TM   Settembre 2024

Sogno e son desto

È nell’inconscio, nell’onirico e nel meraviglioso che il surrealismo ha cercato la via d’una riconciliazione con la realtà, denunciando il fallimento del razionalismo. Fra le mostre che celebrano il centenario della più longeva e internazionale fra le avanguardie del Novecento, la mostra del Centre Pompidou è impareggiabile nel testimoniarne la forza creativa e politica, in tutta la sua dirompente attualità. A colloquio con la co-curatrice Marie Sarré.

di Mirta Francesconi

René Magritte, Les valeurs personnelles
René Magritte, “Les valeurs personnelles”, 1952, olio su tela, 80 x 100 cm, San Francisco Museum of Modern Art. © San Francisco Museum of Modern Art/Photograph Katherine Du Tiel © Adagp, Paris, 2024.

Se le avanguardie storiche sono accomunate dalla volontà di rottura con i codici espressivi del passato, nessuna quanto il surrealismo ha saputo andare oltre l’impulso reazionario per dare vita a un’esperienza che, per durata (oltre quarant’anni) e irraggiamento (i cinque continenti), è stata senza eguali. Sconfessando il mito prometeico del razionalismo moderno, lo choc del primo conflitto mondiale interpellava artisti e intellettuali a denunciare il fallimento dei valori di cui, dall’illuminismo in poi, si era nutrito l’Occidente.

«Se i dadaisti si limitano a fare tabula rasa di quel passato, molto presto alcuni fra loro, a Parigi, si distanziano da quel nichilismo, intendendo proporre invece una visione alternativa di armonia tra uomo e natura, che l’esempio di altre culture mostrava essere ancora possibile. Con il Manifesto surrealista del 1924, pubblicato come premessa alla sua stessa raccolta di poesie Poisson soluble, André Breton battezza il movimento, esplicitandone i principi nella celebre definizione, che recita: “Puro automatismo psichico con cui ci si propone di esprimere, verbalmente, per iscritto o in qualsiasi altro modo, il reale funzionamento del pensiero. Dettato del pensiero, in assenza di qualsiasi controllo esercitato dalla ragione, senza alcuna preoccupazione estetica o morale”. E infatti, molto rapidamente, dall’esordio in capo letterario, dove si concretizzava con sperimentazioni del linguaggio liberato dal controllo della ragione, il surrealismo si è aperto alle arti visive, alla fotografia e al cinema», spiega Marie Sarré, co-curatrice insieme a Didier Ottinger della grande mostra Surréalisme che il Centre Pompidou di Parigi dedica, fino al 13 gennaio 2025, al centenario del movimento.

Proprio l’originale del Manifesto, eccezionalmente prestato dalla Bibliotèque nationale de France, è il fulcro attorno a cui si sviluppa l’allestimento, declamato dalla voce stessa di Breton, ricostruita grazie all’ausilio dell’intelligenza artificiale dall’équipe dell’Institut de recherche et coordination acoustique/musique (Ircam) del museo parigino.

La forza creativa del surrealismo, la sua longevità e il suo successo internazionale stanno proprio nel non essersi fatto imbrigliare da formalismi. Molte sono le connotazioni espressive assunte. Ad accomunarle, l’aspirazione a re-incantare il mondo, introducendo nuovamente il meraviglioso

Marie Sarré

Marie Sarré

co-curatrice della mostra “Surréalisme” del Centre Pompidou di Parigi

Da una parte Breton, e con lui gli iniziatori del movimento Louis Aragon e Philippe Soupault, additano dunque l’irrazionalità di coloro che, convinti della propria lucidità, avevano condotto alla prima guerra mondiale. D’altra parte trovano invece veggenza nelle allucinazioni di coloro che venivano comunemente ritenuti ‘folli’, come i tanti traumatizzati dalle esperienze al fronte che lo stesso Breton aveva contribuito ad assistere, inviato come barelliere.

«Un altro principio chiave del surrealismo è il sogno: da studente di medicina, Breton era rimasto affascinato dall’opera di Albert Maury, che poneva le basi per lo studio neurologico dei sogni. Quando a metà anni Venti Freud viene tradotto in francese, scopre i suoi metodi per interpretare i sogni dei pazienti psicotici a scopo terapeutico. I surrealisti se ne appropriano a fini poetici e iniziano a pubblicare i resoconti dei loro stessi sogni sulle pagine delle loro riviste, cercando di innescare attraverso l’arte l’effetto delle immagini che si presentano ai margini del sonno», prosegue Marie Sarré.

Salvador Dalí, Sogno causato dal volo di un’ape intorno a una melagrana
Salvador Dalí, “Sogno causato dal volo di un’ape intorno a una melagrana un attimo prima del risveglio”, olio su legno, 51 x 41 cm, Museo Nacional Thyssen-Bornemisza, Madrid. © Provenance: Museo Nacional Thyssen-Bornemisza, Madrid. © Salvador Dalí, Fundació Gala-Salvador Dali / Adagp, Paris 2024.

