Sin dalle origini quando si parla di ‘marche proprie’ la Svizzera fa corsa in testa: un prodotto su due acquistato porta l’etichetta del distributore. Un record assoluto, quando l’Europa si attesta al 36% (trainata però da Belgio, Spagna e Regno Unito), mentre a livello internazionale ci si ferma al 19,4%, comunque in crescita. Considerato l’elevato potere di acquisto, si intuisce come il predominio elvetico non possa dipendere solo da una questione economica. E difatti le private label si sono ormai svincolate dalla sudditanza rispetto ai brand commerciali, di cui inizialmente si volevano imitazioni abbordabili. Vincente è stato saper coniugare alla convenienza di prezzo il fattore qualità e la maggior flessibilità nel rispondere all’evoluzione della domanda.
Il primato d’altronde è presto fatto quando i due pesi massimi della distribuzione nazionale, Migros e Coop – che sommando i rispettivi fatturati sul mercato al dettaglio svizzero, generano una cifra d’affari di quasi 24 miliardi di franchi – hanno eletto le marche proprie a punto forte dei loro assortimenti.
Addirittura Migros è fra maggiori produttori di marche proprie al mondo: ben l’80% del suo assortimento. «Con i suoi cinque principali segmenti in Svizzera, dove conta 201 siti produttivi, più le 9 società di produzione e piattaforme di vendita all’estero, Migros Industrie produce più di 20mila prodotti e conta quasi 14mila dipendenti, tra cui più di 500 apprendisti, in una trentina di professioni. Insieme, questi team hanno generato un fatturato di 5,79 miliardi di franchi nel 2022 e investito 237 milioni nella base industriale svizzera», illustra Tristan Cerf, portavoce della Federazione delle cooperative Migros (Fcm).
Una vocazione che affonda le sue radici nei primi anni della storia di Migros, quando era una società per azioni. Determinato a offrire agli svizzeri prodotti di qualità al miglior prezzo, Gottlieb Duttweiler non tardò a creare i propri marchi di prodotti di base e ad acquistare il suo primo sito industriale per aggirare le forti resistenze che incontrava lungo tutta la catena di produzione, costruendo un ‘ponte’ senza intermediari verso i consumatori, che gli consentiva di vendere quasi all’ingrosso (da qui il nome “mi-gros”, che ha sostituito l’originario, altrettanto significativo, “Die Brücke”. «Grazie alla nostra industria, controlliamo oggi l’intera value chain in molti settori, come il caffè o il pollame, dall’acquisto delle materie prime al confezionamento, inclusi sviluppo delle ricette, lavorazione, controllo della qualità e così via. Ad esempio, se Migros sceglie di utilizzare solo la farina IP-Suisse per il suo pane, possiamo attuare immediatamente questa decisione», precisa Tristan Cerf.
Se da un lato le aziende di Migros Industrie sviluppano e producono prodotti a marchio proprio innovativi e di buona qualità svizzera a prezzi equi per il proprio commercio al dettaglio, dall’altro condividono quest’expertise anche con terzi, a livello nazionale e internazionale. «Poche aziende al mondo dispongono di una gamma così ampia di competenze di sviluppo e produzione nel commercio B2B. Realizziamo anche prodotti per brand commerciali, sempre di qualità svizzera, venduti in circa 50 Paesi. Tra i clienti figurano anche rinomate multinazionali. È grazie soprattutto allo sviluppo delle attività all’estero che nel 2022 il dipartimento industriale ha registrato una crescita delle vendite dello 0,5%», commenta il portavoce di Migros.
Con un quasi perfetto 50-50, Coop ha trovato la sua combinazione fra prodotti di forti brand e marche proprie popolari: «Adattare costantemente la gamma di marche proprie alle esigenze dei clienti è fondamentale in un’ottica di fidelizzazione, essendo disponibili solo da noi», sottolinea Andrea Kramer, Capo della Direzione Marketing/Acquisti di Coop.
Nel 2017 è stato inaugurato a Pratteln (BL) il più grande e moderno polo produttivo Coop – 380 milioni di franchi investiti e circa 600 dipendenti. Qui, la società di produzione Halba produce ogni anno circa 20 mila tonnellate di cioccolato per i rivenditori nazionali e internazionali, snack innovativi come mix di noci e frutta secca, e ingredienti di alta qualità per la cottura e la panificazione. Sempre qui ha sede Cave, la più grande azienda di imbottigliamento di vino del Paese.
