La vittoria di Trump, insieme a una performance dell’economia americana superiore alle aspettative, ha portato a una revisione delle prospettive sui tagli dei tassi per le prossime riunioni del Fomc. Attualmente, il mercato sconta un tasso target del 4,5% a dicembre e un solo ulteriore taglio entro marzo 2025. Questa situazione ha favorito il rafforzamento del dollaro, rispetto a tutte le principali valute, e all’euro, rompendo il minimo a 1,08. Da due anni, l’Eur/Usd oscilla in un range contenuto tra 1,045 e 1,125. Pertanto, è probabile un aumento della volatilità su questo cambio nei prossimi mesi. Oltreoceano il Governo cinese ha introdotto nuove politiche di stimolo. Tuttavia, è probabile ne verranno annunciate di ulteriori. Il cambio Usd/Cnh, dopo aver toccato minimi a 6,97 è tornato a testare la resistenza in area 7,20.
Altro evento cruciale sarà l’avvicinarsi della deadline sul tetto del debito americano, prevista per gennaio. Attualmente il Tesoro dispone di oltre 800 miliardi di risorse liquide, che probabilmente saranno utilizzate per evitare di aggravare ulteriormente la situazione del debito. Questo flusso potenziale di liquidità potrebbe alimentare un potenziale clima di ‘risk on’.
La traiettoria dell’inflazione e gli equilibri mondiali dipenderanno sicuramente dal Medio Oriente, e dall’Ucraina. Insieme all’oro, a più aver risentito dei primi attacchi tra Israele e Iran è stato il Brent. Quest’ultimo, dopo i 69 dollari al barile di settembre è recentemente tornato a 81, area in cui si concentrano la maggior parte dei volumi degli operatori dal 2022, per poi tornare sui minimi di quest’anno. Inoltre, per la prima volta in numerosi anni, gli operatori finanziari hanno assunto un posizionamento netto ribassista (il numero delle posizioni short era maggiore delle long) e questo potrebbe, come ha già fatto, portare il prezzo a nuovi rialzi.
Sempre restando sul fronte energetico, le quotazioni delle emissioni di Co2 (Eua) sono tornate a salire. Dopo aver raggiunto il minimo di 60 euro a ottobre per contratto, il prezzo ha iniziato a riflettere le aspettative di ripresa, toccando i 67. Il probabile incremento delle emissioni nel 2025 potrebbe generare un ulteriore rialzo nei prezzi dell’Eua.
Metalli. Il 20 maggio 2024 il rame ha toccato il massimo storico a 11.104,5 dollari la tonnellata, per poi trovare supporto intorno a 8.750. Da qui al prossimo anno, da ciò che si evince dall’analisi dell’option chain, il mercato è fortemente concentrato sui livelli di prezzo dai 10 ai 12mila dollari. Pertanto, qualora dovesse innescarsi un nuovo impulso rialzista, il prezzo del non ferroso potrebbe orbitare all’interno di questo intervallo, nel primo semestre.
Lo zinco è il top performer da inizio anno, facendo segnare un +16%, quotando attualmente 3.100 dollari la tonnellata. Inoltre, questo è l’unico metallo che dopo aver fatto segnare un minimo relativo ad agosto, è riuscito a tornare sui massimi di maggio. In vista della scadenza di dicembre, analizzando il mercato delle opzioni, è improbabile una discesa del prezzo sotto i 2.800. Il supporto principale si trova nell’area dei 3mila. Al rialzo, una possibile rottura della soglia dei 3.300 potrebbe aprire la strada a un nuovo movimento rialzista, con un target a 3.500.
L’alluminio si trova attualmente vicino all’area dei 2.700, un livello cruciale poiché, a questi prezzi, la Cina tende a intensificare le esportazioni, esercitando così pressione ribassista sul prezzo. Inoltre, questo livello rappresenta un punto di significativa esposizione per gli operatori. Una rottura di questa resistenza potrebbe innescare uno squeeze sui prezzi, con un target potenziale nell’area dei 3mila.
© Riproduzione riservata