I surrealisti non si limitano all’evasione nell’onirico, confermando il loro engagement politico: denuncia del colonialismo, opposizione al totalitarismo e lotta contro tutte le minacce alla libertà e alla dignità umana. Nel 1927 avevano aderito pressoché in blocco al partito comunista. «Tuttavia era esplicita volontà di Breton che poetica e politica restassero due gambe su cui avanzare parallelamente, senza che l’una scavalcasse l’altra. L’artista surrealista deve essere impegnato politicamente nella vita, senza che si manifesti esplicitamente nelle sue opere, pena l’allontanamento. Questa impermeabilità è però stata rimessa in discussione dall’evoluzione storica, con lo scoppio della seconda guerra mondiale. La porosità diventa evidente, ad esempio, nelle opere di Max Ernst, con i suoi mostri che alludono a quelli reali della storia», sottolinea la curatrice. Ed è anche una differenza precipua rispetto a un altro movimento che quest’anno ha festeggiato un importante anniversario – 150 anni – come l’impressionismo, rimasto invece esclusivamente artistico.

Se fra le tante mostre che accompagnano la ricorrenza (tre molto interessanti si sono concluse a fine agosto nei musei del centro espositivo losannese Plateforme 10), questa del Centre Pompidou si contraddistingue per qualità e numero delle opere presentate su oltre 2mila mq di superficie espositiva. Un’esaustività frutto anche dell’impostazione che, a oltre vent’anni dell’ultima mostra dedicata dal Centre Pompidou al movimento nel suo complesso, torna dopo le tante monografiche e tematiche ad adottare una prospettiva di insieme, aggiornata ai risultati dei molti studi condotti nel frattempo in ambito museale, universitario e anche gender. 

«Questo ci ha permesso di ridare il posto che gli spetta al surrealismo del dopoguerra, spesso negletto, amputando sostanzialmente metà della sua storia che si estende almeno fino all’ottobre 1969, data dello scioglimento ufficiale. Inoltre ne abbiamo rivisto la geografia, che va ben oltre Parigi e i confini europei, raggiungendo Nord e Sud America, ma anche Maghreb, Egitto e Asia, dove tocca Shanghai e il Giappone», precisa Marie Sarré.
L’allestimento inanella 13 sale tematiche riproducendo lo schema di un labirinto, emblema del tentativo di conciliazione degli opposti del surrealismo e soggetto iconografico ricorrente (e Minotaure è il titolo della rivista culto, pubblicata fra il 1933 e il 1939). Lungo il percorso si incontrano le figure letterarie che hanno ispirato il movimento (Lautréamont, Carroll, de Sade, ..) e le mitologie che ne hanno strutturato l’immaginario poetico (l’artista-medium, il sogno, la notte, la foresta, la pietra filosofale, le chimere, …). In linea con l’approccio multidisciplinare del Centre Pompidou, sono affiancati dipinti, disegni, film, fotografie e documenti.

surrealisme centre pompidou

Ma chi ne sono stati i protagonisti? «La forza creativa del surrealismo, la sua longevità e il suo successo internazionale stanno proprio nel non essersi fatto imbrigliare da formalismi. Molte sono le connotazioni espressive assunte, e si può dire che ci siano altrettante differenze fra l’arte di Magritte in Belgio e di Tatsuo Ikeda in Giappone, quanto fra due connazionali come Dalì e Mirò. A unirli tutti, però, l’aspirazione condivisa a re-incantare il mondo, introducendo nuovamente il meraviglioso, un concetto che assomma tanti dei principi del surrealismo», spiega Marie Sarré.

Inizialmente l’attenzione converge sull’applicazione dell’automatismo alle arti visive: nascono i frottages di Max Ernst, i disegni sulla sabbia di André Masson, le rayografie di Man Ray, le decalcomanie di Oscar Dominguez o, ancora, i fumages dell’austriaco Wolfgang Paalen, oltre alle opere collettive come quelle realizzate con la tecnica del cadavre exquis, gioco surrealista per eccellenza, in cui l’opera finale è composta dai disegni eseguiti da ciascun partecipante senza sapere cosa abbiano fatto gli altri.

La belga Suzanne van Damme, Composizione surrealista
La mostra del Centre Pompidou sottolinea la forte presenza femminile fra le fila dei surrealisti. Sopra, la belga Suzanne van Damme, “Composizione surrealista”, 1943, olio su tela, 90 × 100 cm. © Collection RAW (Rediscovering Art by Women). Droits réservés.