«Le nostre aziende come Halba per il cioccolato, Steinfels Swiss per la cosmetica o Reismühle Nutrex per il riso, soddisfano i più elevati standard di qualità e conoscono bene le esigenze di Coop. La stretta collaborazione di lunga data rappresenta per noi un grande vantaggio, semplificando anche la progettazione e la pianificazione. Offriamo anche articoli di piccoli produttori locali con marchi come Pro Montagna o La mia terra. In alcuni segmenti ha invece più senso affidarsi a produttori esterni che realizzano anche prodotti di marca», spiega Andrea Kramer. Nel 2022 le aziende produttrici di Coop hanno realizzato un ricavo netto di 5,2 miliardi di franchi; oltre 200 dipendenti sono impegnati nel Category Management per i supermercati e i grandi magazzini, valutando e sviluppando costantemente il mix ideale di articoli a marchio proprio e commerciali.
Anche se storicamente per Manor, altro nome di grande tradizione della distribuzione al dettaglio svizzera (il più importante gruppo svizzero di grandi magazzini, con le sue 59 sedi), i marchi internazionali costituiscono una parte preminente del portafoglio, dando l’opportunità di portare le tendenze internazionali nel mercato domestico, anche quelli privati si sono ritagliati un’interessante fetta.
«Ci consentono infatti di soddisfare in modo più preciso ed equo le esigenze dei consumatori. La qualità è un fattore molto importante nell’equazione di valore della nostra clientela e per le nostre marche proprie. I consumatori non sono disposti a pagare meno se ciò significa compromettere lo standard del prodotto», conferma Sandra Kottenauer, Chief Product and Marketing Officer di Manor, che vanta un assortimento di oltre un milione di articoli provenienti da circa 2.800 fornitori di tutto il mondo, locali, europei ed esteri: tutti chiamati a soddisfare gli stessi elevati standard e i requisiti legali svizzeri.
«Portare il marchio ‘Manor’ significa aderire al nostro codice di condotta, confermare i metodi di lavoro secondo i requisiti svizzeri e, quando necessario, effettuare una valutazione di audit. Controlliamo la qualità dei materiali prima e dopo la spedizione. Lavoriamo con fornitori terzi che aderiscono a importanti certificazioni internazionali come Gots (Global Organic Textile Standards), rispettata anche dalla nostra gamma in cashmere bio, oppure Max Havelaar, ecc. Siamo inoltre membri di amfori Bsci, uno dei protocolli fondamentali per l’audit sociale, la cui osservanza è monitorata da istituti indipendenti, il che conferma che attribuiamo grande importanza allo sviluppo sostenibile lungo l’intera catena del valore», aggiunge Sandra Kottenauer.
Antesignane della sostenibilità
L’aspetto della qualità ha assunto sempre più importanza per le marche proprie, unendosi a una forte attenzione alla regionalità. Tanto da aver precorso le multinazionali che oggi hanno capito di dover far proprio il discorso. Apripista è stata Coop, con quella che è diventata la più simbolica fra le sue private label, Naturaplan.
«Lanciare il marchio biologico trent’anni fa è stata una decisione molto coraggiosa. Gli scandali alimentari legati alle sostanze chimiche avevano certamente portato a un cambiamento di mentalità, ma si nutrivano seri dubbi sulla fattibilità di una conversione al biologico su scala significativa. L’assortimento dei nostri primi prodotti biologici, come uova, yogurt, formaggio di montagna dei Grigioni e fiocchi ai 5 cereali, è stato rapidamente ampliato e il movimento è decollato. Coop ha fornito uno sbocco all’agricoltura biologica che da allora ha continuato a crescere e le aziende sono quintuplicate, come si sono moltiplicati i nostri prodotti, solo quest’anno abbia aggiunto 200 nuovi articoli, tra cui succhi biologici, prodotti al cioccolato e frutta secca. Tutti portano la gemma Bio Suisse – come fin dal lancio di Naturaplan – tra gli standard biologici più severi al mondo», evidenzia il Capo della Direzione Marketing/Acquisti.
