di confermare lo stesso risultato nel quinquennio successivo, mentre il 56,3% ha peggiorato il proprio posizionamento. Degli 865 fondi che invece si sono piazzati nel quinto quintile nel periodo 2011-2015, il 43,2% è stato in grado nei cinque anni successivi di migliorare il proprio posizionamento, mentre il 22,4% è rimasto stabile. Il 34,3%, invece, è stato oggetto di fusione o liquidazione.

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