Sono stati cinque anni difficili per gli investitori. Un portafoglio tradizionale ha ottenuto un misero rendimento annuo dell’1%, depurato dall’inflazione. E i prossimi cinque non saranno molto più facili. I dati lasciano intravedere un rendimento annuo del 3,1% per quello stesso portafoglio. Ma una selezione oculata degli asset dovrebbe consentire di raggiungere un più rispettatibile 5% medio a lungo termine. Per raggiungere tale obiettivo, si dovranno fare i conti con una crescita economica in calo e un’inflazione volatile, anche se moderata. Si dovranno affrontare i rischi associati a un maggiore intervento dello Stato nel funzionamento del mercato e a deficit fiscali in aumento. La lotta delle Banche Centrali per riportare l’inflazione al target aumenta di molto la probabilità di un errore politico. Vi sono poi i freni a lungo termine sulla performance degli investimenti causati dalla debolezza della produttività, dalla carenza di manodopera e dalla necessità di mitigare il cambiamento climatico.
Nel frattempo, le fonti di performance azionarie di spicco saranno meno numerose che in passato. La dispersione dei rendimenti dell’azionario tra le economie in via di sviluppo sarà probabilmente scarsa come non lo è mai stata. Ma per coloro che sono disposti ad andare oltre il mainstream, ci sono alcune opportunità interessanti. Si vedono prospettive di extra-rendimenti negli Emergenti, nelle azioni e nel reddito fisso, specie in Asia. Le valute offriranno una spinta, il dollaro infatti dovrebbe subire un calo del 20% dalla sua sopravvalutazione.
Anche la transizione ecologica offrirà interessanti opportunità. Le obbligazioni e le azioni delle imprese orientate verso la sostenibilità dovrebbero sovraperformare, mentre è molto probabile i Governi attivi sui Green Bond verranno premiati. Soprattutto i mercati privati genereranno rendimenti interessanti, al costo di un po’ di liquidità di meno. Gli investitori dovranno affrontare sfide notevoli per riuscire a ottenere nei prossimi cinque anni rendimenti interessanti, e gli asset privati saranno un’arma decisiva.
Il 2024. Guardando ai prossimi mesi il peggio dovrebbe essere passato, anche perché le autorità americane, epicentro del nuovo sisma (tantrum) obbligazionario, hanno mostrato attenzione al problema dell’eccessiva erraticità (se non divergenza dai fondamentali), dei titoli di Stato. Pur in un contesto di volatilità e incertezza persistente, ci si aspetta un calo ulteriore di circa mezzo punto (a ridosso del 4% per il decennale americano) nell’arco dei prossimi 12 mesi. Questo avrà effetti di trascinamento sui rendimenti obbligazionari in genere, anche se su scala ridotta per Europa e amplificata negli Emergenti. In controtendenza i giapponesi che stanno abbandonando la politica di controllo della curva dei rendimenti. Le azioni hanno margini di recupero ma solo se i rendimenti si stabilizzano, o meglio, si assestano almeno in America. Più che da sorprese positive sugli utili, ci si attende che la spinta si esprima in termini valutativi, con un’espansione dei multipli entro fine anno.
Guardando alle dinamiche di mercato del passato e su ciò che potrebbe verificarsi nei prossimi cinque anni, a spiccare su molti è un dato: l’1%. Per quanto possa sembrare inverosimile, questo è il rendimento annualizzato corretto per l’inflazione che un portafoglio bilanciato tradizionale ha ottenuto dal 2018. Si tratta di una performance debole, specie se confrontata a una media storica del 4-5%.
Molti fattori possono spiegare questo dato singolare, in rapida successione si sono verificate una pandemia globale, una guerra in Europa, inflazione e rialzo dei tassi d’interesse. Un senso di smarrimento di azionario e obbligazionario era dunque prevedibile. Il problema è che ottenere un rendimento reale dell’1% da un portafoglio diversificato non sarà probabilmente più facile nei prossimi cinque anni. Le strategie d’investimento dovranno inevitabilmente essere riviste.
In un contesto segnato da scarsa crescita, gravata dall’inflazione, da un intervento più invasivo dello Stato in economia per fronteggiare molti problemi, dal rallentamento della produttività alla carenza di manodopera, ci si attende che l’indice mSci dei titoli mondiali realizzerà rendimenti reali annualizzati pari a circa la metà della norma storica – circa il 3-4% all’anno nei prossimi cinque anni, a causa della compressione dei margini di profitto delle imprese e dei multipli dei titoli. L’analisi mostra anche che la dispersione dei rendimenti tra i mercati azionari nazionali del mondo sviluppato diminuirà, il che significa che l’allocazione del capitale tra Paesi e regioni potrebbe non rivelarsi una strategia fruttuosa, almeno su base valutaria locale. Tuttavia, per coloro che sono disposti a ‘guardare oltre, e con agilità’ le opportunità resteranno nell’azionario.
Un punto di forza è l’Asia emergente. Grazie anche al miglioramento della produttività, i titoli della regione offriranno solidi rendimenti annualizzati. A premiare in chiave tattica, l’allocazione del capitale tra i settori, gli stili e i temi azionari. Dovrebbero emergere opportunità interessanti legate alla transizione Green e tra le società di qualità.
Anche gli alternativi offrono interessanti possibilità. In particolare, il debito privato. Con la riduzione dei prestiti bancari alle imprese, specie in Europa, concedere prestiti diretti da parte degli investitori costituirà un’enorme opportunità.
Al pari, molti degli asset tradizionalmente utilizzati dagli investitori per garantirsi reddito e compensare i rischi appaiono molto più interessanti. Il forte aumento dei rendimenti obbligazionari degli ultimi 12 mesi ha trasformato i titoli di Stato dei mercati sviluppati da asset rischiosi e privi di rendimento in investimenti difensivi a prezzi ragionevoli.