Coop dispone attualmente dell’assortimento biologico più ampio del settore nel commercio al dettaglio svizzero con 8.700 prodotti, di cui 5.000 alimenti biologici e 3.800 prodotti Bio Suisse. Una tendenza che applica anche al di fuori del Food, per la cura della pelle, pulizia, bucato, giardinaggio e fai da te. Inoltre Coop è stata la prima grande azienda di commercio al dettaglio in Svizzera ad adottare, alla fine dello scorso anno, l’eco-score dei prodotti alimentari sviluppato da Beelong, che fornisce informazioni trasparenti sull’impatto ambientale dei prodotti e aiuta i clienti nella scelta. Migros ha sviluppato invece internamente la sua scala di sostenibilità per le marche proprie, M-Check. Con i suoi tre marchi principali nel segmento (Migros-Bio, Alnatura e Demeter) conta oltre 5.000 prodotti biologici.
Anche Manor cavalca l’onda: il 17% del suo assortimento Food è bio. «Uno dei nostri importanti marchi privati è Manor Bio, che comprende più di 1.700 articoli, in alcune categorie siamo leader di mercato, ad esempio certi oli da cucina. Il marchio Local conta più di 700 produttori e oltre 5.000 prodotti del luogo. Siamo particolarmente rigorosi nell’esaminare l’impronta locale per assicurarci di lavorare con fornitori che si trovano a pochi chilometri dalle filiali. E anche il nostro marchio “Fatto in casa”, per prodotti realizzati interamente in negozio, include molti ingredienti bio ed è molto apprezzato, tanto che in futuro intendiamo aumentarne la quota del nostro assortimento», anticipa la Chief product and marketing officer di Manor.
Cogliere i nuovi trend
Parallelamente, continuano a evolvere le abitudini di consumo che le marche proprie grazie alla reattività della struttura produttiva hanno l’agilità di intercettare, avendo anche la possibilità di sfruttare, oltre alle ricerche di mercato, l’enorme massa di dati raccolti sulle preferenze della clientela attraverso i propri canali di vendita e comunicazione.
«Anche nel caso di prodotti a marchio proprio che rimangono un punto di riferimento costante, come il nostro Kult Ice Tea, le ricette stanno evolvendo, ad esempio verso una riduzione dello zucchero. Ultimamente abbiamo lanciato molti prodotti a base di erbe del nuovo marchio proprio V-Love, oppure una novità mondiale come il sistema senza capsule con le sue Coffeeballs completamente compostabili. L’R&D fa parte del Dna delle nostre attività commerciali. Fra i temi innovativi su cui stiamo lavorando, un esempio è la carne coltivata da cellule staminali, convinti che sia una delle strade per contribuire a risolvere il problema del cambiamento climatico e della sicurezza alimentare globale. Tuttavia, una parte considerevole delle nostre innovazioni non risiede nei prodotti stessi, ma si concentra sull’automazione e la digitalizzazione dei processi, nonché sugli investimenti nella sostenibilità per ridurre ulteriormente le emissioni di CO2, ad esempio negli imballaggi siamo stati i primi a produrre Pet a base di CO2», osserva il portavoce del Gruppo Migros.
I nuovi prodotti Food che conquistano un posto sugli scaffali Coop sono da 800 a 1000 all’anno. Quando si tratta di valutare il potenziale di un nuovo marchio o prodotto, Coop si basa in particolare sulla collaborazione con i Food Consultants di Betty Bossi, leggendaria azienda svizzera di cui da una decina di anni è diventata proprietaria unica. «Dapprima effettuano una ricognizione alla ricerca di nuove idee per poi realizzare nei laboratori di Zurigo e di Basilea dei prototipi da sottoporre a degustazione e valutazione. Ci si chiede se il prodotto sia adatto al gusto svizzero», racconta Andrea Kramer.
La convenienza delle entry level
Se ‘marche proprie’ ha originariamente significato prodotti a prezzi abbordabili, con l’ampliarsi del concetto sono state create apposite linee entry level. Design semplice e standardizzato degli imballaggi, confezioni per contenere i costi di trasporto e stoccaggio, rinuncia a ingredienti costosi ma anche offerte speciali, insieme ai prezzi ponderati al centesimo permettono di abbattere i costi, oltre alle economie di scala del sistema produttivo basato sulle aziende proprie e al controllo della value chain. La prima è stata M-Budget nel 1996, che conta oggi 500 prodotti. Nel 2005 è arrivata Coop con Prix Garantie, oggi suo terzo marchio proprio, con una gamma decuplicata ai 1.500 articoli attuali. «Siamo costantemente impegnati a ottimizzare l’ampiezza dell’assortimento, le dimensioni delle confezioni e la qualità, e stiamo anche sviluppando valori aggiunti, come l’assenza di olio di palma, restando competitivi rispetto a linee di prodotti a basso prezzo di altri rivenditori in Svizzera», spiega la responsabile di Coop.