«Poi, nel 1929 Dalì arriva a Parigi scompaginando le carte con la sua teoria della paranoia-critica che, attraverso l’associazione interpretativa dei fenomeni deliranti, gli permette di raggiungere una percezione moltiplicata della realtà. A sua volta Magritte guardando all’estetica del collage di Lautréamont propone una pittura che nasce dall’incontro casuale fra oggetti, abbinata a una resa minuziosa ben lontana dall’automatismo. Dal 1936 prende importanza anche l’oggetto, caricato di significati politici, ad esempio con Alberto Giacometti. E progressivamente le varianti si moltiplicano con lo sviluppo di foyer internazionali, che nascono solitamente come reazione ai nazionalismi emergenti che porteranno alla seconda guerra mondiale», prosegue la curatrice.

Al contempo, dalla mostra emerge con evidenza la rilevanza dell’apporto femminile: mecenati come Simone Collinet e Peggy Guggenheim, stiliste come Elsa Schiapparelli, e molte artiste: Leonora Carrington, Remedios Varo, Ithell Colquhoun, Dora Maar, Dorothea Tanning, … «È stata l’avanguardia che ha dato maggior spazio alle donne, e non come muse, a meno di non voler considerare tali figure sovversive come l’anarchica Germaine Berton, assassina del direttore di Action française, la parricida Violette Nozière o le sorelle Papin, domestiche omicide. Se al momento della fondazione erano ancora minoritarie, alla mostra collettiva di Londra nel ’37 erano oltre il 20% degli artisti esposti, eccezionale per l’epoca. Firmano manifesti e trattati politici, prendendo piena parte allo sviluppo del movimento», sottolinea Marie Sarré.

Joyce Mansour, [Objet méchant]
Sopra, Joyce Mansour, “[Objet méchant]”, 1965-69, metallo, 13 × 20 × 20 cm, collezione privata, esplora un altro tema emblematico del surrealismo, l’erotismo, al quale fu interamente dedicata l’ottava esposizione collettiva del 1959. © Louis Gaston / Manuka / © Joyce Mansour.

La mostra del Centre Pompidou si inscrive all’interno di un progetto espositivo itinerante che ha preso le mosse negli scorsi mesi dai Musées royaux des Beaux-Arts de Belgique a Bruxelles, con un focus sui legami con il simbolismo belga, e proseguirà alla Hamburger Kunsthalle, alla Fundación Mapfré Madrid per terminare tra fine 2025 e inizio 2026 al Philadelphia Museum of Art, ogni volta reinventandosi, senza calare lo stesso format in contesti diversi, ma invitando i curatori ad approfondire le intersezioni fra surrealismo e la scena artistica nazionale: romanticismo in Germania, Dalí, Miró e Buñuel in Spagna, infine l’America in senso ampio, incluse quella latina e il Messico centrale. Come detto, quella di Parigi si qualifica come l’epicentro, anche per l’ineguagliata densità di capolavori provenienti da importanti collezioni pubbliche e private internazionali, come Valori personali e Il cervello del bambino di Magritte, Il grande masturbatore di Dalí, La canzone dell’amore di de Chirico, La grande foresta di Max Ernst, Il cane che abbaia alla luna di Miró e tanti altri, accanto a nomi da scoprire.

Anche se il suo linguaggio surrealista potrebbe apparire ermetico e autoreferenziale, oggi come cent’anni fa continua a conoscere un forte successo di pubblico. «Tutte le undici collettive, di cui Duchamp fu spesso scenografo, furono frequentate da migliaia di visitatori, tanto da essere maliziosamente descritte dalla critica più erudita come “luna park”. Lo scioglimento ufficiale non ha segnato la fine della sua influenza sull’arte e sulla società. Continua a ispirare biennali d’arte contemporanea, produzioni cinematografiche, moda, fumetti, design e ogni monografica dedicata a Dalí, Magritte o altri suoi protagonisti attira un folto pubblico», conclude la curatrice della mostra Surréalisme del Centre Pompidou.

D’altra parte l’attualità delle tematiche affrontate dal surrealismo non tramonta, anzi. Ad esempio, nel 1938, il poeta Benjamin Péret anticipava le preoccupazioni ecologiste scrivendo un testo ispirato alla fotografia di una locomotiva abbandonata nel cuore della foresta amazzonica, intitolato La natura divora progresso e lo supera, che potrebbe stato pubblicato oggi. O ancora, l’ultima mostra collettiva del movimento nel 1965, L’écart absolu, contestando il culto della tecnologia e l’ossessione materialistica delle società ‘avanzate’ poneva al centro delle sue sale un totemico spaventapasseri gigante rappresentante un grottesco consumatore e – giocando con il francese in cui computer si traduce ‘ordinateur’ – un ‘grande disordinatore’. Basterebbe condire con una spruzzata di Ai per la versione 4.0.

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Parigi, Centre Pompidou
Surréalisme
Fino al 13 gennaio 2025