Caro lettore,
è ormai pensiero ampiamente diffuso considerare la finanza come un’arcigna nemica, che vive di equilibri tutti suoi, fuori dal mondo dei comuni mortali, disinteressata dei problemi del tessuto produttivo, e in generale delle società sviluppate e non, a prescindere da popoli e Paesi. Come in tutte le cose, per quanto possa esservi del vero, la verità sta nel mezzo.
L’industria del calcio europeo non fa eccezione. Per tanti anni ci si è abituati all’idea del ‘patròn’, disposto a destinare quote crescenti del suo patrimonio al fine di raggiungere qualche effimero traguardo sportivo, in ossequio a un’irrazionale fede calcistica, gettando tutte le premesse per un piccolo cosmo destinato a non avere futuro, segnato da precipitosi e confusi passaggi di testimone, sull’orlo del baratro e con i creditori al campanello.
Negli ultimi anni qualcosa è cambiato, sta nascendo l’idea che calcio e finanza possano iniziare a ‘fare squadra’, aprendo una nuova stagione, e tracciando una rotta all’insegna di risultati sportivi sì, ma duraturi e finanziariamente sostenibili, nell’interesse della collettività, dunque azionisti, tifosi, atleti, e anche investitori, aquiliferi di una nuova era. Disposti a investire capitali ingenti, indispensabili a sviluppare appieno il potenziale dell’industria, ma anche a instillare una nuova cultura. La scommessa è che cultura finanziaria e fede calcistica possano infine sedersi in tribuna, e non più lottare nell’arena.
L’edizione è però come solitamente avviene molto più ampia; alle prospettive del nuovo anno che arriva, ricco di colpi di scena e dunque anche di opportunità, si accompagnano i piaceri di un’altrettanto magica stagione, quella del Natale.
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