Anche Manor, comunemente associata all’haute-de-gamme, propone una linea Food facilmente accessibile, Manor Everyday, e ha recentemente lanciato la gamma Manor: U! che offre prezzi di ingresso per molte categorie. Specularmente sia Migros che Coop propongono marche proprie premium, Sélection e Fine Food, per una clientela disposta a spendere per specialità gastronomiche.
Tutti e tre i player hanno registrato nell’ultimo anno un aumento di vendite nelle loro linee entry level. Mentre durante la pandemia i brand commerciali avevano riscosso grande successo, l’aumento dei prezzi e del costo della vita ha spinto le vendite dei prodotti low cost, soprattutto da inizio anno. Dal canto loro i distributori sono confrontati con costi in crescita, da materie prime ed energia a trasporti, imballaggi e salari. Finora si è riusciti a contenerne le ripercussioni sulla clientela, ma la pressione sui margini si sta facendo sentire.
Chiaro e semplice
Anche se i nuovi lanci sul mercato proseguono sfruttando l’agilità delle marche proprie, si denota la comune tendenza alla concentrazione e semplificazione dei portafogli, suggerita tanto da logiche di marketing che di ottimizzazione. Manor ha attuato un’importante ristrutturazione riunendo le marche proprie sotto l’etichetta federatrice ‘Manor’, mentre prima sfoggiava nomi di tendenza come Maddison e J.J. Benson, non linearmente riconducibili alla ‘casa madre’, dunque alla sua garanzia di qualità. «La ridenominazione delle nostre private label è stata accompagnata da un consolidamento del portafoglio: abbiamo ridotto l’offerta complessiva, per concentrarci sul marchio Manor e svilupparlo con i migliori standard di qualità. I risultati sono stati molto positivi e la nostra attività a marchio privato sta crescendo, anzi intendiamo rafforzarla come nostra Usp, non solo nel settore alimentare, ma anche in tutti i nostri reparti. Infatti, soprattutto quando si fanno acquisti online, questi prodotti di qualità che si trovano solo sui nostri canali diventano un ottimo motivo per sceglierci», conferma il Chief Product and Marketing Officer di Manor.
Analogamente si sta muovendo Migros con il non-food: John Adams o Ellen Amber vengono sostituiti dall’incontrovertibile “Migros Essentials”, Cucina & Tavola diventa “Migros Kitchen & Co”. Intoccati però classici come Candida o Total.
Negli ultimi anni Migros Industrie ha poi realizzato una serie di fusioni che hanno dato vita a entità più concentrate e complesse, ad esempio, Elsa Group (prodotti caseari e a base di verdure e salse), Ffb-Group (Fresh Food & Beverage Group) o Delica (cioccolato, snack, prodotti per cucinare e caffè). Ha inoltre rafforzato la propria presenza internazionale, tanto che oggi conta strutture di marketing e affiliate in Germania, Inghilterra, Francia, Italia, Olanda, Spagna, Canada, Usa e Asia, nonché partnership mirate con start up in tutto il mondo per sviluppare e testare nuove opportunità.
«Questi investimenti all’estero mirano in ultima analisi però a espandere il mercato domestico e a raggiungere la massa critica necessaria per consentire a Migros di mantenere i posti di lavoro e la produzione sul territorio nazionale e di offrire alla clientela in Svizzera il miglior rapporto qualità-prezzo», sottolinea Tristan Cerf. Sempre in quest’ottica, è stata approvata la riorganizzazione dell’attività dei supermercati, che da inizio 2024 verrà gestita sotto forma di società autonoma e controllata centralmente.
Se a livello internazionale le private label stanno conoscendo una forte crescita, favorita sia dalla congiuntura economica ma già prima dalle potenzialità di mercato che hanno dimostrato di avere, la Svizzera promette di continuare a far corsa in testa. Una lunga tradizione, gli investimenti in R&D e la capacità di farne un discorso altamente qualitativo, sempre più vocato ai valori della sostenibilità e attento alla regionalità, hanno saldamente proiettato le marche proprie fra le preferenze della clientela, tanto da spingere anche i discount stranieri che si sono installati a collaborare con i produttori locali, puntando a loro volta su biologico, chilometro zero e freschezza. Un effetto virtuoso che conferma come le marche proprie finiscano per fare l’interesse comune.
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